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  Riferimenti mariani in Clemente Alessandrino 
PatristicaUno studio di Maria Grazia Bianco in Theotokos. Ricerche interdisciplinari di Mariologia, Anno X - 2002 - n. 1, pp. 33-42.

Sfogliando le varie raccolte di testi antichi che registrano la presenza di Maria, si nota immediatamente che a Clemente di Alessandria è sufficiente riservare pochissime pagine1 dal momento che è effettivamente scarna la presenza di Maria di Nazareth nei suoi scritti. E dire che Clemente scrive press'a poco nello stesso periodo in cui viene scritto (in Egitto o in Siria) l'apocrifo Protovangelo di Giacomo2 (tra il 150 e il 200) che ha come protagonista Maria di Nazareth, di cui. con dovizia di fantasiosi particolari, narra la vita a cominciare dalla sua natività. Così, accanto e in seguito all'esame dei rimandi alessandrini alla Madre del Cristo, solleva interesse interrogarsi circa il modo e la tipologia dei riferimenti e delle allusioni mariane dell'Alessandrino3. Prenderò pertanto in esame i singoli "testi mariani" di Clemente nell'intento di considerare il peso e il ruolo che la Madre del Logos incarnato ha nelle sue opere4.

Clemente Alessandrino. Paed. 1, cap. 6

Negli scritti di Clemente, alla centralità del Logos incarnato, della sua opera di salvezza del suo rapportarsi a Dio Padre e agli uomini tutti, fa riscontro l'atteggiamento dell'essere umano nell'accogliere la salvezza, atteggiamento che è descritto nel Vangelo, la sua condizione di essere fanciullo dinanzi a Dio. La condizione di fanciullo viene a lungo e profondamente esaminata e descritta affermando che, come la perfezione, la pienezza. appartiene a Dio il quale è sempre Maestro, la fanciullezza e l'infanzia appartengono a noi che siamo sempre discepoli5 e la fanciullezza in Cristo è perfezione a paragone della Legge Questa fanciullezza non indica la situazione di individui privi di intelligenza. bensì la freschezza e la delicatezza del popolo nuovo, il suo essere senza inganno e senza ipocrisia. giusto e retto di mente, delicato come un fanciullo. A questa giovinezza che caratterizza il "popolo nuovo" fa riscontro la partecipazione dell'immortalità e il divenire simili all'Incorruttibile, cosi che «il titolo di fanciulli è per noi la primavera di tutta la vita»6. Questa fanciullezza è manifestazione dell'abitare in noi della verità-sapienza che è sempre giovane e non invecchia mai. Con un susseguirsi di metafore, non insistite, ma riprese e non abbandonate finché il pensiero non si dipana lentamente esplicitandosi fino alla sua pienezza, Clemente collega i bambini, che sono i figli di Dio, come il vangelo invita ad essere, alla madre che trae a sé i suoi bambini, li porta in braccio, li consola, li accarezza (sono le prerogative che il profeta Isaia attribuisce a Dio, Is 66, 12-13): questa madre è la Chiesa7. I bambini saranno "perfetti", ossia nella pienezza dell'essere bambini, quindi adulti, quando saranno Chiesa perché hanno ricevuto il Cristo8: la Chiesa, del resto, non è se non la pienezza, il compimento, dell'amore di salvezza che Dio ha verso gli uomini9. Per rendere possibile il compimento di tale cammino ai bambini, la madre dà il nutrimento del latte e Clemente spiega che questo latte, il nutrimento promesso da Dio al suo popolo nell'Antico Testamento, è il Cristo stesso, il nutrimento di cui l'apostolo Paolo scrive ai Corinti: «come a dei neonati in Cristo. vi ho dato da bere latte non cibo solido. perché non ne eravate capaci, e neppure adesso lo siete» (1Cor 3,1-2). Latte è l'alimento spirituale, il Cristo, che l'apostolo dà al popolo nuovo, appunto ai fanciulli in Cristo. Clemente spiega che dare da bere è simbolo di una partecipazione perfetta e che il latte-Cristo è il sangue del Cristo. L'Alessandrino indulge nel descrivere, seguendo le concezioni fisiologiche del tempo, il modo in cui il latte si forma nella madre. Coerentemente con esse la Vergine che diventa madre non ha latte, in quanto essa rimane vergine e nutre i figli con un latte santo, il Logos che conviene ai fanciulli: chiaramente la Vergine che diventa madre e che vive, come unica tra le donne, tale realtà è Maria, ma ella è immagine, simbolo della Chiesa. Suo latte «era questo fanciullo bello e amabile, il corpo del Cristo, ed ella nutre del Logos il popolo giovane che lui stesso, il Signore, mise al mondo nel dolore della carne e che Egli stesso fasciò di sangue prezioso (cf 1Pt 1,19)»10. Una singolare esegesi a Luca 11, 27-28 fa dire a Clemente: «Cristo Signore, frutto della Vergine, non chiamò beate le mammelle della donna, né le giudicò alimentatrici, ma quando il Padre benigno e misericordioso ha diffuso la rugiada del Logos. è divenuto Lui stesso cibo spirituale per i saggi»11. Ho visto necessaria questa lunga contestualizzazione per inquadrare l'unica allusione a Maria presente in Paed. I 42,1: «O meraviglia misteriosa! Uno è il Padre di tutti, uno è anche il Verbo di tutti, anche lo Spirito santo è uno e lo stesso dappertutto; una sola vergine diventa madre12, e mi piace chiamarla Chiesa. Solo questa madre non ebbe latte, poiché essa sola non divenne donna, ma insieme è vergine e madre, intatta come vergine, piena di amore come madre e chiamando a sé i suoi figli li nutre con un latte santo, il Logos, che conviene ai fanciulli»13. Il testo è chiaro fortemente allusivo e, mentre la vergine Maria è figura della Chiesa, la sua maternità verginale viene affermata ed illustrata secondo le categorie mediche dell'epoca: è madre senza latte per il fatto che è vergine e latte per tutti gli esseri umani è il figlio stesso da lei generato.

