RISURREZIONE DI GESÚ - DIZIONARIO BIBLICO

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RISURREZIONE DI GESÚ
RISURREZIONE DI GESÚ
Verità fondamentale del Cristianesimo
È la verità fondamentale del Cristianesimo: Gesù risorge dal sepolcro col suo medesimo corpo, per virtù propria. L'anima, sempre unita alla divinità, alla morte, era discesa agli inferi; al mattino di domenica, si riunisce al corpo, rianimandolo. Gesù aveva ripetutamente preannunziato la sua r. Ai Farisei, quale segno o miracolo dimostrativo della sua autorità messianica, Gesù dice: «Disfate questo tempio e in tre giorni lo riedificherò» (Io. 2, 18 s.); i discepoli compresero il senso esatto della frase dopo la r. (Io. 2, 20 s.). I Farisei se ne servirono come accusa dinanzi al Sinedrio (Mc. 14, 57 ss.) e come scherno ai piedi della Croce (Mc. 15, 29 s.; Mt. 27, 40), intendendo la frase del tempio materiale. Ma Gesù era stato esplicito con loro, quando in seguito, insistendo essi per un prodigio straordinario, a loro piacimento, così rispose: «Una generazione malvagia e adultera chiede un prodigio; nessun prodigio le sarà dato vedere, se non quello del profeta Giona. Poiché come Giona stette tre giorni e tre notti nel ventre del mostro marino, così il Figliuolo dell'uomo starà tre giorni e tre notti nel cuore della terra» (Mt. 12, 39 s.; Lc. 11, 29 ss). I Farisei lo compresero e lo ricordano bene il giorno dopo la crocifissione quanto ottengono da Pilato di porre una guardia armata al sepolcro e appongono i loro sigilli alla pietra che ne chiudeva l'ingresso: «Ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre ancora viveva: Dopo tre giorni risusciterò. Ordina dunque che si assicuri il sepolcro» (Mt. 27, 62-66). Ai discepoli nettamente, dopo l'annunzio delle sue sofferenze e della sua morte: «E' necessario che il Figlio dell'uomo sia messo a morte, e che dopo tre giorni risusciti» (Mt. 16, 21; Mc. 8, 31 s.; Lc. 9, 22l. Così ancora ripete loro una seconda volta (Mt. 17, 22 s.; Mc. 9, 30 s.; Lc. 9, 44) e una terza (Mt. 20, 17 ss.; Mc. 10, 32 ss.; Lc. 18, 31·34). I discepoli che non vogliono ammettere le sofferenze e la morte del Messia, si chiedono che cosa possa significare questo «risorgere di tra i morti» (Mc. 9, 10); e gli evangelisti sottolineano tale incomprensione (Mc. 9, 30 s.; Lc. 9, 45). Dopo la trasfigurazione, ai tre prescelti, Pietro, Giacomo e Giovanni, Gesù intima «di non raccontare a nessuno ciò che han visto, fino a che il Figlio dell'uomo non sia risuscitato dai morti» (Mc. 9, 9; Mt. 17, 9). Cf. ancora Io. 12, 33 s.; 8, 28. Pertanto Gesù medesimo ha dato la sua r. come la pietra di paragone, il prodigio per eccellenza attestante la divina autorità della sua missione e la sua stessa natura divina. Lo afferma ancora s. Paolo, scrivendo ai Corinti, nel 55 ca. d. C.: «Vi richiamo, o fratelli, il vangelo che vi ho annunciato. Vi ho dunque trasmesso prima di tutto, ciò che io stesso ho ricevuto, cioè che il Cristo è morto per i nostri peccati conformemente alle Scritture, che è stato sepolto, che è risuscitato il terzo giorno conformemente alle Scritture, e che è apparso a Pietro, poi ai Dodici. In seguito è apparso a più di cinquecento fratelli in una sola volta (la maggior parte dei quali è ancor oggi vivente, alcuni sono morti); poi è apparso a Giacomo; quindi a tutti gli Apostoli. E all'ultimo posto è apparso anche a me, come a un aborto. Sì, io sono il minimo degli Apostoli, indegno d'esser chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio... In breve, sia io che essi, ecco quel che predichiamo e che voi avete creduto. Ora se la predicazione evangelica attesta che il Cristo è risuscitato dai morti come mai