ANIMALI PURI E IMPURI - ANNA - DIZIONARIO BIBLICO

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ANIMALI PURI E IMPURI - ANNA
ANIMALI PURI E IMPURI
Tale distinzione è sancita in Lev. 11 (cf. 20, 24 ss.), Deut. 14, 3-21. Sono impuri ed è pertanto proibito cibarsene (non però servirsene; così dell'asino, del cavallo, del cane, ecc.) ed aver contatto con i loro cadaveri: a) i quadrupedi (Lev. 11, 4-8) che non hanno lo zoccolo o l'unghia completamente spaccati, e che non ruminano: lepre, irace - detti ruminanti secondo l'idea popolare per i movimenti della bocca - che non hanno l'unghia fessa; il porco che non rumina; b) gli a. acquatici che non hanno pinne e scaglie (Lev. 11, 9-12): cetacei, anguilla ecc.; c) degli uccelli (ibid. 11, 13-25): i rapaci, lo struzzo; gl'insetti, eccettuate quattro specie di locuste; d) i rettili (ibid. 11, 29-38.41 s.). Si tratta di proibizioni molto antiche (cf. Gen 7, 2-8; 8, 20; 43, 32), immesse nella legislazione mosaica, per la purità morale di cui la rituale è simbolo (Lev. 11, 44), per ragioni d'igiene, per bandire usi e riti idolatrici (cf. Ex. 23, 19; Deut. 14, 21 «non cuocere un capretto nel latte di sua madre»: rito agrario cananaico, svelatoci dai testi di Ras Shamra, poema degli dei graziosi, 1, 8 ss.); ma principalmente per stabilire una barriera di più tra Israele e le genti idolatriche. Al tempo di Gesù tale separazione era fortemente sentita e accentuata: N. Signore è criticato perché mangia con i pubblicani (Mc. 2, 16; Lc. 15, 2); cf. specialmente la visione degli animali impuri a s. Pietro in rapporto alla conversione dei Gentili (Act. 10, 28; 11, 3); e l'episodio di Antiochia (Gal. 2, 11 s.); gli stessi Giudei convertiti si oppongono alla mensa comune con i Gentili. Tale divisione tra Israele e le genti fu tolta dal Redentore (Eph. 2, 14) e la legge suddetta svuotata e abrogata (Act. 10.13 ss., 28; 11, 1-18; Rom. 14, 11-20; Col. 2, 16.20 s.; I Tim. 4, 1-5; Hebr. 9, 9).
[F. S.]

BIBL. - A. CLAMER, Lév.; Deutér. (La Ste Bible, ed. Pirot, 2), Parigi 1940, pp. 80-100. 604-608; P. VAN IMSCHOOT, Théologie de l'Ancien Testament, II, Parigi-Tournai 1956, pp. 204-214.

ANNA
1. Madre di Samuele; nell'affliggente sterilità si rivolge con ardente preghiera al Signore e fa il voto di consacrare al servizio divino il nascituro; come già la madre di Sansone (Iudc. 13, 1·5). Esempio di pietà e di grande fede. Ottenuta la grazia, appena svezzato il bambino (cioè a tre anni: cf. II Mach. 7, 27), A. compie il voto: lascia a Silo, dove sta l'arca e la tenda che l'accoglie, con il vecchio sacerdote Eli, il piccolo Samuele, dopo averlo offerto al Signore; e in un cantico di ammirazione e di devota riconoscenza celebra la potenza, la sapienza, la bontà di Iahweh (I Sam 1-2, 1-11). Il Magnificat lo riecheggia. Ritornando a Silo per il pellegrinaggio annuale la pia A. portava ogni volta al figliuolo una tunica nuova, da lei medesima intessuta; ebbe ogni benedizione dal Signore che le concesse altri figli (ibid. 2, 19 ss.; cf. s. Giovanni Crisostomo, PG 54, 631.75).
2. Sposa di Tobia, v. Tobia.
3. Madre della SS. Vergine, secondo gli apocrifi: Protovangelo di Giacomo (sec. II) e i suoi derivati, che descrivono i particolari sulla falsariga della madre di Samuele: a lungo sterile, A., la pia sposa di Gioacchino, ottiene da Dio con l'ardente preghiera la nascita di Maria SS.; a tre anni la porta al Tempio e la consacra al Signore. Se c'è un fondamento storico, esso è stato falsamente rivestito da tali elementi secondari. Il culto di Anna è molto antico in Oriente (cf. Gregorio Niss.; Epifanio PG 42, 728; Giovanni Damasc. PG 96, 708). La Chiesa Latina ne celebra la festa il 26 luglio.
4. La vecchia e pia vedova della tribù di Aser, ispirata da Dio (86 anni, rimasta vedova dopo sette anni di matrimonio). Frequentemente si recava nel Tempio, dove passava la maggior parte della sua giornata nella preghiera e nella mortificazione. Al momento della presentazione di Gesù, si avvicina, ispirata, alla s. Famiglia e riconosce nel Bambino il Messia; ne rende lode a Dio, e si affretta a dar la nuova a tutti quelli che aspettavano la liberazione di Gerusalemme (= la salvezza messianica: liberazione temporale, pegno della restaurazione religiosa, come nel Benedictus [v.]). Lc. 2, 36 ss.
5. Sommo sacerdote (6 -15 d. C.), nominato da Quirino e deposto da Valerio Grato; vide cinque figli e il genero Caifa tra i suoi successori (Giuseppe, Ant. 20, 9, 1; cf. 18, 2,7). Era detestato dal popolo per la rapacità esercitata con i monopoli di tutto il necessario per i sacrifici nel Tempio (Strack.Billerbeck, Komm. z. N. T. aus Talmud u. Midrasch, II, pp. 568-71). Appena arrestato, Gesù fu condotto dinanzi ad A. (Io. 18, 13 cui segue immediatamente il v. 24); udienza di deferente cortesia, ché Caifa (ca. 18-36 d. C.) era un docile strumento nelle mani dell'abile ed influente suocero. La carica d'altronde «conferiva un character indelebilis per cui il sommo sacerdote, anche deposto, conservava gran parte dei suoi diritti e dei suoi doveri e il titolo» (Schurer, p. 274). Così s. Luca chiama ancora il deposto A. «sommo sacerdote» (Lc. 3, 2; Act. 4, 6).
[F. S.]

BIBL. - 1. A. V ACCARI, La S. Bibbia, III, Firenze 1947, pp. 165-71; 2. A. MÉDEBIELLE (La Ste Bible, ed. Pirot, 3), Parigi 1949, pp. 349-59 3. F. VIGOROUX, in DB, I, col. 629 s. - 4. L. MARCHAL, S. Luc (La Ste Bible, ed. Pirot, 10). Parigi 1946, p. 49 s. - 5 E. SCHURER, Geschichte des judischen Volkes, II, 4a ed., Lipsia 1907, pp. 167-77; F. M. BRAUN, S. Jean (La Ste Bible, ed. Pirot, 10). Parigi 1946, p. 455 s.; J. RENIÉ, Actes (ibid. 11, 1), 1949, p. 79 s.

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