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  Il discepolo l'accolse con sé (Gv 19,27) 
Bibbia

Dal libro di Giovanni Travaglia, E il discepolo l'accolse con sé (Gv 19,27b) Il cammino etico-spirituale del credente sulle orme di Maria, Edizioni Messaggero, Padova 2011, pp. 367-372.



L'accoglienza della Madre del Signore è una delle note che caratterizzano il vero discepolo di Cristo: «da quell'ora il discepolo l'accolse con sé» (Gv 19,27), l'accolse nella sua vita, nella sua esperienza spirituale indissolubilmente legata e benedetta dalla memoria del Maestro763. Chi è il discepolo amato: è Giovanni o no? Gli esegeti hanno argomenti pro e contro764 e, non essendo esegeta, non mi sento e non posso entrare in questa querelle, che ha, comunque, un interesse secondario rispetto al significato del testo. Useremo, perciò, indifferentemente entrambe le interpretazioni. Nel testo evangelico si dice che il discepolo è affidato a Maria, come se fosse ancora bisognoso di attenzioni, ma non si annota che Compia qualcosa. In fondo è un po' come Lazzaro: non ci vien detto che abbia fatto qualcosa, sappiamo solo che Gesù gli era amico: «Le sorelle mandarono dunque a dirgli: "Signore [ ... ],il tuo amico è malato". "Dissero allora i giudei: "Vedi come lo amava!"» (Gv 11,336). Anche il discepolo ai piedi della croce ha, come unico titolo di nobiltà per entrare in pieno nelle Scritture, l'amore preferenziale di amicizia di Gesù per lui. Questa la sua grandezza: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). É questo lo spazio interiore e spirituale, l'ambiente vitale che caratterizza l'esistenza del discepolo amato come discepolo del Signore765. In lui ciascuno di noi si sente degnamente e realmente rappresentato. Noi siamo infatti ciò che siamo perché Gesù ci ama; è la nostra più grande nobiltà, la nostra sicurezza, la nostra roccia, la nostra forza, la nostra dignità ed eredità. Tutto il resto risulta essere nostro programma, che può venire anche smentito dalle circostanze.

Quando Gesù prima di morire affida Maria a Giovanni traccia con chiarezza un rapporto di figliolanza-maternità. Anziché raccomandare a Giovanni di pensare alla Madre che rimarrà sola e quindi di prendersi cura di lei, Gesù dice: «Ecco tuo figlio [ ... ]. Ecco tua madre»; è un rapporto pari a quello che sussiste tra Maria e Gesù. E significativo che per nessun'altra donna viene stabilito questo tipo di relazione; eppure sotto la croce c'erano Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Joses, Salome (cf. Mc 15,40), Maria di Cleofa (cf. Gv 19,25). Eppure Gesù stabilisce tra la Madre e Discepolo amato, prediletto, un rapporto privilegiato e reciproco, che dovrà poi essere esteso a tutti i discepoli del Vangelo. Recenti studi sul versetto di Giovanni 19, 27b fanno osservare che il testo originale greco del quarto Vangelo non dice che il discepolo accolse Maria nella sua casa, come generalmente veniva inteso, bensì «nelle sue cose proprie (eis tà ldia)»766. La parola greca in latino è "proprius" che, di per sé, non è un comparativo di "prope" (vicino); ma viene dall'espressione giuridica latina "pro vivo", cioè per uso privato, per uso mio. "Proprius" indica allora ciò che mi appartiene, che mi riguarda direttamente e personalmente767. Il discepolo non si prese semplicemente cura della Madre del Signore, bensì: «la prese tra le cose sue (eis tà Idia), in  casa sua». Cosa vuol dire? Se si trattava di un discepolo che seguiva Gesù - anche se il vangelo non ne indica il nome, generalmente si pensa appunto a Giovanni - non aveva una casa propria, al massimo si serviva di quella dei parenti. Con l'espressione eis sta Idia si intende una realtà molto più vasta, più grande, misteriosa: una profonda comunione di intenti, spirituale e apostolica768. Per questo non ci stupiamo quando vediamo la Madre di Gesù nel cenacolo con Apostoli e discepoli (cf. At 1, 1-2).

