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  Verginità e maternità di Maria in Leone Magno 
Patristica

Dal libro del Card. Virgilio Noé, Come l'hanno amata! Profili di Santi mariani, Edizioni Messaggero, Padova 1989, pp.65-70.



1. Un arco di trionfo in onore della Madre di Dio

Nell'anno 440, il diacono Leone fu eletto al sommo pontificato, con l'assenso unanime del clero romano. In quel momento egli si trovava in Gallia per completare l'ambasceria che gli era stata affidata dal suo papa e antecessore: Sisto III (432-440). A Roma si attese per circa quaranta giorni il ritorno di Leone da quella missione. Scrive Prospero d'Aquitania nella sua cronaca: «Roma mirabili pace atque patientia praesentiam diaconi Leonis expectans fuit (Roma attese il ritorno del diacono Leone con pace e pazienza ammirevoli1.
Il nuovo papa fu consacrato vescovo il 29 settembre di quell'anno! Fiducioso nell'affetto e nell'appoggio del popolo, Leone disse ai suoi nel giorno della sua ordinazione episcopale: «Iuvate votis quem desiderio expetistis, et Spiritus gratiae rimaneat in me, et iudicia vestra non fluctuent» (Sostenete con la preghiera colui che avete richiesto e desiderato, perché in me rimanga lo Spirito con la sua grazia e non ci sia ripensamento nella vostra decisione)2.
Leone dovette avere una posizione di grande rilievo durante il pontificato di Sisto III. La scena era dominata in quegli anni dallo strascico di conflitti teologici, quali il nestorianesimo, dalle dispute sulla grazia, accese da Pelagio e continuate da Giuliano d'Eclano, dalle rivendicazioni di supremazia di Giovenale di Gerusalemme. Ma il concilio di Efeso, celebrato nel 431 ai tempi di Celestino I, continuava ad avere una eco e un notevole influsso negli ambienti romani per le posizioni che aveva sostenuto e difeso: un decreto dogmatico contro Nestorio; la proclamazione della beata Vergine Maria, come «Theotocos», la Genitrice di Dio; l'affermazione del primato di Pietro e dei suoi successori sulla Chiesa universale. Questo fatto «non presentava dubbi per nessuno, ed era un fatto conosciuto da secoli»3: così era stato dichiarato a Efeso!
Fu negli anni di Sisto III, che la basilica liberiana fu rinnovata e ornata di mosaici. L'arco trionfale fu dedicato alla Madre di Dio. Su di esso gli artisti distesero il racconto della vita di Maria. Ne parlarono per mezzo di tessere multicolori, attingendo alle fonti evangeliche e ai vangeli apocrifi, soprattutto al protoevangelo apocrifo di Giacomo o vangelo dell'infanzia. Il papa Sisto da allora incominciava ad offrire il suo dono di bellezza e di pietà al popolo di Dio (Xistus episcopus plebi Dei), che nel corso dei secoli si sarebbe riunito nella basilica dell'Esquilino ad ammirare il più bell'arco di trionfo, eretto in onore della Madre di Dio4.

