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  Maria e l'autocomprensione della donna 
DonnaDa: STEFANO DE FIORES, Maria madre di Gesù. Sintesi storico – salvifica. EDB, Bologna 1992

La figura “biblica” di Maria modello per la donna contemporanea

Per molte donne di tutto il mondo, Maria è una persona viva e vicina ai problemi quotidiani. Soprattutto per milioni di donne povere, Maria è la realtà più importante della loro vita, il nucleo di quella energia spirituale che le sostiene nel faticoso cammino dei giorni e degli anni. Con Maria esse vivono giorno per giorno, a lei si rivolgono nelle difficoltà della vita e attendono da lei che le aiuti e protegga. Maria per queste donne non è un problema, ma piuttosto una presenza, una compagna e soprattutto una madre che infonde speranza e fiducia nel Dio della misericordia e dell’amore. Per molte altre donne, soprattutto dell’area culturale industrializzata, invece, Maria costituisce un problema in quanto il riferimento a lei risulta a prima vista in contrasto con il tipo di donna che oggi si vuole realizzare. Maria sembrerebbe un “modello” arcaico, improduttivo e, di conseguenza, impossibile da imitare per la donna contemporanea.
A tentare una riconciliazione tra Maria e la donna contemporanea che spesso l’ha rifiutata non riuscendo a inquadrarla negli schemi di vita della società odierna, è stato Paolo VI nella sua Esortazione Apostolica “Marialis cultus”. La prima cosa che il Pontefice fa è quella fondamentale di distinguere l’autentica “immagine evangelica” della Madre del Signore, da quella “popolare e letteraria” che dipende dall’antropologia e dalle forme rappresentative delle varie epoche culturali. Pur riconoscendo un fatto normale l’inculturazione della figura di Maria, il papa ne riconosce anche la limitatezza, in quanto non ogni forma inculturata è valida per tutte le epoche e tutte le civiltà. Paolo VI propone quindi una lettura biblica della figura di Maria per riscoprire quell’autentico volto della Vergine di Nazaret, fondato sulla perennità della Parola di Dio. Partendo dalla sua condizione femminile odierna, con le sue aspirazioni di una maggiore responsabilità nella società e nella Chiesa, la donna può scoprire nella figura evangelica di Maria dei connotati che corrispondono a suoi precisi ideali. Secondo la “Marialis cultus” alcuni di questi connotati sono:
- dialogo responsabile con Dio: Maria, chiamata al dialogo con Dio, dà il suo assenso attivo e responsabile;
- capacità di andare controcorrente: come fece, ad esempio, con la scelta, allora controcorrente e umiliante, della verginità per consacrarsi totalmente all’amore di Dio e al servizio del Figlio;
- religiosità liberatrice: Nel suo Magnificat la Vergine si dimostra tutt’altro che donna passivamente remissiva o di una religiosità alienante, ma donna che non dubitò di proclamare che Dio è vindice degli umili e dei poveri e rovescia dai loro troni i potenti del mondo;
- fortezza d’animo: che le fa sopportare povertà e sofferenza, fuga ed esilio;
- maternità non possessiva: poiché Maria non è stata una madre gelosamente ripiegata sul proprio figlio, ma una donna la cui funzione materna si dilatò, assumendo sul Calvario dimensioni universali.
L’immagine biblica di Maria, liberata da tutte le incrostazioni dei secoli, rappresenta quindi anche per la donna del nostro tempo non già un peso da cui liberarsi, ma uno specchio o modello di donna responsabile e dagli accenti fortemente liberatori. Anche la sua verginità e la sua maternità sono atti di piena libertà e aperture del suo essere donna in pienezza al piano della salvezza, ben al di l° delle mere funzioni fisico – biologiche.


Maria e l'autocomprensione della donna

1. Nesso necessario tra Maria e la donna
Scoperte le potenzialità sorprendenti e attuali della figura biblica di Maria, dobbiamo riconoscere anche che la Vergine può essere assunta a paradigma delle donne contemporanee, solo se è in intima relazione con la donna stessa. In questa luce risultano importanti le considerazioni che Giovanni Paolo II ha fatto a questo proposito nell’enciclica Redentoris mater (1987) e nella lettera apostolica Mulierem dignitatem (1988).
Tra Maria e la donna c’è un nesso necessario. Già sul piano naturale, quello che accade in Maria concerne in qualche modo la donna e contribuisce alla sua storia e alla sua comprensione, perché appunto Maria è donna. Ma il nesso più profondo tra la donna e Maria è dato dal fatto che Maria, in quanto donna, è chiamata ad occupare un posto importante nella storia della salvezza. La scelta di Maria da parte di Dio che nella “pienezza dei tempi” fa nascere suo Figlio “da donna” (Gal 4,4), rivela al massimo grado il modo di agire di Dio nei riguardi della donna stessa. Maria perciò rivela la donna alla donna, perché costituisce l’orizzonte storico – salvifico della sua definitiva comprensione.
Che cosa ci rivela in concreto Dio in Maria? Dio ci rivela che la donna non è oggetto ma una persona e si manifesta come il volto tenero e materno di Dio.

