SPIRITO DI IAHWEH - SPIRITO SANTO - SUMERI - DIZIONARIO BIBLICO

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SPIRITO DI IAHWEH - SPIRITO SANTO - SUMERI
SPIRITO DI IAHWEH
L'ebraico ruah (fem.) etimologicamente = "soffio" , "vento", "spirito", che comunica, dà la vita. Fin dal secondo versetto della Genesi (1, 2) lo troviamo attribuito a Dio. «Il soffio o lo spirito di Dio aleggiava sulle acque», del caos. Da una parte il nulla, o il caos, dall'altra, «la potenza divina) che sta per trarre dal nulla l'universo. «Una parola del Signore creò i cieli, e un soffio di sua bocca li ornò tutti» (Ps. 33, 6); in stretto parallelismo, al comando risponde il «soffio della sua bocca», per esprimere la medesima azione creatrice» (cf. Is. 11, 4; 34; 16; Ps. 147, 18). Così s. di Iahweh esprime qualsiasi azione di Dio che termina all'esterno. Particolarmente, forza divina o impulso per cui gli uomini sono diretti e. Spinti a fare cose mirabili, a compiere la missione cui Dio li destina. Influsso che pervade l'animo dell'uomo, partecipandogli in qualche modo la luce e la forza di Dio. Nel Vecchio Testamento lo S. di Iahweh è descritto come causa di effetti prodigiosi, ma transitori, di forza, di coraggio, o di esaltazione religiosa (cf. i cosiddetti "figli di profeti"). Quando lo S. di Iahweh "agita" Sansone (Iudc. 13, 25) o «irrompe su di lui» (Iudc. 14, 6), gli dà la forza di fare a pezzi un leone con le sue mani (Iudc. 14, 6), d'uccidere da solo trenta uomini (Iudc. 14, 19), di rompere le funi che lo legano e sbaragliare mille Filistei (Iudc. 15, 14 s.). Quando lo S. è su Otoniele (Iudc. 3, 10) o su Iefte (Iudc. 11, 25) e "investe" Gedeone (Iudc. 6, 14) o «irrompe su Saul» (I Sam 11, 6), questi eroi riportano grandi vittorie. Ma lo s. di Iahweh non è solo impulso transitorio, ma anche dono, permanente, e in ordine alla vita religiosa e morale. Così lo s. di Iahweh è su Mosè (Num. 11, 17.25), è trasmesso o partecipato da Dio a Giosuè (Num. 27, l8); penetra in David dal giorno della sua unzione (I Sam 16, 13) e parla per la sua bocca (2Sam 23, 2); riposa su Eliseo (2Reg. 2, 9). Lo s. (impulso divino) dirige gli esseri che portano il trono di Iahweh (Ez. l, 12); è la forza divina che solleva Ezechiele e gl'infonde una calma fiduciosa per star dinanzi a Dio e ricevere la sua parola (Ez. 2, 2; cf. 3, 12); che agisce nella sua anima comunicandogli le visioni profetiche (8, 3). Lo s. di Iahweh principalmente esprime l'ispirazione profetica (v. Profeta) (cf. Zach. 7, 12; Neh. 9, 30); e comunica ai saggi la loro sapienza (Iob 32, 3.13; Sap. 7, 7). Forza divina dunque c dono permanente accordato da Iahweh, in vista di una funzione o missione determinata. Lo s. di Iahweh dimorerà permanentemente sul Messia (Is. 11, 1), dirigerà quindi ogni sua azione; per fare di lui il re ideale; conferendo,gli doni intellettuali sovrumani e qualità morali straordinarie. Avere su sé lo s. di Iahweh equivale a pensare e agire, come pensa e agisce Iahweh. Lo s. di Iahweh così è la forza che, come per il Salmista (Ps. 51, 12 ss.), nella nuova alleanza opererà il rinnovamento morale e religioso. Ez. 36, 26 s.: «Porrò su voi un nuovo s. il mio s. e farò che seguitate le mie leggi», ecc. Un nuovo principio d'azione (s. nuovo), quasi un altro principio vitale, guiderà la loro condotta, farà compier loro opere degne del Signore (cf. Is. 32, 5; Ioel 2 28 Zach. 4, 6 cc.); principio d'azione ch; viene da Dio (il mio s.), fonte di vita morale, e, come l'acqua di cui parla Gesù alla Samaritana (Io., 4, 14), discende dal cielo e risale e fa risalire al cielo. La rivelazione del mistero dello Spirito Santo (v.), terza persona della SS Trinità era riservata al Nuovo Testamento. In esso ricorre talvolta s. del Signore, nel senso riscontrato finora. Così Lc. l, 35 dove *** (s. santo) è specificato in stretto parallelismo da *** (= la potenza dell'Altissimo). E non sempre è facile determinare quando si parla direttamente della terza persona della SS. Trinità.

BIBL. - P. VAN IMSCHOOT, L'action de l'esprit de Jahvé dans l'A. T., in RScPhTh, 23 (1934) 553-87; L'e. d. J. source de vie dans l'A. T . in RE, 44 (1935) 481-501; L'e. d. J. et l'alliance nouvelle, in EthL. 13 (1936) 201-20; L'e. d. J. souree de vie morale dans l'A. T., ibid., 16 (1939) 457.67; P. HEINISCH, Teologia del V. T., Torino 1950, pp. 124-32.