alcuni tra voi possono pretendere che non ci sia la r. dei morti? Se non si ha la r. dei morti, il Cristo non è risuscitato. E se il Cristo non è risuscitato, la nostra predicazione diventa senza oggetto, senza oggetto anche la nostra fede... Se il Cristo non è risuscitato la vostra fede è sterile; voi siete ancora nei vostri peccati; quelli che son morti nel Cristo sono periti... Ma no; il Cristo è risuscitato dai morti...» (I Cor. 15, 3-20). Nei testi sacri del Nuovo Testamento, sono attestate ineccepibilmente quattro verità, le quali non permettono in alcun modo di dubitare del grande prodigio: realtà della morte del Cristo (Mt. 27, 45-56; Mc. 15, 33-41.45 s., dove Pilato riceve dal centurione, responsabile dell'esecuzione, la dichiarazione autentica della morte di Gesù; Lc. 23, 44-49; Io. 19, 28 ss. uno dei soldati si assicurò con la lancia che Gesù fosse già morto; Phil. 2, 8 s. ecc.); realtà della sua sepoltura (Mt. 27, 57-66; Mc. 15, 42-47; Lc. 23, 50-56; Io. 19, 38-42; ecc.); scoperta della tomba vuota e apparizioni del Signore (Mt. 28; Mc. 16; Lc. 24; Io. 20). Il corpo del Redentore, deposto dalla Croce, fu lavato e ne fu curato il seppellimento, secondo il modo abituale dei Giudei, come attesta s. Giovanni, precisando i Sinottici. Giuseppe d'Arimatea ne aveva ricevuto da Pilato l'autorizzazione; e con Nicodemo aveva preparato ogni cosa, in modo da far tutto, prima che al tramonto incominciasse il riposo sabatico (Io. 19, 38-42; M. Braun, La sépulture de Jésus, Parigi 1939; cf. RB, 1936).
Gli eventi del mattino di Pasqua
Gli eventi (tomba vuota, apparizioni) del mattino di Pasqua e apparizioni successive vengono così disposti.
1. Dopo la Passione, gli Apostoli s'erano nascosti in Gerusalemme; non era facile per essi fuggire in Galilea dato il riposo festivo di quei giorni solenni. Vinti dallo scoramento non pensavano affatto a rianimarsi nella fede.
2. Al mattino presto di Domenica, si ebbe un terremoto; la porta del sepolcro fu aperta da un angelo, che si sedé sulla grossa pietra, rotolata via. Le guardie atterrite si disperdono per annunziare ai sacerdoti il fatto che li ha terrorizzati. il Cristo è già risorto; l'angelo apre la tomba per farlo constatare. Seppellito nel venerdì, prima che, al tramonto, cominciasse il nuovo giorno, il sabato era rimasto nel sepolcro per l'intero sabato - da vespro a vespro -, e quindi fino all'alba del giorno seguente (inizio della settimana), che dai cristiani fu chiamato Domenica (giorno del Signore). Le poche ore del venerdì, secondo il costume ebraico, sono computate come un giorno intero; e così per la notte dopo il sabato; di modo che si parla globalmente di tre giorni interi o anche di tre giorni e tre notti.
3. Il gruppo delle pie donne, che seguendo un impulso provvidenziale muove verso la sepoltura, con aromi preziosi e senza pensare alle difficoltà pratiche, verso le sei del mattino arriva al sepolcro senza sospettare di nulla; il luogo è deserto e trovano la porta aperta.
4. Alla prima occhiata, s'accorgono che il corpo non c'è più; Maria di Magdala, smarrita, corre subito ad annunziare la cosa agli Apostoli (Io. 20, 2). Si vede che, staccatasi dalle altre, dopo un semplice sguardo corse via dagli Apostoli. Le donne, appena entrate nel sepolcro, vedono subito l'angelo (Mt. 28, 5 ss.; Mc. 16, 5). Sia Mc. 16, 8 che Lc. 24, 4 parlano della loro grande commozione, erano «fuor di se stesse» (Lc.). L'angelo le manda a portare ai discepoli l'annunzio della r. del Cristo.
5. Pietro (Lc. 24, 12) con Giovanni (Io. 20, 3-10; cf. Lc. 24, 24) accorre al sepolcro; esamina tutto attentamente, c con Giovanni ha, come vedremo, la dimostrazione fisica della r. del Cristo.
