APOCRIFI DEL VECCHIO TESTAMENTO - DIZIONARIO BIBLICO

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APOCRIFI DEL VECCHIO TESTAMENTO
APOCRIFI DEL VECCHIO TESTAMENTO

Per i cattolici gli apocrifi sono scritti che, non essendo ispirati, non furono ammessi nel canone dei libri sacri, benché sia per il titolo che per il contenuto ostentassero autorità divina e ispirazione, od anche, una volta, considerati canonici almeno da parte di alcuni scrittori o di qualche chiesa particolare. I protestanti chiamano apocrifi i nostri deutero-canonici (v. canone), e pseudepigrafi i nostri a. Il concetto corrisponde alla denominazione di "libri estranei" (hisonim), usata dagli ebrei, partendo dal II sec. d. C., per i libri fuori del canone palestinese, la cui lettura era stata vietata. Il nome, invece, *** "nascosto, messo in nascondiglio" è uguale a genuzim, "rotoli scartati dalla circolazione e messi in geniza, nascondiglio"; nelle sette religiose e filosofiche dell'antichità, il termine viene conferito agli scritti fondamentali contenenti le dottrine esoteriche. Il processo letterario che consiste nell'attribuire una composizione ad un personaggio biblico, frequente dopo l'esilio (Iob, Cant., Eccle.), diventa comunissimo partendo dal II sec. d. C. Pur non escludendo la probabilità di datare certi scritti all'epoca persiana ed ellenistica, la fioritura di questa letteratura pseudonima abbraccia i due secoli prima e i due dopo C. Il genere letterario prevalente è quello apocalittico. Non mancano però le composizioni con tendenza halachica o giuridica, a scopo di spiegare la Legge mosaica e precisarne le applicazioni; gli scritti haggadici o morali, ad ampliamento pseudostorico delle narrazioni bibliche, che servon di base alle pie esortazioni ossia all'insegnamento e alle speculazioni etiche; le composizioni gnomico-sapienzali; commentari ... È caratteristico poi il miscuglio dei differenti generi in una stessa composizione. Questi libri tradotti dall'ebraico o dall'aramaico in greco, e almeno in parte, accettati dai cristiani, spesso tramite i giudeo-cristiani, giunsero fino a noi nella versione greca e nelle recensioni; latine, etiopiche, siriache, paleoslave ecc. Molti furono ritoccati dai cristiani, anzi rielaborati a fondo, se non addirittura composti integramente e con visibili riferimenti alle tradizioni giudaiche. Si è convenuto di escludere dal corpo degli apocrifi dell'Antico Testamento gli scritti ebraici antichi, come p. es. le parole di Ahiqar (pap. di Elefantina, v sec. a. C.), le opere di Flavio Giuseppe e di Filone Alessandrino; va pure esclusa la letteratura nettamente settaria degli Esseni di Kh Qumran, non però i libri apocrifi senza impronta essena trovati nelle stesse grotte. Gli apocrifi ora delineati, si classificano in Palestinesi (I) e Alessandrini (II), salvo che, per ragioni di comodità, i libri omonimi debbono mettersi insieme.
