MAGNIFICAT - MALACHIA - MAMMONA - DIZIONARIO BIBLICO

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M
MAGNIFICAT - MALACHIA - MAMMONA
MAGNIFICAT
È il cantico (così denominato dalla prima parola nella versione latina), pronunziato dalla SS. Vergine in occasione della sua visita ad Elisabetta sua parente (Lc. l, 46-55). Ne aveva dato lo spunto la stessa Elisabetta, la quale, al primo apparire della Vergine, illuminata dallo Spirito Santo, l'aveva salutata «Madre di Dio» (Lc. 1, 41 ss.). Il M. è un inno di lode all'Onnipotente, per il mistero dell'Incarnazione che, silenziosamente, si era compiuta nel castissimo seno della Vergine, e sviluppa questi concetti: a) nonostante la pochezza (*** = bassezza, miseria) della sua serva (*** = schiava), Dio ha compiuto in Lei grandi prodigi (immacolata Concezione, divina Maternità, perpetua verginità, favori tutti, che "esigevano", poi, l'assunzione in Cielo), e perciò tutti i popoli la proclameranno "Beata" (46-48); b) le meraviglie operate in Maria, come pure i molti altri favori concessi da Dio lungo il corso dei secoli ai suoi servi fedeli (= quelli che lo temono), mettono in chiara luce i suoi tre fondamentali attributi: la potenza, la santità, la misericordia (49-50); c) con particolari, desunti dalla condotta ordinaria della Provvidenza, vien messo in evidenza il costante intervento di Dio per proteggere gli umili (= poveri) e confondere i potenti orgogliosi (51-53); d) principale beneficiario di tanti favori è stato Israele, col quale Dio ha mantenuto tutte le promesse fatte ad Abramo (v.) e alla sua discendenza, specie quella secondo cui il Messia sarebbe nato dalla sua stirpe (Gen. 12, 3; 22, 17-18; Gal. 3, 16) (54-55). Le reminiscenze bibliche di cui ridonda il M., imprestate dai Salmi, e soprattutto dal cantico di Anna, madre di Samuele (1Sam 2, l-10), hanno dato occasione ai critici di mettere in dubbio la storicità del documento, che vien definito «un salmo giudaico», oppure «un mosaico di formule preesistenti, messe insieme dall'Evangelista o dall'autore della sua fonte». Circa le frequenti reminiscenze, non c'è da stupire quando si pensi, che per i pii israeliti, la Bibbia era l'unico alimento dello spirito, in maniera che quasi per istinto i suoi testi si affollavano sulle labbra, quando, sotto l'impero di un'emozione religiosa, si accingevano a ringraziare, a impetrare, o comunque a pregare Dio. Per quanto, tuttavia, alcune espressioni siano prese da scritti precedenti, il M. ha un tono personalissimo; basta, oltre tutto, richiamare il v. 48: Ha posto gli occhi sulla bassezza della sua serva, che hanno perfetto riscontro nell'umile atteggiamento della Vergine di fronte all'angelo: Ecco la serva del Signore (Lc. 1, 38). In altre parole, è avvenuto nel M. quello che accadeva nei tempi antichi, ai costruttori cristiani: le pietre, i mattoni, magari pezzi di marmo, venivano tolti di peso dai templi pagani, ma la Basilica aveva un'altra anima, un altro stile, un altro volto! Alla fine del secolo scorso, specie ad opera di Loisy (Harnack è più mite) si è tentato intorbidare le acque sull'autrice del M., perché si era venuto a scoprire (l'aveva già notato Wetstein nel 1751) che alcuni codici dell'antica versione latina e altri codici pure latini delle opere di s. Ireneo e di Origene, al v. 46, invece di «Ait Maria» leggevano «Ait Elisabeth». Come è stato ben detto, si tratta di «una stranezza istigata dall'amore di novità»; infatti le sporadiche, incerte testimonianze in contrario, sono letteralmente polverizzate dalla unanime testimonianza di tutti i codici greci e di tutte le versioni (copte, siriache, latine). Va inoltre sottolineato, che nel M. di proposito è evitata l'allusione alla sterilità (1Sam 2, 5), ciò che Elisabetta non avrebbe certamente omesso, essendo sterile essa stessa (Lc. 1, 37). Senza poi dire, che in bocca ad Elisabetta, non avrebbero alcun senso le parole del v. 48: Tutte le genti mi chiameranno beata. Il pettegolezzo critico è morto, dunque, sul nascere; ha pure validamente contribuito la Pontificia Commissione Biblica, con un decreto del 26 giugno 1912 (Denz.-U. 2158). Nella liturgia latina il M., da tempo immemorabile, si recita ai Vespri del Divino Ufficio; alcuni pensano che ivi l'abbia sistemato s. Benedetto; tuttavia la cosa è lungi dall'esser certa.
[B. P.]

BIBL. - L. C. FILLION, Vita di N.S.G.C., trad. ital., I, Torino-Roma 1934, pp. 220-23. 482- 86: M. J. LAGRANGE, Év. selon s. Luc, Parigi 1927, pp. 44-54: F. ZORELL, in VD, 2 (1922) 194-99; F. CABROL, Cantiques évangéliques, in DACL, II, coll. 1997 s.