Clemente Alessandrino, Str. 1, cap. 21

Un elemento importante nel pensiero apologetico e, nel contempo, missionario, annunciatore di Clemente è la riflessione sull'antichità della religione cristiana rispetto alla Grecia e Clemente con un'accurata cronologia, dimostra «inconfutabilmente che la filosofia degli Ebrei è più antica di ogni sapienza»14. In questa posizione il Maestro di Alessandria si collega e si situa nella scia dell'ebraismo e nella linea dell'apologetica cristiana, particolarmente della letteratura greco-alessandrina che si serviva anche dell'antichità della sapienza ebraica come difesa nei confronti dell'accusa pagana che guardava con sospetto alla novitas cristiana. In questo contesto relativo alla dimostrazione dell'antichità della religione cristiana rispetto alla filosofia greca Maria, la madre del Signore, viene solo menzionata da Clemente Alessandrino che si richiama a Mt 1.16 nel fissare e nel porre a confronto la cronologia degli avvenimenti, dei personaggi e degli autori "barbari" e greci.

Clemente Alessandrino, Str. III, cap. 17

Clemente guarda con ottimismo e serenità alla creazione, con tutto ciò che il Creatore ha inserito in essa anche circa le modalità di propagazione della vita. A coloro che, seguaci di una dottrina che considera la materia una realtà cattiva e fonte di male, guardano alla generazione come un male (encratiti, doceti, valentiniani, marcioniti... ) Clemente oppone la positività e la bontà della generazione come elemento che il Signore ha condiviso con l`essere umano: «se la generazione è un male dicano pure quei blasfemi che nel male era il Signore che ha partecipato della generazione, nel male la vergine che lo generò»15. La vergine dunque è presentata come colei che sta a mostrare la pienezza di partecipazione del Verbo incarnato alla natura umana e a tutto ciò che la caratterizza e la costituisce. Maria garantisce l'umanità del Cristo e, nello stesso tempo, garantisce la bontà della creazione e la bontà della vita, uscite dalle mani di Dio, e rassicura che «la carne non è nemica dell'anima»16.