SPIRITO SANTO
Nome della terza persona della Trinità (v.). Esso si legge nel Nuovo Testamento in tutti i testi che contengono una formula trinitaria. Negli altri passi, invece, mentre la personalità del Padre e del Figlio risulta evidente, spesso sussiste il dubbio circa quella dello S. Santo. Già Gregorio Nazianzeno (Oratio theologica V, 26; PG 36, 161) affermava: «Il Vecchio Testamento predicò apertamente il Padre, più velatamente il Figlio. Il Nuovo ha manifestato il Figlio ed ha fatto intravedere la divinità dello S. Ora lo S. dimora fra noi ed egli stesso ci offre una più aperta dimostrazione di sé». Difatti nel Vecchio Testamento si parla spessissimo dello S. (v.) di Iahweh per indicare l'onnipotenza divina, razione di Dio nel creato, nell'uomo. Anche nel Nuovo Testamento non poche volte si resta perplessi sul senso preciso dell'espressione. In diversi casi è chiara la corrispondenza fra "S. santo" (Lc. 10, 21) oppure il semplice vocabolo S. (cf. Mt. 4, 1; 22, 43; Mc. 12,36; Lc; 4, 14 ecc.) con la terminologia «S. di Iahweh» del Vecchio Testamento. Altre volte lo S. Santo è presentato come un dono divino soprannaturale, capace di produrre effetti particolari in ordine alla santificazione delle anime oppure alla propagazione del cristianesimo (cf. At. l, 5.8; 2, 4; 8, 15; 9, 17; 10, 44; 11, 15 ecc.). Anche tali testi da soli insieme ad altri paolini (cf. I Cor 6, 19; I Ts. 4, 8; Tit. 3, 5 s.; Rom. 5, 5 ecc.) per sé non sono sufficienti ad affermare il carattere personale dello S. Santo. Lo stesso si dica del celebre testo su la bestemmia (v.) irrimissibile contro lo S. Santo (Mt. 12, 31 e paralleli). Ma, sempre prescindendo dalle formule trinitarie, non difettano casi, nei quali il carattere personale dello S. Santo appare perspicuo. Egli è descritto come il grande sostenitore ed animatore degli Apostoli e dei fedeli in genere (cf. Mt. 10, 20; Io. 14, 26; 15, 26; At. 1, 8; 2, 4). A Lui è attribuita la direzione soprannaturale della Chiesa nascente (At. 4, 8; 5, 3.9; 6, 3.5; 8, 15.29; 20, 28 ecc.). In modo particolare lo S. Santo è considerato santificatore delle anime (cf. Rom. 8, 9 ss.; I Cor 3, 16; Gal. 4, 6). Al pari del Cristo glorificato, lo S. è principio di vita soprannaturale. Per questo le medesime caratteristiche in tal senso sono attribuite indifferentemente all'una od all'altra persona. L'attività delle due persone nell'anima dei giusti è inseparabile. Tale scambio di attribuzioni è evitato da s. Giovanni, che ama chiamare lo S. Santo "Paraclito" (Io. 14, 16.26; 15, 26; 16, 7); il medesimo titolo, però, è riservato anche al Cristo glorificato (I Io. 2, 1). In genere si intende il termine come equivalente a "consolatore", sebbene non pochi esegeti antichi traducevano con "avvocato" o "patrono". È abbastanza perspicua la descrizione dello S. Santo nella vita intima della Trinità. Egli è chiamato ora S. di Dio ed ora S. del Cristo, perché procede dalle due persone. Ma è bene non dimenticare che la terza persona è descritta innanzi tutto nella sua attività santificatrice attraverso le grazie e l'effusione di carismi speciali. È il concetto espresso con l'immagine dello S., che inabita nell'anima del giusto (Rom. 8, 9) e che distribuisce i carismi secondo la sua libera volontà (I Cor 12, 11). La perfezione di ognuno consiste nell'assecondare e sviluppare la misteriosa azione dello S. (Rom. 15, 13; Eph. 5, 18), che origina ed alimenta tutta la vita soprannaturale. Lo scambio delle attribuzioni col Cristo glorificato è limitato a determinate categorie di azioni. Esso è possibile perché il Redentore con la risurrezione, divenuto «S. vivificante» (I Cor 15, 45), acquista in'atto la prerogativa di effondere il suo S., il quale compirà l'opera di salvezza nei singoli credenti (Io. 14, 16.26; 16, 13).

BIBL. - H. BERTRAMS, Das Wesen des Geistes nach der Anschauung des, Apostels Paulus. Munster i.W. 1913; E. SCOTT, The Spirit in the New Testament, Londra 1923; F. BUCHSEL. Der Geist Gottes im Neuen Testament. Gutersloh 1926; P. GALTIER. L'habitation en nous des trois personnes, Parigi 1928; S. ZEDDA, L'adozione a figli di Dio e lo Spirito Santo, Roma 1952.

