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Patristica

La mariologia di Tarasio Patriarca di Costantinopoli in un articolo di Paolo Riva su La Madonna della Neve, n. 5, maggio 2017, pp. 6-7.



Tarasio di Costantinopoli

Tra le figure illustri che in Oriente tra il secolo VIII e il secolo IX hanno difeso la legittimità delle immagini sacre, si distingue senza dubbio san Tarasio. Questo personaggio nacque nel 730 circa a Costantinopoli in una famiglia di grandi dignitari e divenne lui stesso primo segretario imperiale. Nel 784 fu eletto patriarca della capitale bizantina e, con questa funzione, partecipò alla lotta contro l'iconoclastia prima, durante e dopo il II Concilio di Nicea (787). Morì il 25 febbraio 806 dopo vent'anni di patriarcato. Il suo corpo riposa a Venezia nella chiesa di San Zaccaria nella cappella che porta il suo nome. In quanto protagonista del VII Concilio ecumenico, la sua opera letteraria si confonde con gli Atti di tale assemblea che ha sancito in modo definitivo la legittimità delle immagini sacre.
Tra le opere a noi pervenute spicca una omelia scritta in occasione della festa della Presentazione di Maria al tempio. Come è abitudine in tutti gli autori del IX secolo, anche il proemio di questo sermone invita l'assemblea dei fedeli a partecipare vivamente all'annunzio di gioia che viene proclamato dalla festività. Maria è subito presentata con i titoli che le competono: dimora del mistero preparato prima di tutti i secoli, il prezioso dono offerto a colui che successivamente si sarebbe degnato di nascere da lei, I'esordio della gioia, colei che è stata annunziata dai profeti per eliminare definitivamente la maledizione della sterilità. E qui va ricordato che non si tratta solo della sterilità dei genitori della Vergine, Gioacchino e Anna (come raccontano i vangeli apocrifi), ma anche quella dell'intera natura umana che fino a Maria non produsse nessun frutto che non fosse sotto la maledizione di Dio. La presentazione della Vergine al tempio costituisce per il patriarca il vero e autentico proemio della divina unione. Stupendo è l'elogio che viene tessuto per Gioacchino e Anna. Entrambi infecondi, pregano incessantemente il Signore di concedere loro una creatura e promettono di consacrarla a lui in rendimento di grazie.

Nove mesi nel grembo di Anna

É un angelo che annuncia loro il concepimento di una creatura: «L'Altissimo ha esaudito le vostre preghiere e tra breve darete alla luce una figlia, che sarà beata perché scelta tra tutte le generazioni ad essere la dimora del Signore». Ma Tarasio si preoccupa di correggere una diceria che correva tra i cristiani secondo la quale la Vergine sarebbe nata dopo sette mesi dal concepimento: «Ho ascoltato molti sciocchi discutere animatamente su questo argomento. Io personalmente li giudico peggiori degli infedeli, giacché simili invenzioni sono proprie degli eretici. Esse sono contrarie all'insegnamento della Chiesa e del tutto aliene da coloro che pensano in modo retto. Infatti la vergine è figlia di Dio Maria, prima di venire alla luce, rispettò nel seno della madre il perfetto compimento dei nove mesi, come appunto richiede la natura». Maria è chiamata la "figlia di Dio" (Theopais) profeticamente annunziata ad Anna, è colei - dice Tarasio - che tutte le generazioni avrebbero chiamato beata, è la gioia e l'esultanza del mondo intero, è la mensa del pane divino, vino che dà gioia, cibo gratuito, colomba illibata, cielo dotato di un'anima, lampada dai mille splendori, sposa inneggiata, madre ornata di molte lodi, olivo irrigato da Dio, divino veicolo dell'economia di salvezza dell'Altissimo, tabernacolo santo, candelabro foggiato da Dio, agnella spirituale, offerta espiatoria, vaso inestimabile, tesoro degno di onore, tromba soavemente squillante, monte pingue e coagulato (cfr. Sal 677), vello divino, nube scaturita da Dio, scala per mezzo della quale gli uomini vedono il creatore, santo giaciglio, vaso di grande bontà, abisso di miracoli, fonte di beni, inviolabile abbondanza di ricchezze. E specchio dei profeti e inveramento dei loro oracoli.

Onore alla sua santa immagine

Tarasio invita perciò a venerare la sua icona: «continuiamo, dunque, come nostra usanza, ad abbracciare la sua veneranda immagine; anzi, veneriamola con il dovuto culto, perché la Vergine è diventata Madre di colui che ha dimorato tra noi rivestito di carne. Comunque non dobbiamo venerarla nella sua mera e plastica rappresentazione, ma onorarla andando oltre questa materiale struttura, come appunto abbiamo creduto per fede divina». E, polemizzando con gli iconoclasti, prosegue: «Noi, contrariamente a quello che voi stolti e ciechi andate blaterando, non affermiamo di guardare con gli occhi la forma della divinità, ma diciamo che, ricorrendo ad una plastica rappresentazione, il Salvatore ha assunto da noi la carne, che è la primogenita risuscitata dai morti e per mezzo della quale egli è vissuto in mezzo a noi senza subire alcuna mutazione. Per cui noi onoriamo con il medesimo e debito culto l'immagine di Colei che, tutta immacolata, ha generato colui che da lei ha assunto la carne. Infatti è tutta santa colei che in modo ineffabile ha concepito colui che solo è santo». E chiude la sua omelia intessendo un lungo inno di lode alla Madre di Dio, modulandolo sulle parole dell'angelo Gabriele: «Ti saluto, o piena di grazia». Lo fa dopo una nota polemica contro gli Ebrei, fatto non insolito per i predicatori di Costantinopoli: «O Sinagoga dei Giudei, che non avete accolto la Vergine Madre di Dio che, discendendo dalla vostra tribù, risplendeva di luce. Anzi, oltraggiandola indegnamente con impudenti parole, mossi dall'invidia, l'accusate di ingiustizia e di disprezzo delle leggi. Perché non avete mai accettato che l'eterno Figlio del Padre negli ultimi tempi è stato generato da lei, voi allora siete rimasti non solo privi della Madre, ma anche della gloria del Figlio, non perché quando egli era in vita vi abbia in qualche modo respinto, ma perché siete stati voi a ripudiarlo con la vostra malizia». E prosegue: «Invece, noi popolo di Dio, gente santa, popolo puro, schiera di uomini fedeli alla verità, figli di colomba, stirpe della grazia, noi che festeggiamo la Presentazione della Vergine nel tempio. Con animo puro, labbra incontaminate e a più voci, eleviamo in questa sacra celebrazione melodici inni, venerando, come è naturale, questa splendida festa che è la prima di tutte le solennità, gioiosa per gli angeli e degna di essere annunziata dagli uomini».

 

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Inserito Martedi 13 Giugno 2017, alle ore 10:26:26 da latheotokos
 
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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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