Clemente Alessandrino, Str. VI cap. 15

L'operare di Dio per l'uomo e con l'uomo è un costante cammino teso a condurre l'uomo nel mondo di Dio rendendogli accessibile l'ingresso, trasferirlo dalle realtà sensibili alle vere realtà intelligibili, da un mondo a un altro mondo. Questo, ad opera di un agire divino in cui l'uomo è invitato a penetrare, un agire che l'uomo può scoprire con la gnosi, «conclusione comprensiva di una ricerca»17. Il passare dell'uomo nel cammino della gnosi consente di comprendere che l'economia del Signore si rivela come una vera e propria parabola, un passare cioè dal visibile all'ignoto, da ciò che cade sotto l`esperienza a ciò che è oltre l'esperienza, oltre il visibile e il sensibile. Così «l'annuncio profetico di tutta l'economia del Signore si rivela, a quelli che non hanno conosciuto la verità, come una vera e propria parabola: questo quando uno dice, e altri ascoltano, che il Figlio di Dio, il quale ha creato l'universo, ha assunto una carne ed è stato concepito in una matrice di vergine; come si è formata la sua povera carne visibile e, conseguentemente, come in realtà è accaduto, che ha sofferto la passione ed è risorto; "scandalo per i Giudei, follia per i Greci", come dice l'Apostolo18. Ma le Scritture, che sono aperte e dichiarano il vero a "quelli che hanno orecchie"19, annunciano il fatto stesso che la carne assunta dal Signore ha sofferto la passione come "potenza e sapienza di Dio"20. E infine il genere parabolico della Scrittura, antichissimo,... naturalmente abbondò proprio nei profeti, perché lo Spirito Santo dimostrasse che sia i filosofi greci sia i sapienti degli altri popoli barbari hanno ignorato la futura venuta del Signore e la mistica dottrina che sarebbe stata tramandata da Lui. A buon diritto quindi la profezia, quando annunciò il Signore, per non parer blasfema nella sua parola contraria all'opinione dei più, configurò quello che significava con espressioni che potevano anche indurre a diverse interpretazioni »21. La certezza e la corposità del concepimento e della generazione del Cristo hanno il compito di trasportare il credente dalla carne visibile alla carne che soffre la passione e la soffre,  nella concretezza e nella visibilità, evidentemente, ma come "potenza e sapienza di Dio". Dal collegamento di questi elementi nasce la realtà della salvezza per il genere umano. Maria la madre del Cristo sta ad indicare, evidenziandola, la verità e la concretezza dell'umanità del Verbo e, simultaneamente, tale concretezza di umanità del Verbo trasporta l'uomo al di là della carne, nell'essere la passione e la croce, la salvezza, opera della potenza e sapienza di Dio22. La pienezza dell'umanità del Cristo è affermata da Clemente, in opposizione alle credenze gnostiche valentiniane anche in Exc. ex- Theod. 59,3-60. I valentiniani, tra le cui fila è da ascrivere Teodoto (che potrebbe essere stato attivo verso il 160-170), coerentemente con il loro ritenere cattiva la materia, sostengono che il Cristo non ha preso da Maria la carne corruttibile e che Egli sarebbe solo passato δια Maria e il suo colpo sarebbe di sostanza non carnale, ma psichica o pneumatica, opera dello Spirito Santo, la Sofia degli gnostici. Secondo Clemente la dynamis della preparazione, opera di Dio, intesse da Maria e in Maria il corpo del Cristo che arriva nel mondo sensibile. Le parole di Lc 1,35: «lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra» vanno intese nel senso che esse indicano la genesi del corpo di Cristo e manifestano la formazione che Dio, nella Vergine, imprime al corpo che il Logos assume. Dunque. ancora una volta, l'attenzione di Clemente è volta ad evidenziare la realtà dell'umanità assunta.

