ARMENA (VERSIONE) - ARONNE - DIZIONARIO BIBLICO

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ARMENA (VERSIONE) - ARONNE
ARMENA (VERSIONE)
È l'opera più rappresentativa della primitiva letteratura armena, nata nel sec. v, quando invalse l'alfabeto a. ideato dal santo monaco e dottore Mesrop, al posto del siriaco e del greco. Eseguita dal patriarca Isacco il Grande (390-440) e da Mesrop su codici greci costantinopolitani, è trasmessa da codici non anteriori al sec. XIII, eccettuati i codici evangelici rimontanti all'887. La versione del V. T. segue la recensione esaplare origeniana dei LXX; quella invece del N. T. riflette la recensione cesareense. L'indole della lingua, uguale se non superiore al greco nella finezza, permise di riprodurre l'originale greco con eleganza stilistica e fedeltà scrupolosa. L'edizione completa fu curata da I. Zoharab (Venezia 1805) con l'indicazione delle varianti testuali sotto ogni pagina. Edizioni dei vangeli: Évangile traduit en langue arménienne ancienne et écrit en l'an 887, Mosca 1890 (ed. fototipica); F. Macler, L'évangile arménien, Parigi 1920 (ed. fototipica cod. Etchmiadzin 229).
[A. R.]

BIBL. - ST. LYONNET, Les versions arménienne et géorgienne, in M. LAGRANGE, Critique textuelle (Parigi 1935), pp. 342-75; 454-60; 525-8; 622-5; ID., Les origines de la version arménienne et le Diatessaron, Roma 1950.

ARONNE
Primo sommo sacerdote ebraico; della tribù di Levi e padre di Nadab, Abiu, Elezaro, Ithamar (Ex. 6, 29-23). Fratello di Mosè, cui fu assegnato da Dio come portavoce nella missione presso il Faraone (ivi, 7, 1). Aveva 83 anni quando si presentò a competere con i maghi egiziani con la sua verga, dopo che era fallito il suo primo tentativo di persuadere il Faraone perché lasciasse partire gli Ebrei dall'Egitto (ivi, 5, 1 ss.; 7, 7). Gettata per terra, la verga si trasformò in serpente; i maghi imitarono con i loro trucchi il prodigio, ma i loro serpenti furono divorati da quello di A. (ivi, 7, 8-12). Per ordine di Mosè, A. produsse i prodigi delle prime tre piaghe e cooperò insieme al fratello per la sesta piaga, quella delle ulceri (ivi, 7, 14 ss.). Di solito egli agiva come intermediario del fratello; ma talvolta (ivi 9, 8; 12, l, 28, 43, 50) riceve insieme a lui direttamente Dio le varie disposizioni; per questo talvolta (Ps. 72, 21) la liberazione dall'Egitto è ascritta anche a tutti e due. Durante la marcia attraverso il deserto di Sin, A. è accusato al pari di Mosè come responsabile delle difficoltà, in cui si trova il popolo (Ex. 16, 1 ss.). Avvenuto il miracolo della manna, A. ne raccolse un gomor, che depose nel Tabernacolo (ivi, 16, 33 s.); è il primo indice della sua missione sacerdotale. Al Sinai, A. fu designato a salire con Mosè sul monte, ma con l'obbligo di rimanere lontano dal luogo della visione (ivi, 19, 24; 24, 1 s.). Tuttavia poté contemplare la gloria di Dio (ivi, 24, 10). Insieme ad Hur, fu a capo del popolo per tutto il tempo che Mosè rimase sul Sinai (ivi 24, 14). Egli ebbe la debolezza di acconsentire al desiderio della moltitudine di farsi un'immagine di Dio: è il famoso vitello d'oro (ivi 32, 1 ss.). Non si trattò di peccato d'idolatria, poiché il popolo intendeva venerare, in quel simbolo, il vero Dio (cf. ivi, 32, 5), ma piuttosto della violazione del comando che interdiceva ogni rappresentazione della divinità (ivi, 20, 4 s.). Quale castigo Dio fece sterminare un numero elevato di Israeliti (ivi, 32, 28: 3.000 secondo il testo ebraico). A. (già designato al sommo sacerdozio: Ex. 28, 1 ss.; Hebr. 5, 4), aspramente rimproverato, fu però risparmiato da Dio per la preghiera di Mosè (Deut. 9, 20). La consacrazione al sacerdozio di A. e dei suoi figli avvenne con grande solennità (Lev. 8, l ss.), secondo il minuzioso cerimoniale dato da Dio a Mosè (Ex. 28-29; 40, 13 ss.); alla fine del rito apparve la "gloria" divina e una fiamma, che consumò l'olocausto (Lev. 9, 23 s.); segno manifesto del gradimento da parte dell'Altissimo. Dopo la narrazione del tremendo castigo inflitto ai primi due figli di A., Nadab e Abiu, per aver abusato del loro potere, offrendo del "fuoco estraneo" (ivi, 10, l ss.), il Levitico enumera particolareggiatamente i diritti e i doveri sacerdotali, quasi sempre dirigendosi ad A.; ma è evidente che si tratta non della sua persona, bensì della legislazione sul sacerdozio (v.) in genere. Anche come sommo sacerdote A. rimase sempre in secondo ordine rispetto a Mosè. Si lascia influenzare dalle critiche della sorella Maria contro Mosè e ne è ripreso da Dio (Num. 12, 1 ss.). Dio stesso difese la legittimità del suo sacerdozio contro i tentativi di insubordinazione di Core e dei suoi aderenti, distruggendo gli oppositori (ivi, 16, l ss.) e mostrando col miracolo della verga di A. che solo questi era l'eletto della tribù di Levi per esercitare il culto in Israele (ivi, 17, l ss.). Per aver dubitato insieme a Mosè circa la possibilità di un intervento divino per fornire miracolosamente l'acqua al popolo (ivi, 20, 7 ss.) fu punito da Dio con l'esclusione dalla Terra Promessa. Salito sul monte Hor, nei pressi di Cades, appartenente al massiccio chiamato Moseroth (Deut. 10, 6), dopo che Mosè l'ebbe spogliato dei paramenti rivestendone il figlio Eleazaro, A. morì. Tutto il popolo ne portò il lutto per trenta giorni (Num. 20, 29). A., giudicato molto grande e simile a Mosè (Eccli. 45, 6 ss.), rimase nella tradizione quale prototipo dei sacerdoti. Il suo nome talvolta (Ps. 133, 2) si usa metaforicamente per indicare il sommo sacerdote. Nella lettera agli Ebrei è ricordato spesso quando si descrive il sommo sacerdozio di Cristo, che abrogò quello dell'antica Legge legato alla famiglia di A. (Hebr. 7, 11-21).
[A. P.]

BIBL. - A. MÉDEBIELLE, Epitre aux Hébreux (La Ste Bible, ed. Pirot, 12), Parigi 1938, pp. 310. 323 s. 326. 339; A. CLAMER (ibid. 2), 1940, pp. 82 ss. 248. 368 s.; A. V ACCARI, La S. Bibbia, I, Firenze 1943, pp. 190 ss. 243 s, 246 s. 253 s.

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