6. Gesù appare alla Maddalena, ritornata al sepolcro (Io. 20, 11-18; Mc. 16, 9 ss; cf. Mt. 28, 9 s., che usa il plurale, attribuendo alle donne - del cui gruppo era la Maddalena e delle quali egli aveva parlato prima - quanto riguarda solo quest'ultima con un procedimento letterario che gli riscontriamo altrove).
7. Appare a Pietro (Lc. 24, 34; I Cor 15, 5); a Giacomo minore (I Cor. 15, 7); verso il tramonto, ai discepoli che si recavano a Emmaus (Lc. 24, 13-35; Mc. 16, 12 s.); nella sera, a Gerusalemme, ai discepoli riuniti (Lc. 24, 36-49: Mc 16, 14-18; poi Io. 20, 19-23; cf. I Cor 15, 7). Otto giorni dopo, ai discepoli presente Tommaso (Io. 20, 24.29). Allora, senza dubbio, gli Apostoli, riconfortati e riadunati dal Pastore risorto (cf. Mt. 26, 32; Mc. 14, 28 il gregge alla Passione si disperde, «ma dopo che sarò risorto, vi ricondurrò in Galilea»; Mt. 28, 7), adesso sono ricondotti in Galilea. Gesù appare sulle rive del lago di Genezaret e, davanti a sei discepoli, dà a Pietro l'investitura di capo della Chiesa (Io. 21). Quindi Gesù si manifesta a tutti Insieme e dà agli Apostoli la missione di convertire il mondo (Mt. 28, 16-20; I Cor 15, 6 l'apparizione a più di 500 fratelli). Più tardi essi, per ordine del Cristo, ritornano a Gerusalemme; dopo un supremo colloquio con i suoi, Gesù entra definitivamente nella sua gloria, con l'Ascensione (v.) sensibile, che chiude il periodo delle sue apparizioni in mezzo ad essi, durato quaranta giorni (Lc. 24, 50 ss.; At. l, 9 ss.; Mc. 16, 19). Nel racconto della sepoltura, gli evangelisti concordano in ogni dettaglio con i dati archeologici oggi meglio accertati. La concessione del cadavere a chi ne faceva richiesta è secondo la prassi giuridica atte stata fin dal tempo dell'imperatore Augusto. La iniziativa di Giuseppe inoltre è conforme allo spirito della legge giudaica che proibiva di lasciare in abbandono, dopo il crepuscolo, il corpo del giustiziato sospeso al palo o alla croce. La descrizione della tomba - scavata nella roccia e chiusa con una grossa pietra profonda - concorda rigorosamente con un tipo di tomba giudaica usato nella campagna palestinese al tempo di Gesù. Ne fanno fede, fra le tante, la tomba di Elena di Adiabene, a nord della porta di Damasco a Gerusalemme e quella degli Erodi a Nikefurich. Tutto il racconto rievoca istituzioni giudaiche e romane che, ancor oggi, possiamo esattamente controllare (F. M. Braun). S. Paolo (I Cor 15, 3 s.; e già nel discorso ad Antiochia di Pisidia, At. 13, 28 s.) riafferma la constatazione della tomba trovata vuota. Si sa che i Sinedriti divulgarono la menzogna del rapimento del corpo da parte dei discepoli (Mt. 28, 11-14), mentre i soldati della guardia dormivano. «Miserabile astuzia! Tu ci porti dei testimoni che dormivano», esclamava già S. Agostino. La decisa attestazione degli Apostoli smontava questa credulona menzogna giudaica; come ben nota lo stesso O. Culmann (Les premières professions de foi chrétiennes, Parigi, 1943). Al riguardo, riveste notevolissima importanza la visita di Pietro e Giovanni al sepolcro (Io. 20, 3-10). Il punto centrale di questo racconto evangelico, così vivo, accurato e minuzioso, sta nel nesso fra quanto i due apostoli trovarono, videro, osservarono nel sepolcro e la fede nella r. del Cristo, formulata esplicitamente qui per la prima volta, prima di qualsiasi apparizione: «Allora entrò anche l'altro discepolo, che prima era giunto al sepolcro, e vide e credette» (v. 8). Nessuno degli Apostoli pensava alla r.; ancor dopo le prime apparizioni, non ci pensano i due di Emmaus (Lc. 24, 21-24), non ci crederà Tommaso (Io. 10, 24 s.) se non dopo l'invito di Gesù: «Poni qui il tuo dito e guarda le mie mani, ecc.» (Io. 20, 27). L'ipotesi che venne in mente alle pie donne, alla Maddalena, appena notata «la pietra rotolata via