2. Cristo incarnato nel seno della Vergine Maria

In tale contesto dovette svolgersi il servizio diaconale di Leone. Divenuto papa, egli ebbe sempre chiara la coscienza di successore di san Pietro e di capo della Chiesa. Ebbe il culto della tradizione, da lui intesa come fedeltà agli indirizzi stabiliti dagli Apostoli e dalla fede apostolica. Difese e custodì la fede cattolica, in mezzo a un groviglio di errori vecchi e nuovi, intessuti con frequenza sorprendente da manichei, pelagiani, nestoriani, monofisiti.
Il pensiero teologico di Leone e le sue affermazioni dottrinali sono conosciuti dalle sue lettere, ma soprattutto dai suoi discorsi.
Si conserva la raccolta di quelli da lui tenuti nei primi dieci anni di pontificato. Da quello che si possiede, si rimpiange la perdita non compensabile degli altri.
Le eresie, di cui sopra, contribuirono a fare della persona di Cristo il centro dell'insegnamento di Leone, delle sue preoccupazioni teologiche e spirituali. Il tutto per garantire ai fedeli quella necessaria cultura teologica, che doveva illuminare e sostenere la fede e la condotta morale.
Fra i misteri ai quali Leone consacra frequentemente la sua predicazione c'è quello della incarnazione. Se il Verbo di Dio si fa uomo, è perché Dio ha previsto la redenzione dell'uomo, per mezzo della incarnazione del suo Figlio unigenito. Il mistero si rende visibile a Natale.
Leone esalta il carattere ineffabile della nascita del Signore. Essa è unica in tutta la storia del mondo. Non può essere confrontata con la creazione di Adamo dal fango della terra, né con la formazione di Eva dalla carne dell'uomo, né con nessuna altra nascita da uomo: «La nascita del Signore Gesù oltrepassa ogni capacità di comprensione, trascende tutti i modelli; sfugge a ogni confronto, perché essa è unica»5.
Ma per quale motivo?
Per il fatto che la Vergine, destinata a tale maternità, è stata scelta da tutti i tempi. Un arcangelo ne annunziò la beata fecondità. Soprattutto: nessuna macchia intaccò la Vergine, rimasta intatta, e neanche il Figlio suo, incarnato per opera di Spirito Santo, e non per seme umano.
San Leone ritorna ancora sull'argomento per dire che questa nascita è stata singolare anche per le conseguenze che essa ebbe sul mondo. È una nascita, che permette alla condizione umana una ripresa, una purificazione generale dalla macchia d'origine, un riacquisto della antica libertà, un passaggio da una condizione di estranei a quella di figli di Dio, partecipi della natura divina6. Leone arriva ad annunziare: «Mentre celebriamo la nascita del nostro Salvatore, noi ci troviamo a celebrare le nostre origini. La nascita di Cristo è l'inizio del popolo cristiano, e il natale del Capo è anche il natale del Corpo»7.
A questo punto Leone trova modo di sviluppare l'analogia fra il sinus Virginis da cui nasce il Cristo e il Fons baptismatis da cui nasce il cristiano: «Per ogni uomo che rinasce alla vita, l'acqua del battesimo è come il seno verginale di Maria; lo stesso Spirito che ha fecondato la Vergine, feconda la fontana battesimale, a lui il concepimento santo ha evitato il peccato, a noi il mistico lavacro ce lo toglie»8.
Con il battesimo si effettua la meraviglia della nostra partecipazione alla natura divina, mediante la nuova nascita. Essa, per Leone, è come la partecipazione al mistero dell'incarnazione: «Il principio di fecondità che Dio ha posto nel seno della Vergine, lo ha comunicato al fonte battesimale, egli ha dato all'acqua ciò che ha dato alla madre (dedit aquae, quod dedit matri); la virtù dell'Altissimo, l'opera dello Spirito Santo, che fecero generare a Maria il Salvatore, fanno sì che l'acqua rigeneri il credente»9.
Il Natale è per Leone una festa battesimale. La si deve guardare non come un fatto passato, ma come una realtà presente.

3. Splendori della verginità - gaudi della maternità

I testi, in cui Leone Magno, parlando dell'incarnazione, fa un posto a Maria, sono circa una ventina10. Si tratta di pochi cenni, che entrano nel testo, quasi per transenna. Però da essi esce una figura di Maria discreta, come nei vangeli, e avvolta da quella luce essenziale, che investe colei che sola ha potuto abbinare in se stessa gli splendori della verginità e i gaudi della maternità. «Vien prescelta una vergine di sangue reale, della stirpe di David, la quale, chiamata a portare in seno un frutto santo, avrebbe concepito nel suo spirito questa prole, insieme umana e divina»11.
Quando Leone parla di Maria nel mistero della incarnazione sottolinea sempre che la Madre è una vergine.
Questa verginità è qualificata con gli appellativi più onorifici. Verginità intemerata, inviolata, per Spiritum Sanctum fecundata. L'integrità è detta materna, virginea, salutifera12.
Un testo, preso quasi ad litteram da un sermone di Leone sull'Epifania13, orna ancora della sua bellezza un momento importante della preghiera eucaristica a Natale, e dà ad esso la sua delicata interpretazione: «Communicantes et noctem sacratissimam celebrantes qua beatae Maria e intemerata virginitas huic mundo edidit Salvatorem. (In comunione con tutta la Chiesa, mentre celebriamo la notte santissima, nella quale Maria, vergine illibata, diede al mondo il Salvatore)».
Se la Chiesa può ancora pregare con tale senso di stupore, ne è debitrice a questo papa che ha dato spazio d'amore nel suo pensiero e nella sua vita al Cristo incarnato e alla sua santa Madre.

NOTE
1 Prosper Aquit., Chronicon integrum, ad a. 440.
2 Leo, Serm. I.
3 Leo, Serm. I.
4Cf. I. SCHUSTER,  Liber Sacramentorum, VIII, 18.
5 Serm. 30,4.
6 Cf. Serm. 21,3.
7 Serm. 26,2.
8 Serm. 24,3
9 Serm. 25,5.
10 Cf. Enchiridion Marianum, nn. 1328-1344.
11 Serm. 21,1.
12 Cf. C. CALLEWAERT, S. Léon le Grand et les textes du Léonien, p. 137.
13 Serm. 31,1.
 

Inserito Domenica 24 Aprile 2011, alle ore 9:33:42 da latheotokos
 
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