SUMERI
Il più antico popolo finora conosciuto. Vive dalla metà del IV millennio a. C. nella Mesopotamia del Sud, intorno alle foci del Tigri e dell'Eufrate, i quali fino alla morte di Alessandro Magno entravano separati nel Golfo Persico. Fino a poco tempo fa si riteneva un popolo autoctono. Oggi si pensa all'esistenza di Presumeri o Protosumeri poiché la civiltà dei S. appare nel IV millennio molto sviluppata e non primitiva. L'origine è ignota come pure non si può classificare la razza: né semitica né indoeuropea. La lingua è catalogata tra le agglutinanti come il turco e l'ugro finnico. Già verso il 3200 ca. i S. usano una scrittura pittografica lineare che dapprima segue i principi, visuali, in quanto un segno esprime un concetto, indi i fonetici, poiché un ideogramma indica un suono o fonema: è la scrittura cuneiforme che verso il 3100 ca. avrebbe influenzato anche la geroglifica. L'economia, spinge i S. a formare piccole città-stato, indipendenti l'una dall'altra, spesso l'una contro l'altra come le ***. Il Tigri e l'Eufrate vedono dei canalizzatori esperti e degli sfruttatori capaci. Fino alla metà del III millennio , i S. vivono quasi indisturbati finché non giungono i Semiti dal deserto siro-arabico. Sargon d'Agade lotta contro Lugalzaggisi di Uruk, vince e sposta il centro culturale mesopotamico verso il nord. In Mesopotamia accanto al regno di Sumer sorge quello di Accad (2360-2180 ca.). La potenza dei Semiti è tuttavia abbassata dall'intervento", dei Guti (2180-2065 ca.), orde indisciplinate provenienti dai monti, settentrionali della Mesopotamia e che non lasciano tracce durature, ma permettono ai S. di rialzare il capo. Gudea di Lagas, di cui si conservano numerose iscrizioni su cilindri e statue, è il governatore più celebre del periodo chiamato "neosumerico", durante il quale le varie città ritornano alla rivalità e alla indipendenza: Ur (2070-1960 ca.), Jsin e Larsa (1960-1830 ca.) emergono; Ma la divisione porge il fianco alla invasione dei Semiti dal nord, degli Elamiti dal sud. Questi danno il colpo di grazia al dominio politico dei S. con la conquista di Ur. Sopravvivono Larsa che sarà conquistata da Kudur-Mabuk, e Isin, dominata da Rim-Sin; nel 1770 ca. Samsi-Addu prima, Hammurapi in seguito, ambedue di origine amorrea, faranno delle città dei S. le tributarie del loro impero. La razza sumerica scompare assorbita dai Semiti. La lingua, eliminata dall'uso vivo, rimane nella liturgia e presso i dotti fino al tempo di Cristo. La scrittura cuneiforme è adottata dai Semiti di Assiria e Babilonia, dagli Elamiti, Hurriti, dagli Indoeuropei dell'Asia Minore e dell'Iran, dagli Urartici: l'ultimo documento in cuneiforme risale al 6 a. C. La religione si fonda su un concetto di abbondanza e si avvicina più alla cananea che alla assiro-babilonese. Il pantheon sumerico passa tuttavia in eredità ai Semiti mesopotamici come l'arte e la letteratura. Il diritto offre precursori ad Hammurapi e particolarità che il monarca babilonese ignora: il codice di Ur-Nammu (III dinastia di Ur, 2050 ca.) che segue la composizione legale e non il principio del taglione: le leggi di Lipit- Istar (dinastia di Isin, 1910 ca.). Rispettivamente sono anteriori di 350 e 185 anni ad Hammurapi. La Bibbia ignora il nome dei S. a meno che non si voglia sostenere con G. Dossin che Shinc'ar (Gen. 10, 10; 11, 2; 14, 1. 9; Ios. 7,21; Is. 11, 11; Zach. 5, 11; Dan. l, 2) è la corruzione di Sumer. Tuttavia parla di Ur dei Caldci (Gen. 11, 31 ecc.), di Larsa (Ellasar di Gen. 14, l) di Uruk (Erech di Gen 10, 10). I primi capitoli della Genesi hanno relazioni, secondo il genere letterario, con il contenuto degli inni cultuali dei S. Così la creazione, l'organizzazione della civiltà, i patriarchi, il diluvio e altre tradizioni presentano affinità quanto alla forma presso la letteratura biblica e la sumerica.

BIBL. - A. DEI MEL. Sumerische Grammatik. Roma 1939; ID. Sumerisches Lexicon, ivi 1928; 1947: J. B. PRITCHARD. Ancient Near Eastern Texts relating to the Old Testament. Princeton 1950, pp. 37-59; 159-61 ecc.; A. FALKENSTEIN - W. VON SODEN. Sumerische und akkadische Hymnen und Gebete. Zurigo 1953; A. PARROT. L'archeologie mésopotamienne, Parigi 1953; C. F. JEAN. La religion sumérienne, ivi 1931; S. N. KRAMER - A. FALKENSTEIN. Ur-Nammu Law Code, in Orientalia, 23 (1954) 40-51.

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