Libro di Enoch
(il I Enoch, Enoch etiopico), è il più importante e di larga influenza, tipico della teologia giudaica negli ultimi secoli a. C. È diviso, dall'autore stesso, in cinque parti. Nella prima (cc. 1-36), Enoch annunzia il giudizio ultimo, racconta la caduta degli Angeli, descrive due viaggi d'oltre tomba. La seconda (cc. 37-69) in tre magnifiche "parabole" presenta i novissimi: la sorte dei giusti e degli empi, il giudizio messianico realizzato dal Figlio dell'Uomo, la felicità degli eletti. La terza (cc. 72-82) contiene un trattato astronomico. Nella quarta (cc. 83-90) è descritto il diluvio e, sotto i simboli di bestie, la storia del mondo; contenuto analogo offre l’"apocalisse delle settimane" nei cc. 91 e 93. La quinta (cc. 91-105) contiene delle esortazioni ai giusti e delle maledizioni contro gli empi. Vi sono inoltre parecchi passi desunti dal libro di Noè (p. es. c. 106 s.), appena ritoccati. Gli inizi della letteratura enochica risalgono ad epoca antica. La redazione delle parti separate è da mettersi nei due secoli a. C. La rielaborazione superficiale e la compilazione definitiva del "corpus" eterogeneo attuale deve essere attribuita ad un Esseno, forse del I sec. d. C., non escluso però l'ambiente giudeo-cristiano fra le due guerre (70-132). Tra i mss. di Qumran sembra che manchi l'originale del I Enoch, nonostante che siano stati trovati frammenti della parte I e IV; frammenti di un ampio trattato astro. logico, riassunto nella parte III; frammenti delle parabole di Enoch, differenti da quelle della parte II; del libro di Noè (in ebr.; gli altri in aram.). Fino al III sec. d. C. certe parti dell'Enoch, ormai tradotto in greco, circolavano separatamente, specie la parte V sotto il titolo "La lettera di Enoch", conservata nel pap. Chester Beatty-Michigan (ed. C. Bonner, Londra 1937).
Libro dei secreti di Enoch (il II Enoch)
Descrive il viaggio di Enoch attraverso i sette cieli, presentando così un insieme caratteristico delle credenze di un ambiente ebraico della diaspora alessandrina nel I sec. d. C., forse attribuibile ai Terapeuti (v.), fratelli egiziani degli Esseni. Il libro, composto in greco, conosciuto da Origene e dai talmudisti, poi perduto e dimenticato, fu ritrovato alla fine del secolo passato nella versione paleoslava.
Giubilei (Letpogenesis)
Il libro è chiamato così, perché divide la storia del mondo nei periodi di 49 anni; dalla creazione fino alla rivelazione sul M. Sinai si avrebbero 49 giubilei. Sotto la forma delle rivelazioni fatte da Dio a Mosè, contiene la parafrasi della Genesi e dei primi capitoli dell'Esodo. La prima redazione risale forse al III sec. a. C., la definitiva alla metà del II. Lo scritto godeva di grande autorità fra gli Esseni, i quali adoperavano il calendario caratteristico di questo libro. Tra i manoscritti di Qumran si sono trovati finora frammenti dei 4 esemplari dei Giubilei, esibenti un testo ebraico notevolmente identico con quello delle versioni secondarie conservate, l'etiopica e la latina. Ci sono anche i resti di una recensione siriaca (E. Tisserant, in RB, 30 [1921] 55- 86.206-32).
Testamento di Levi
Questo scritto aramaico molto antico, forse dell'epoca persiana, utilizzato nel I Enoch, nei Giubilei e riassunto nel Testamento di Levi dell'a. seguente, non è conservato che nei frammenti della Geniza Cairense (in JQR, 12 [1900] 651-61; 19 [1907] 566-83; R. H. Charles nell'edizione dei Testamenti dei XII Patriarchi, insieme con un frammento greco) e della grotta prima e quarta di Qumran. La parte principale contiene le prescrizioni rituali per il servizio del Tempio.
Testamenti dei XII Patriarchi
Sotto la forma delle ammonizioni impartite dai figli di Giacobbe sul letto di morte, divise schematicamente in tre parti: storia, parenesi, profezia, il libro contiene "summam theologiae moralis" degli ambienti pietistici del giudaismo, quasi all'affacciarsi dell'era cristiana. Le considerazioni etiche sulle virtù e i vizi e le speculazioni dualistiche su due spiriti e due vie sono intrecciate con elementi haggadici (p. es. guerre di patriarchi nel Testamento di Giuda), rituali, polemistici (contro il sacerdozio ufficiale), escatologici (i due Messia, tre o sette cieli). I prototipi di taluni testamenti sono probabilmente assai antichi. Una fase di questa letteratura è fissata da E. J. Bickerman ai primi del II sec. a. C. (in JBL, 69 [1950] 245.60). La compilazione attuale, datata di solito all'inizio del l sec. a. C., risale piuttosto al periodo fra le due guerre giudaiche, poiché sembra che manchino gli esemplari dei Testamenti fra i manoscritti di Qumran. Del testo originale, probabilmente ebraico, si è conservata la versione greca, dalla quale derivano l'armena e la slava.