2. In Maria la donna si autocomprende come persona
La donna non è oggetto ma persona, realtà questa che precede ogni altra determinazione, compresa la divina maternità e risponde ad un postulato fondamentale dei movimenti femminili. Dio non mette Maria dinanzi al fatto compiuto, ma la tratta con rispetto come persona responsabile e le chiede il libero consenso a diventare la madre del Messia salvatore (Lc 1,29-36). L’Annunciazione è un dialogo in cui Maria esprime la sua libera volontà e dunque la piena partecipazione del suo “io” personale e femminile all’evento dell’incarnazione. Questo significa che con Maria si ha la nascita della “personalità cristiana” e l’avvento della donna autentica. Da questo derivano importanti conseguenze:
- Come persona Maria non è solo paradigma per le donne, ma anche per gli uomini, in quanto è voluta per se stessa, come donna partner nell’inizio della nuova alleanza. In quanto tale ella risponde a nome di tutta l’umanità, è la “rappresentante e l’archetipo” sia degli uomini che delle donne;
- come donna Maria mette a disposizione di Dio il suo essere femminile nella sua predisposizione naturale per la maternità e nelle doti morali che essa comporta: dono di sé, accoglienza e protezione della vita, resistenza al dolore, affettuosa tenerezza. Da parte sua Dio sceglie il modo verginale per l’incarnazione del Verbo: Maria diventa madre ma con l’esclusione dell’elemento maschile;
Con questo modo di agire, che non tiene conto delle discriminazioni esistenti nel mondo antico circa la donna, Dio indica il suo amore di predilezione per la donna, creatura debole ed emarginata e decreta in Maria la fine del dominio dell’uomo sulla donna. Anzi con la concezione verginale decreta la fine del regime patriarcale, perché Gesù non è generato dalla potenza del maschio. Nella nuova alleanza non conterà più essere uomo o donna, ma conta solo la fede.
In Maria la donna contemporanea può comprendere che essere donna vuol dire entrare in dialogo e collaborazione con Dio, come persona che compie il dono di sé per realizzare il piano della salvezza, dono che si esplica, secondo la propria vocazione, nelle forme della verginità, della sponsalità e della maternità.


La donna rivela la tenerezza materna di Dio

Dio che è mistero e abita in una luce inaccessibile, si manifesta agli uomini suoi amici nella creazione, nella storia e in primo luogo in Cristo sua icona e piena rivelazione. Quindi anche l’uomo stesso e la donna rivelano il mistero di Dio, ambedue sono un discorso di Dio su se stesso (RM 8) e manifestano qualcosa del suo infinito mistero in particolare il suo essere personale e libero, la reciprocità e comunione d’amore e il suo potere di generare. Più specificamente l’uomo e la donna esprimono l’amore di Dio che la bibbia presenta sia come amore “maschile” dello sposo e padre (Os 11,1-4; Ger 3,4-19), ma anche come tenero amore femminile della madre (Is 49,14-15). La donna e tanto più Maria sono un segno evidente di tale tenerezza. In Maria che, come il Padre nell’eternità, genera al tempo il Verbo ed è quindi donna e madre, la misericordia e la tenerezza materna di Dio trovano una mirabile espressione. La misericordia di Dio, cantata da Maria nel suo Magnficat ha connotati materni: il termine “misericodia” esprime la parola ebraica rah’mim che deriva da rehem ed indica un amore gratuito, comprensivo, fedele e invincibile grazie alla misteriosa forma della maternità. Non fa meraviglia che proprio la “misericordia” e la “maternità” siano due attributi che la tradizione ecclesiale riconosce spiccatamente a Maria: in oriente con il tipo iconografico della “Madre della tenerezza” (Eleousa), in Occidente con il titolo “Madre di misericordia”.

Inserito Mercoledi 16 Settembre 2009, alle ore 17:13:29 da latheotokos
 
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