Clemente Alessandrino, Str. VII cap. 16

La verità racchiude in sé, secondo Clemente, una forte spinta all'indagine. La verità è «austera e grave»23, «aspra e difficile a conquistarsi»24, e il vivere dell'uomo è un  lungo, faticoso e gioioso cammino verso la verità. L'uomo ha bisogno di arrivare ad essa per questo senza sosta compie indagini. Egli non si stanca di cercare la verità e «come l'appassionato della caccia cattura la preda solo dopo aver cercato, investigato, inseguito piste, braccato coi cani, così anche la verità si rivela nella sua piena dolcezza soltanto se cercata e faticosamente conquistata»25. Clemente utilizza altre espressive metafore per indicare il senso e la necessità del continuo darsi da fare per cercare e conquistare la verità: «i pozzi ai quali si attinge continuamente danno acqua più limpida ma quelli da cui nessuno trae acqua finiscono per guastarsi; così l'uso conserva più lucido il ferro mentre a non servirsene gli si procura ruggine»26. In questo cammino che è in realtà una condizione dell'esistere, Clemente individua27 tre stati/condizioni possibili dell'amina: ignoranza, credenza, scienza. Per muoversi verso la conoscenza della verità Dio offre all'uomo le Scritture. Esse «generano la verità eppure restano vergini perché nascondono - Clemente si riferisce alla presenza e all'uso dell'allegoria - i misteri della verità»28. Il parlare di generazione verginale da parte delle Scritture, ossia della loro capacità di portare alla luce la verità nell'anima umana con un gesto opera del Creatore che è Verità, viene collegato da Clemente con la verginità di Maria anche nel modo di partorire. E Clemente così annota: «a quanto pare i più ancor oggi credono che Maria fosse puerpera per la nascita del bambino mentre non era puerpera29; alcuni anzi dicono che dopo il parto visitata da una levatrice fu trovata vergine30. Così per noi, le Scritture del Signore: generano la verità, eppure restano vergini,. perché nascondono i misteri della verità. "Ha partorito e non ha partorito" dice la Scrittura31 intendendo che essa - Maria - ha concepito da se stessa non per accoppiamento. Per gli "gnostici"32 le Scritture "hanno concepito"; le eresie, invece, che non hanno compreso le Scritture, le ripudiano come sterili»33. Ancora una volta Clemente fa riferimento a Maria nel generare il Verbo incarnato con un rimando anche all'apocrifo Protovangelo d Giacomo con il racconto della levatrice che constata la verginità di Maria dopo il parto34. La verginità di Maria nel parto viene illustrata, in questo passo, con una citazione scritturistica: «ha partorito e non ha partorito», un testo che in realtà più che una citazione della Scrittura è una lontana eco di Is 7,14 e Iob 21,10 successivamente utilizzata35. Clemente spiega ciò che vuol dire: Maria ha concepito da se stessa, non per accoppiamento, ed è gravida del Verbo incarnato che ella genera. Analogo è ciò che si compie nelle Scritture: in esse è posta la Verità ed esse la generano rimanendo vergini, come Maria. L'amante della verità che ascolta le Scritture «affida alla verità la sua vita e diviene in certo modo Dio da uomo»36 che egli è. «Noi possediamo, in effetti, il principio della dottrina, ed è il Signore che "in molti modi e a più riprese"37, cioè attraverso i profeti, il Vangelo e i beati apostoli si fa guida alla gnosi, da principio alla fine»38. E da questo accogliere la verità generata dalle Scritture deriva per il credente, lo "gnostico", il trarre da sé prove di fede, diventando egli stesso «degno di fede in forza della Scrittura del Signore e della sua parola, in quanto egli è come operante per mezzo del Signore per il bene dell'umanità»39. Maria, dunque, anche come indicazione metaforica delle Scritture, sta a dire la forza della vita che Dio non solo ha, ma è, e trasmette, a patto che il credente la voglia ascoltare, accogliere, trasmettere.