MALACHIA
Profeta, l'ultimo del canone, «sigillo dei profeti». Profetò dopo l'esilio durante la dominazione persiana, di cui ricorda il "Pehah" "governatore", e dopo il ripristino del culto nel tempio zorobabelico (Mal. 1, 10; 2, 4 ss.; 3, 1, 10). Non risulta se, prima, durante o dopo il ritorno di Esdra-Neemia in Palestina. Le ipotesi oscillano tra il 519 e il 425 a. C. Non è probabile che il "Pehàh" di Mal. 1, 8 sia Neemia che rifiutò a"ogni donativo (Neh. 5, 14-15, 18) e che le oblazioni scadenti (Mal. l, 8, 13, 14) siano quelle apprestate dai re di Persia (Esd. 7, 20-26). Ciò indicherebbe il tempo post-neemiano e giustificherebbe pure il silenzio su M. in Esdra-Neemia. Gli abusi dei matrimoni misti e dei divorzi possono essere stati introdotti di nuovo anche dopo la riforma di Esdra-Neemia. L'ambiente storico è caratterizzato da rilassamento generale dei costumi; matrimoni misti, divorzi, avarizia, sospensione del pagamento delle decime e dei tributi, ma in modo speciale scoraggiamento prodotto da miseria, ingiustizie sociali, inferiorità economicopolitica nei confronti dei pagani, disillusione per un ideale creduto svanito, sfiducia verso la provvidenza, la bontà e la giustizia di Dio. Soprattutto i disordini di natura religiosa erano tali da invocarsi come rimedio l'abolizione del culto e del sacerdozio. Però era vivo il messianismo e si attendeva con impazienza il "Dominatore" per il trionfo della giustizia. Israele vantava solo dei crediti e nessun debito con Dio. Quasi nulla si sa di M. Il suo nome è nell'ebr. Mal'àkhi = "nunzio di Iahweh" o "nunzio mio". I Settanta traducono *** = "angelo". Molte leggende su M. sono conservate dai Padri (cf., per es., lo Pseudo-Epifanio, De vitiis Prophetarum 22, PG 4,3, 412 ss.). M. è molto versato nelle cose del tempio, del culto e dei sacerdoti. Onde non si può escludere la sua discendenza levitica. Festa il 14 gennaio.
Il Libro di Malachia
Il libro di M. è una confutazione di varie mormorazioni del popolo; prodice l'oblazione della "minhah" pura con relativo culto a Iahweh da parte dei Gentili (profezia avveratasi nel Sacrificio della s. Messa); la venuta del «Dominatore» e dell'«Angelo del patto» nel tempio; l'invio di Elia (v.); contiene esortazioni varie all'indissolubilità del matrimonio, alla fiducia nella Provvidenza divina, alla santità del culto ecc. Si può dividere in due parti:
1) 1, 1-2, 16. Dio ha preferito Israele ad Edom fin dall'inizio. È ingiusto quindi mormorare che non l'ami. Invece non è amato, onorato e venerato dai sacerdoti dispregiatori dell'altare di Dio e offerenti oblazioni scadenti, indegne anche di un Pehah e provenienti da furto. Al contrario il nome di Iahweh è onorato dalle nazioni con l'oblazione pura (minhah tehorah). Il Signore li punirà mutando le loro benedizioni in maledizioni. Istituisce il confronto tra gli antichi e gli attuali leviti ricordando l'ideale del sacerdote. In 2, 10-16 rimprovera aspramente i divorzi ed i matrimoni misti.
2) 2, 17-3, 22 (Volg. 4, 3). Confuta le mormorazioni contro la Provvidenza divina. Dio non è ingiusto, non preferisce i cattivi, ma invierà il suo messaggero per preparare la via e «subito il Dominatore e l'Angelo del Patto» entrerà nel suo Tempio per purificare il sacerdozio ed il culto e per punire i cattivi. Esorta a pagare le decime ed i tributi per il Tempio. Confuta la mormorazione: nessun profitto a servire Dio, che anzi favorirebbe gli empi. Un libro invece registra i nomi dei buoni; nel giorno del Signore, questi retribuirà a ciascuno secondo il merito. Epilogo: 3, 23-24 (Volg. 4, 4-6). Ricordarsi della legge di Mosè, data gli da Dio nell'Horeb; invio di Elia per preservare la terra dall'anatema. M. è citato in Lc. 1, 17; Mt. 11, 10, 14; 17, 12; Rom. 9, 13. Canonicità ed autenticità sono incontestate.
[B. M.]

BIBL. - B. MARIANI, De sacrificio a Mal., 1, 10 s. praedicto, in Antonianum, 9 (1934) 193-242. 361-82. 451-14; E. TOBAC, in DThC, IX, coll. 1745-50; S. AUSEJO, De matrimoniis mixtis apud Mal., 2, 10-16, in VD, 11 (1931) 366-71.

MAMMONA
Termine dell'ebraico posteriore (Eccli. 31, 8; Talmud); dal v. aman "'deporre"., "confidare" (mamon, con una sola m, cf. greco, per ma'mon, aram. mamona: Dalman, Gram. p. 170; W. Gesenius proponeva la radice taman "nascondere" con una duplice m); esprime in modo espressivo il denaro cupidamente riposto. È la ricchezza (Mt. 6, 24; cf. Lc. 16-13 s.) che Gesù personifica come un Dio, un tiranno, ed oppone al vero Dio e Signore. Il cuore non può essere diviso tra due padroni irreconciliabili, bisogna scegliere tra Dio e M. (v. Avarizia).
[F. S.]

BIBL. - D. Buzy, S. Mt. (La Ste Bible. ed. Pirot, 9), Parigi, 1946, p. 84

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