L'espressione "le cose proprie" ci permette d'intuire come le cose, entro le quali il discepolo accolse la Madre di Gesù, indicano i doni molteplici che il discepolo ricevette dall'amore del Signore Gesù, e che divennero, pertanto, "le sue cose proprie", cioè "la sua proprietà spirituale". Ebbene, fra questi doni vi è anche Maria di Nazaret, madre, testimone e serva del Signore769. Il senso di questa parola iconica lo possiamo, allora, identificare come un'accoglienza della Madre del Signore tra le cose più personali che abbiamo, perché la relazione con lei, la discepola del Regno, è costitutiva della personalità di ogni discepolo. Maria costituisce uno dei tanti beni morali-spirituali più preziosi che il discepolo riceve in eredità da Gesù, suo maestro e signore (cf. Gv 13,13)770. Se fino a quel momento era soltanto la madre di Gesù, da quell'Ora (a partire cioè dal mistero pasquale) diviene anche madre del discepolo, che rappresenta tutti i discepoli. Sul punto di morire, di passare cioè da questo mondo al Padre (cf. Gv 13, 1), Gesù volle dimostrare la misura piena del suo amore spogliandosi di tutto e, quindi, donando l'unico bene rimastogli, sua Madre. Commentava papa Wojtyla nell'udienza generale del 23 novembre 1988: «Gesù, nella sua Passione, si è visto spogliato di tutto. Sul Calvario gli rimane la Madre; e con gesto di supremo distacco dona anche lei al mondo intero, prima di portare a compimento la sua missione con il sacrificio della vita. Gesù è cosciente che è giunto il momento della sua consumazione, come dice l'evangelista: "Dopo questo, sapendo che ogni cosa era ormai cornpiuta.. ." (Gv 19,28). E vuole che tra le cose "compiute" ci sia anche questo dono della Madre alla Chiesa e al mondo»771.

L' esperienza materna di Maria si è fatta vasta e intensa oltre ogni misura presso la Croce: alla maternità nei confronti di Cristo (al massimo vissuta) s'è aggiunta quella nei confronti della Chiesa: è lì, è da allora che, a somiglianza delle giare a Cana (cf. Gv 2,7), il suo grembo è stato riempito per volontà del medesimo Signore che aveva tramutato l'acqua in vino, «fino all'orlo»772. Per cui il discepolo accoglie la Mater Christi e la riconosce come sua madre, in ossequio alla volontà del Signore Gesù773. In questo senso, accogliere Maria non è una scelta facoltativa di chi si sente particolarmente devoto, ma è in obbedienza a Cristo Gesù, memori di quel dono pasquale che Gesù Cristo ha fatto ad ogni suo discepolo. Scrive a tal riguardo il biblista Serra: «La dottrina giovannea sull'accoglienza da prestare alla Madre di Gesù, nell'ambito della fede, è di somma importanza sia per la testimonianza personale di ciascun credente, Sia per il dialogo ecumenico fra le confessioni cristiane. La persona di Cristo rimane il centro della nostra fede: "Io sono la Porta" (Gv 10,9). Tuttavia per accogliere Cristo con assenso pieno (cf. Gv 1,12), dovremmo accogliere anche tutti i doni - compresa Maria! - con i quali egli ha voluto arricchire la sua Chiesa, e stabilire fra di essi la corretta e feconda armonia già delineata anche dagli scritti giovannei»774. Tutto questo significa acquisire una prospettiva puramente spirituale, disincarnata, oppure qualche altra cosa? Non si può ridurre tutto ad un principio che viene semplicemente enunciato, intriso da qualche sentimento fugace. Accogliere Maria presso di sé, equivale ad averla come modello di vita, oltre che come rifugio nelle difficoltà e nelle incertezze quotidiane776, significa comprendere le linee di forza della sua vita e farle passare nella nostra. Alla scuola di Gesù, Maria è cresciuta «quale discepola, per la perfezione del suo apprendimento, Maria divenne maestra»777, o, se vogliamo, guida dei cristiani778. La metafora della guida, a sua volta, richiama anche quella di stella, che è quanto mai significativa e bella per riassumere le molteplici luci che Maria, illuminata da Cristo, sole che non tramonta, irradia sul territorio dei valori779. La Madre di Gesù è dono del Signore, offerto ad ogni credente: accoglierla nella propria vita ed affidarsi a lei, venerarla con la liturgia della Chiesa e con la genuina pietà dei fedeli, significa ripetere il gesto del discepolo amato e vuol dire farlo per necessità interiore, una necessità che nasce dall'obbedienza al comando di Cristo780.