Considerazioni conclusive

Negli scritti di Clemente Maria di Nazareth è presente sempre e solo in riferimento alla generazione del Cristo, ed è perciò presente nelle opere più specificamente indirizzate e destinate ai già credenti in Cristo. Forse non è casuale il fatto che non vi sia nessun accenno a Maria, sia pure sotto forma di generica allusione, nel Protrettico ai Greci, opera di invito al cristianesimo e, simultaneamente, di apologia del cristianesimo che il convertito Clemente rivolge a quanti praticano una religione politeista o conoscono e sono forse anche iniziati ad un culto misterico in cui sono evidenziate divinità femminili. Clemente, che proviene dagli ambienti pagani di cultura greca, si rivolge a lettori sia di tali ambienti pagani sia di ambienti cristiani influenzati, o almeno sensibili, allo gnosticismo e/o al docetismo. Particolarmente attento egli è dunque alla persona e all'opera del Cristo. La vergine che genera è un elemento, un capitolo, un momento della riflessione cristologica di coloro che credono in Cristo. Ella è chiamata in causa da Clemente per attestare ed indicare che piena e reale è l'umanità del Verbo incarnato. La sua presenza di donna che genera serve all'alessandrino per confermare che con l'incarnazione il Verbo assume l'essere umano e, nella pienezza e con la pienezza dell'umanità, compie il disegno della salvezza, il progetto del Padre, ossia la salvezza piena di tutto l'essere umano in tutte le sue componenti che, provenendo tutte dalle mani e dall'amore creativo di Dio, sono buone. Il Cristo è uomo pieno, generato da una donna, è uomo vero ha una madre, muore nella pienezza della sua umanità per salvare l'essere umano. Alla riflessione di coloro che, nel II-III secolo, mettono in dubbio l'umanità e la corporeità del Cristo, Clemente offre, come elemento chiarificatore capace di dissolvere le nebbie dell'incomprensione e delle eresie, la maternità umana e piena di Maria, che nel contempo è maternità verginale. Dunque, Clemente evidenzia il ruolo di fondo della vergine nell'incarnazione e, nello stesso tempo, situa la riflessione mariologica nell'alveo della riflessone cristologica. Si è nella linea dei Vangeli e nel tempo in cui si pongono le premesse degli approfondimenti mariologici successivi, grazie anche a questa fondazione cristologica della mariologia. La figura e la vita di Maria dicono riferimento al Cristo, manifestarlo la sua centralità nel progetto amorevole di Dio e nel cammino dell'uomo verso Dio, come del resto Clemente dice attraverso l'impostazione stessa della sua trilogia e il titolo assegnato alle opere che la costituiscono.