Salmi di Salomone
Collezione di 18 salmi, redatti in ebraico da uno o più autori d'impronta farisaica, tra gli anni 80 e 40 del I sec. a. C., principalmente sotto l'impressione della presa di Gerusalemme da parte di Pompeo (a. 63). La versione greca si trova nelle edizioni dei LXX; la siriaca nell'edizione di J. R. Harris e A. Mingana, Manchester 1916·1920 (nei manoscritti siriaci vi sono anche le Odi di Salomone, scritto cristianosettario del III sec. d. C.).
Assunzione di Mosè
Prima di morire, Mosè rivela a Giosuè le sorti d'Israele dalla conquista della Palestina fino alla morte d'Erode il Grande (4 a. C.). Non ne resta che la traduzione latina in un manoscritto dell'Ambrosiana. Ascensione d'Isaia. In uno scritto cristiano del III-IV sec. è stata incorporata la narrazione del martirio d'Isaia, d'origine giudaica (I sec. d. C.). Conservato completo nella versione etiopica e frammentario nella greca (pap. Arnherst l) e latina. Vite dei Profeti. I brevi racconti delle vite dei profeti, raccolti dalle tradizioni popolari ebraiche, furono ampliati dai cenni dottrinali ed esegetici negli ambienti giudeo-cristiani verso la fine del I sec. d. C. Del testo greco c'è una recente edizione di C. C. Torrey, Philadelphia 1946.
Antichità Bibliche di Ps.-Filone
Riassunto haggadico dei primi libri della Bibbia, con la storia dei Giudici prolissamente trattata. Furono probabilmente scritte negli ultimi anni del I sec. d. C.; conservate nella versione latina (G. Kisch, Notre Dame, Indiana, 1949). IV Esdra. È forse il più bel libro che la letteratura apocrifa ebrea ci abbia trasmesso. Godette della più grande diffusione nell'Oriente e nell'Occidente cristiano e ricevette, nel corso della sua trasmissione, alcune aggiunte cristiane. L'apocrifo giudeo non comprende che i cc. 3-14 della versione latina (nell'appendice della Volgata), i cc. 1-2 costituendo il V Esdra ed i cc. 15-16 il VI Esdra. Si divide in sette visioni. Con un linguaggio potente l'autore, ebreo ortodosso della scuola moderata, verso l'a. 100 d. C., domanda a Dio le ragioni delle calamità che opprimono il popolo Eletto, discute il problema del male, senza arrivare a delle soluzioni soddisfacenti, contempla l'era escatologica imminente, il Giudizio (pochi salvati), la gloria futura di Gerusalemme. Ne dipendono gli scritti omonimi, cristiani e tardivi, quali L'apocalisse greca di Esdra e La visione dello stesso Esdra. II Baruc (Apocalisse siriaca di Baruc). Senza divisioni nette, il libro tratta gli stessi problemi che il IV d'Esdra, presentando però una escatologia differente e dando una apocalisse originale della storia del mondo (cc. 53.76). Appartenente alla scuola rabbinica più rigorosa, l'autore doveva vivere sotto Traiano o Adriano. Il libro non è conservato che in un unico manoscritto, quello della Peshitto milanese, insieme con il IV Esdra. In parecchi manoscritti, invece, si ritrova La lettera di Baruc alle nove tribù e mezza (cc. 78- 87). Un po' posteriori sono due scritti omonimi: il III Baruc (Apocalisse greca di B.) e il IV Baruc (Resti delle parole di B., Paralipomeni di Geremia). Al II sec. d. C. sembrano pure datarsi Testamento di Giobbe, conservato in greco, e Vita di Adamo ed Eva, in latino, greco, armeno, slavo (pubblicata sotto il titolo erroneo Apocalisse di Mosè). (II) III Esdra. Presenta la traduzione greca di varie sezioni dei libri canonici: Par.