dal sepolcro» (Lc. 24, 2) e constatata l'assenza del cadavere, fu questa: han rubato il corpo di Gesù. E in tal senso Maria dette il suo annunzio a Pietro e a Giovanni: «Han levato il corpo del Signore dalla tomba e non sappiamo dove sia stato messo» (Io. 20, 2). Pietro e Giovanni osservano attentamente: il sudario stava avvolto, così come era stato avvolto (***, participio perfetto = era stato e rimaneva avvolto; il v. *** ha soltanto questo significato: cf. Mt. 27, 59; Lc. 23, 53), la sera del venerdì, intorno alla testa del Redentore; allo stesso modo, le fasce (*** = fasce e lenzuolo) che erano state legate (Io. 19, 40, così come era costume presso gli Ebrei; cf. r. di Lazzaro, Io. 11, 44; in modo da far aderire il lenzuolo stretto intorno al corpo, dai piedi alle spalle), rimanevano lì, così come le aveva viste avvolgere al corpo, al momento della sepoltura. Solo che non stringevano più nulla; giacevano (***) le fasce e il sudario, come se il corpo di Cristo si fosse volatilizzato. Quando non si tirava parte del lenzuolo per coprire la faccia del defunto, il sudario, adoperato per avvolgete il capo, veniva con una fascia fermato intorno al collo. E s. Giovanni ben mette in chiaro che il sudario stava "a parte" (***), non con i pannolini e il lenzuolo, cioè si aveva in tutto la disposizione del momento della sepoltura: il sudario al suo posto (nel medesimo posto di prima, ***), e il lenzuolo, stretto al corpo dalle fasce. La descrizione sottolinea con estrema esattezza ogni cosa ***); e mette in rilievo il fatto meraviglioso, nuovo, importantissimo, constatato dagli apostoli e che fu causa dell'atto di fede nella r. Era umanamente impossibile spiegare altrimenti l'assenza del corpo di Cristo; era fisicamente impossibile che qualcuno lo avesse sottratto e comunque toccato, senza slegare le fasce, smuoverle, senza svolgere il sudario. L'evangelista ha la dimostrazione fisica della r. di Gesù. La fede nella r., in lui, come in Pietro ha come fondamento ed origine non le profezie dei Libri sacri (come espressamente ricorda s. Giovanni, al v. 9), ma questa esperienza, questa constatazione; è il fatto storico da essi constatato e null'altro. Abbiamo pertanto in questo brano, «una testimonianza diretta del fatto stesso della r.». E l'esattezza dello storico arriva al punto di precisare ed esprimere soltanto il proprio sentimento; tacendo affatto di quello che sorse nell'animo di Pietro. S. Luca dice di lui che se ne ritornò «meravigliandosi per quel che era avvenuto» (24, 12); *** in s. Luca, non esclude la fede, la convinzione; esprime un senso di smarrimento, dinanzi a qualche manifestazione straordinaria del soprannaturale, S. Pietro constatava questo fatto mirabile, che allora si verificava per la prima volta: il corpo del Signore che non è più in quell'insieme di lini, col quale era stato avvolto e legato ; che ne è uscito senza nulla smuovere, lasciando tutto intatto; così come era uscito all' esterno lasciando intatta, con i sigilli appostivi dal Sinedrio (Mt. 27, 66), la grossa pietra che chiudeva l'ingresso del sepolcro. E bastava che Pietro desse questa testimonianza; si rendesse garante di questa constatazione; pur non potendo dare dell'evento spiegazione alcuna. Quando il Risorto apparirà, entrando talvolta a porte chiuse, spostandosi veloce come il pensiero, allora si comprenderà come allo stesso modo, egli, non soltanto spirito, ma col suo corpo reale, era uscito dall'involucro dei lini senza disfarlo, e dal sepolcro lasciandone suggellata la porta. Sono le doti del corpo glorioso, di cui parlerà s. Paolo (I Cor 15, 42-52). La riservatezza del Principe degli Apostoli, espressa da Lc. 24, 12 è pertanto un particolare così vivo e preciso, degno dello storico più obiettivamente accurato (F. Spadafora, in Rivista Biblica, 1 [1953] 99-123).