NOTE
1 Cf S. ALVAREZ CAMPOS, Corpus Marianum Patristicum, I, Burgos 1970: i testi di Clemente Alessandrino sono alle pagine 57-59, nn. 116-121; D. CASAGRANDE, Enchiridion Marianum Biblicum Patristicum, Romae 1974: i testi di Clemente Alessandrino sono alle pagine 53-55. nn. 63-66: G. GHARIB - E. M. TONIOLO - L. GAMBERO - G. DI NOLA ( a cura di ) Testi mariani del primo millennio, I, Padri ed altri autori greci, Roma 1988: i testi di Clemente Alessandrino sono alle pagine 193-194. In realtà nessuna di queste raccolte antologiche è completa in quanto ciascun autore tralascia qualche indicazione ma si tratta sempre di passi brevissimi e di importanza non rilevante.
2 Cf M. ERBETTA, Gli Apocrifi del Nuovo Testamento, Vangeli, I/2, Casale Monferrato 1981, 20-27.
3 Si tratta. in particolare. dei seguenti passi: Paed. I, cap. 6; Str. 1. cap. 21; Str. III, cap. 17; Str. VI, cap. 15; Str. VII, cap. 16; Exc. ex Theod. 59-60. Per le opere di Clemente Alessandrino rimando all'edizione fondamentale dello Staehlin, e precisamente per Protrettico ai Greci e Pedagogo, cf O. STAEHLIN - U. TREU, GCS 12, 31972 (per la traduzione italiana M. G. BIANCO, UTET, Torino 1971); per Stromati II, VII-VIII, Quis dives salvetur, Fragmenta, cf. O. STAEHLIN - L. FRUECHTEL - U. TREU, GCS 17/2, 21970 (per la traduzione italiana G. PINI, Edizioni Paoline 1985, 57-776); per Stromati II. Quis dives salvetur, Fragmenta, cf. O. STAEHLIN - L. FRUECHTEL - U. TREU, GCS 17/2, 21970 (per la traduzione italiana G. PINI, cit., pp. 779-876; per Quis dives salvetur, traduzione italiana M.G. BIANCO. Città Nuova, Roma 1999.
4 Per un esame di testi di argomento mariano e di autori che nei primi tre secoli cristiani si sono occupati di mariologia, cf C. CANOTTO, La figura di Maria nella letteratura patristica dei primi secoli, in AA.VV., Maria di Nazaret nell'antica letteratura cristiana, Genova 1993, 63-78. In questo studio il rimando anche alla bibliografia precedente.
5 Cf Paed. I, 17,1.
6 Paed. I, 20,4.
7 Cf Paed. I, 21,1.
8 Cf Paed. I,  18,3.
9 Paed. I, 27,2: «come il volere di Dio si esprime in un opera completa e porta il nome di mondo, così il suo amore è salvezza per gli uomini e si chiama Chiesa».
10 Paed. I, 42, 1-3.
11 Paed. I, 41.3.
12 È chiaro il passaggio di Clemente da Maria alla Chiesa. A proposito di questo collegamento evidente, abbastanza ovvio e scontato, cf  B. BUBY, Mary of Galilee, vol. III, The Marian Heritage of the Early Church, New York 1997, 72-75.
13 Paed. I,42,1.
14 Str. I, 101,2.
15 Str. III, 17,102,1.
16 Str. III, 17,104,2.
17 Str. VI, 15, 121,4.
18 Si tratta del testo Paolino di 1Cor 1,23.
19 Un invito frequente nei testi evangelici. cf ad es. Mt 11,15, ecc.
20 Un altro rimando Paolino, 1Cor 1,24.
21 Str. VI, 15, 127,1-4.
22 Cf Str. VI, 15, 127,3.
23 Str. VII, 100,6.
24 Str. VII, 91,2.
25 Str. I, 2,21,1. Clemente usa più volte l'immagine della caccia per indicare che arrivare alla "gnosi", cioè alla conoscenza e alla conquista della verità, costa grande fatica e nasce da grande appassionato amore.
26 Str. I, 1,12,2.
27 Con Platone, Rep. V, 477a-478d.
28 Str. VII, 16,94-1.
29 Torna il concetto della particolare generazione di Maria, cf Paed. I, 6,42,1 (vedi supra)
30 Allusione all'apocrifo Protovangelo di Giacomo, 19,2-20,1.
31 A proposito di Maria
32 "Gnostico" per Clemente è il cristiano consapevole che cerca di penetrare i misteri di Dio con la sua intelligenza.
33 Str. VII, 16, 94,1-3.
34 Cf Protovangelo di Giacomo, 19,2-20,1.
35 Si tratta di un'affermazione che rimanda a Tertullianus, De carne Christi 23,2; Epiphanius, Panar. 30,30; per la bibliografia più recente cf PINI, n. 10 a p. 860.
36 Str. VII, 16, 94,1-3
37 Si tratta di una citazione di Eb 1,1.
38 Str. VII, 16, 95,3.
39 Str. VII, 16, 95,4.

Inserito Martedi 18 Settembre 2012, alle ore 11:05:25 da latheotokos
 
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