NOTE

763 Cf. VALENTINI, Maria secondo le Scritture, pp. 316-317.
764 Una preziosa sintesi delle più affermate interpretazioni si trova in MARTINI C. M., Le tenebre e la luce. Il dramma della fede di fronte a Gesù, Piemme, Casale Monferrato 2009, pp. 42-46.
765 Cf. SERRA A., "Accogliere" Maria un impegno della nostra fede (Gv 19, 25-27), in VALENTINI A. (ed.), Stella Parit Solem. Maria nella Bibbia dalle prefigurazioni alla realtà, Tau, Todi 2008, pp. 110-114.
766 Cf. ID., Maria a Cana e presso la Croce, pp. 85-91.
767 MARTINI C. M., Realizzare in noi stessi il vangelo della carità, in ID., Cammini di libertà, EDB, Bologna 1992, p. 323.
768 «Come è noto, nel testo greco l'espressione "eis tà idia" va oltre il limite di un'accoglienza di Maria da parte del discepolo nel senso del solo alloggio materiale e dell'ospitalità presso la sua casa, designando piuttosto una comunione di vita che si stabilisce tra i due in forza del Cristo morente. «Egli la prese con sé non nei suoi poderi, perché non possedeva nulla di proprio, ma tra i suoi doveri, ai quali attendeva con dedizione" (S. Agostino)»: Insegnamenti di Giovanni Paolo IL, vol. X/1, p. 795.
769 SERRA, Testimonianze mariane in Luca e Giovanni, in DAL COVOLO - SERRA, Storia della mariologia, vol. 1, pp. 129-130.
770 Maria di Nazaret diveniva per il discepolo uno dei suoi tesori spirituali, uno dei beni costitutivi della sua fede, uno dei doni che gli provenivano dall'amore di Gesù Signore. Affermava Giovanni Paolo IL nell'enciclica Redemptoris Mater del 25 marzo 1987: «il cristiano, come l'apostolo Giovanni, accoglie "fra le sue cose proprie"[ ... ] la Madre di Cristo e la introduce in tutto lo spazio della propria vita interiore, cioè nel suo "io" umano e cristiano: "La prese con sé". Così egli cerca di entrare nel raggio di azione di quella "materna carità", con la quale la Madre del Redentore "Si prende cura dei fratelli del Figlio suo" (LG, 62), "alla cui generazione e formazione ella coopera" (LG 63), secondo la misura del dono propria di ciascuno per la potenza dello Spirito di Cristo» (RM45, in EV 10/1400).
771 GIOVANNI PAOLO IL, Le ultime parole di Cristo sulla croce Ecco la tua Madre... , discorso all'udienza generale del 23 novembre 1988, in Insegnamenti di Giovanni Paolo IL, vol. XI/4, pp. 1636-1637; si veda l'intero intervento esegetico-spirituale alle pp. 1634-1638.
772 MASCIARELLI, La discepola, p. 45.
773 SERRA A,, Fondamenti biblici e acquisizioni esegetiche nei documenti di Giovanni Paolo IL, in TONIOLO, Il magistero mariano di Giovanni Paolo IL, pp. 117-118.
774 SERRA, Dimensioni mariane nel mistero pasquale, p. 36.
775 L'atto di affidamento e di accoglienza della Vergine, inoltre, ha come finalità immediata e conseguente l'assunzione ed imitazione delle evangeliche sue virtù, afferma il Concilio Ecumenico Vaticano IL in LG 67 (cf. E 1/443; PERRELLA S. M., «Da quell'ora la prese con sé» (Gv 19,2 7). Accogliere Maria "dono" e "testimone" del mistero di Cristo. Antico e nuovo in tema di consacrazione mariana, in Miles Immaculatae 37 (2001), pp. 165-185; ID., Affidamento/Consacrazione, in DE FIORES - FERRARI SCHIEFER - PERRELLA, Mariologia, pp. 16-24.
776 Si può rapportare il testo anche alla venerazione che occorre avere verso di Lei, ma questa non ha senso se non è accompagnata da un tentativo di assimilazione di quegli aspetti che formano un cammino d'intimità con il Signore Gesù, che scandiscono il suo itinerario e questo ha delle conseguenze nella vita morale dei discepoli: cf. CANTALAMESSA R., Maria, uno specchio per la Chiesa, Ancora, Milano 1990, pp. 158-163.
777 AMATO A., Generare nello Spirito per santa Maria e per il credente, in «Riparazione Mariana» 83 (2000), p. 17.
778 Maestra e guida sono due titoli ampiamente usati ed accostati nella spiritualità dei Servi di Maria: cf. 2100 CAPITOLO GENERALE DEI SERVI DI  MARIA, Servi del Magnificat, nn. 40-46, pp. 75-84.
779 MASCIARELLI, La discepola, p. 60.
780 Cf. CALABUIG I. M., Il culto alla beata Vergine: fondamenti teologici e collocazione nell'ambito del culto cristiano, in AA. Vv., Aspetti della presenza di Maria nella Chiesa, pp. 185-313; S. M. PERRELLA S. M., La venerazione a Santa Maria. Storia, teologia, prassi, in «Rivista del Clero Italiano» 86 (2005), pp. 419-439.

Inserito Domenica 14 Aprile 2019, alle ore 10:49:05 da latheotokos
 
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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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