Al centro della catechesi apostolica
La r. pertanto sta al centro della catechesi apostolica (At. 2, 22.36; tra l'altro, la r. adempie le profezie del Vecchio Testamento: Ps. 16; 8-11; effetto della divinità di Gesù: Ps. 110, 1; Mt. 22, 44); cf. ancora 3, 14 ss. 18.26 adempimento delle profezie del Vecchio Testamento (vv. 21.26); 4, 10 ss., s. Pietro dinanzi al Sinedrio; ancora 5, 29-32; 10, 37-43. Anzi: apostolo è sinonimo di "teste della r. di Gesù" (At. 1, 22; 3, l5); e S. Luca sintetizza la loro predicazione in tale testimonianza (At. 4, 33: con grande potenza rendevano testimonianza della r. del Signore Gesù). Il diacono Filippo dimostra realizzata nel Cristo la profezia d'Isaia (53, 7 s.: morte e r.; v. Servo di Iahweh). Per ben tre volte gli Atti attestano l'apparizione del Risorto a Saulo- Paolo (9, 1-9; 22, 6.10; 26, 19.18; cf. I Cor 15, 8); e il persecutore diviene apostolo, entra cioè tra i testimoni della r. di Gesù (cf. I Cor 9, 1; Gal. 1, 12.16); rispecchiando fedelmente la catechesi primitiva (At. 13, 23, 39; con lo stesso argomento dal Ps. 16, 10); cf. At. 17, 31; 26, 22 s. La r. restituisce Gesù «nella potenza che gli compete quale Figlio di Dio» (Rom. 1, 4; Phil. 2, 9 ss.); con la morte, la r. è causa della nostra giustificazione (Rom. 4, 25; 2Cor. 5, 14); il battesimo, che ci incorpora al Signore, ci fa rivivere la sua morte e la sua r. (Rom. 6, 4; Col. 2, 12; cf. Eph. 1, 20 ss.; 2, 5 s.); la "potenza della r," è sostegno di tutta la vita cristiana (Phil. 3, 10 s.); la r. di Gesù è causa efficiente ed esemplare della nostra r. corporale (I Ts. 4, 14.17; I Cor. 15; Rom. 8, 12-39). La r. del Cristo è insieme dimostrazione ed effetto della sua natura divina (Io. 1, 1-14; Hebr. 1). «Se morte e r. si potessero separare, si dovrebbe dire che in S. Paolo l'evento centrale è la r. del Cristo, o, in termini più psicologici, la certezza acquisita a Damasco che il Cristo è vivente. Da qui è illuminata la croce; senza il vivente la croce sarebbe uno scandalo, dal fatto che il Cristo è risorto, la croce si drizza nell'aurora luminosa della trasfigurazione» (Deismann, W. T, Hann). La testimonianza di s. Paolo, persecutore accanito, trasformato in apostolo ardente dall'apparizione potente del Cristo Risorto, ha lo stesso valore dei fatti evangelici; è inutile e puerile ogni contorcimento per sminuirla; non le si può resistere (cf. At. 9, 5). «È meglio - scrive lealmente M. Goguel (Introd. N. T. IV, 1925, p. 207) - confessare la nostra ignoranza (volendo negare il soprannaturale) che tentare dissimularla dietro costruzioni arbitrarie. La conversione è stata per Paolo una rivelazione del Figlio di Dio: ha veduto il Cristo vivente e glorioso; questa è la sua esperienza essenziale. Il Cristo gli apparve in condizioni tali che lo resero sicuro che egli era vivo e glorificato». Per le lettere cattoliche, cf. I Pt. 1, 3, 21; 3, 21 s.; 4, 5 s.; 2Pt. 1, 1.16.19; la r. di G. è supposta dappertutto in Iac.; I-II-III Io.; Iud. (cf. De Ambroggi, Le epistole cattoliche, 2a ed., 1949, pp. 21.94 s. 217.297). Tutta l'Apocalisse (v.) descrive la vittoria perenne del Cristo risorto, nella chiesa militante e trionfante.

BIBL. - L. DE GRANOMAISON, Jésus-Christ, II, 3a ed., Parigi 1928, pp. 369-446, 464- 532: J. BONSIRVEN, Il Vangelo di Paolo, Roma 1951, pp. 171 ss.; ID., Les enseignements de Jésus-Christ, 8a ed., Parigi 1950, pp. 215-34: ID., Teologia del N. T. (trad. it.), Torino 1952, pp. 136-39. 183 ss. 229.: F. M. BRAUN, Storia e critica (trad. it.), Firenze 1950, pp. 177-299.

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