-Esd.-Neh. ed in più un punto proprio (cc. 3, 1.5, 6): la disputa di tre guardie del corpo dinanzi a Dario I, la terza disputa è vinta da Zorobabel con l'encomio della Verità-Sapienza. Nei LXX è messo in primo posto come I Esdra, nell'appendice della Volgata come III Esdra. III libro dei Maccabei. Questo romanzo edificante racconta una pretesa persecuzione degli Ebrei alessandrini da parte di Tolomeo IV Filopatore (221-204), conclusa si con un riscatto miracoloso, di cui si fa una commemorazione annuale. Fu composto in Alessandria nel I o nel II sec. d. C. È considerato canonico nella Chiesa greca, siriaca, armena. IV dei Maccabei. Diatriba stoica, scritta sull'apparire dell'era cristiana per dimostrare che "la ragione diretta dalla pietà (***) possiede il potere sovrano sopra le passioni"; dopo le prove teoriche filosofiche, si danno gli esempi storici: Onia e Apollonio, martirio di Eleazaro, martirio dei sette fratelli e della loro madre. Si trova in parecchi manoscritti dei LXX, della Peshitto, della Volgata. Lettera di Aristea. È una apologia del giudaismo, scritta verso l'a. 100 a. C., attribuita ad un pagano, Aristea, ufficiale di Tolomeo II Filadelfo (285-245). Tema centrale è la storia della traduzione greca del Pentateuco fatta dai 72 traduttori verso l'a. 250, alla quale non si può negare un nucleo storico. Oracoli sibillini. Accanto alla vasta letteratura sibillina pagana, circolavano dal II sec. a. C. gli scritti sibillini degli Ebrei alessandrini. Fra i 12 libri superstiti, d'origine giudaica e relativamente immuni delle aggiunte cristiane sono i libri: III (I sec. a. C.), IV (dopo l'a. 79 d. C.), V (sotto M. Aurelio). Negli altri libri, elementi giudaici si mescolano con quelli pagani, cristiani, giudeo-cristiani, gnostici, eretici. Di origine alessandrina è anche La preghiera di Manasse, che si trova nell'appendice della Volgata. Un frammento papiraceo di uno scritto ebreo del I sec. d. C. è stato pubblicato da P. Benoit (in RB, 58 [1951] 549-65). Si notino, infine, gli apocrifi cristiani del III-IV sec., che utilizzano le tradizioni giudaiche: parecchi libri di Adamo e Eva, Apocalisse di Abramo, Testamenti di Abramo, Isacco e Giacobbe, Apocalissi di Elia e di Sofonia, Apocalisse di Sedrach, Apocrifo di Ezechiele, Storia di Giuseppe e Aseneth.
[J. T. M.]

BIBL. - Edizioni dei testi tradotti: E. KAUTZSCH, Die Apokryphen und Pseudepigraphen des A. T., Tubingen 1900 (antiquato); R. H. CHARLES, The Apocrypha and Pseudepigrapha of the O. T., Oxford 1913 (il migliore); P. RIESSLER, Altjudisches Schrijttum ausserhalb der Bibel, Augsburg 1928 (catt., il più completo, poco critico). Introduzioni: J.-B. FREY, nel DBs, I, 354-459; C. C. TORREY, The Apocryphal Literature, New Haven 1945; R. H. PFEIFFER, Il giudaismo nell'epoca neotestamentaria, Roma 1951.

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