LEVITHAN - LEVIRATO - LEVITICO - DIZIONARIO BIBLICO

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LEVITHAN - LEVIRATO - LEVITICO
LEVIATHAN
Mostro acquatico della mitologia ugaritica e babilonese entrato come ornamento letterario anche in alcuni passi poetici della Bibbia. Nei testi di Ras Shamra il L. è presentato come un mostro dalle sette teste, serpente tortuoso e volante, che Anath si vanta davanti a Gapn e Ugar, messaggeri di Ba'al,· d'aver ucciso: esso appare al servizio di Mot, dio degli inferi, nella sua lotta contro Ba'al. In una impressionante descrizione di Giobbe (Iob 40, 20 (25)·41) il nome di L. è dato al coccodrillo, altrove però (Iob 3, 8) lo stesso autore (sempre come abbellimento poetico) chiama L. il mostro marino creduto causa dell'eclissi di sole per aver divorato la luna, e si augura che anche coloro che si ritengono capaci di lottare con quel mostro abbiano orrore della notte della sua nascita... In Ps. 74 (73), 13 s. il prodigioso passaggio aperto da Dio al suo popolo attraverso il Mare Rosso è reso poeticamente nell'immagine di Dio che sfracella il capo di L., che può simboleggiare sia il mare diviso sia la tracotante potenza egiziana. Il L. come personificazione certa dell'Egitto ricorre in Ps. 104 (103), 26; Ez. 29, 3; 32, 2; in Is. 27, l sono invece raffigurate le potenze mesopotamiche: in tutti questi passi dunque il mostro mitico abbattuto da Dio non è che la personificazione poetica delle potenze nemiche del popolo eletto, da Dio sgominate. Le espressioni «L., serpente guizzante» e «L., serpente tortuoso» con le quali si designano le due grandi potenze mesopotamiche, alludono chiaramente ai due fiumi Tigri ed Eufrate, guizzante il primo per le sue cascate e tortuoso il secondo per le numerose anse del suo corso.
[G. D.]

BIBL. - J. B. PRITCHARO, ANET, Ugaritic Miths, Epics and Legends, Princeton 1950, p. 137; P. HEINISCH. Teologia del Vecchio Testamento, Torino 1950, p. 166 s.

LEVIRATO
Dal latino levir (= cognato) così è chiamato l'uso di sposare la vedova del proprio fratello, morto senza figli. Questa consuetudine, riscontrata presso vari popoli primitivi, ha particolare interesse nella legislazione biblica per evitare che una famiglia venisse ad estinguersi; vera iattura, questa, considerata grave castigo (cf. 2Sam 14, 7). In tale caso cessava la proibizione del matrimonio con una cognata (Lev. 18, 16; 20, 21) e si assicurava una successione diretta, facendo sposare il parente più stretto del defunto con la vedova, il cui primo figlio maschio avrebbe assunto il nome del morto, non quello del suo vero padre. La rinuncia a tale diritto era considerato una mancanza di onore ed il dovere morale passava al prossimo fratello o parente ed era accompagnata da azioni simboliche significative: alla presenza degli anziani che prendevano atto della rinuncia, la cognata rifiutata s'avvicinava al parente, gli toglieva il calzare dal piede e gli sputava in faccia, dicendo: Così sarà fatto all'uomo che non vuole edificare la casa del suo fratello. Con un senso di disprezzo la sua casa veniva chiamata la casa dello scalzato (Deut. 25, 5-10). Nel libro di Ruth (4, 7 s.) la disposizione appare applicata con minore accentuazione di biasimo. Non si parla di sputi e l'uomo si cava da sé il calzare; ma non vi è dubbio che il fatto era ritenuto una rinunzia poco onorevole. Dall'episodio di Onan (Gen. 38, 8 ss.) appare chiaro che il l. vigeva già nel periodo patriarcale; mentre dai Vangeli (Mt. 22, 23- 27; Mc. 12, 18-23; Lc. 20, 27-31) risulta che esso persisteva anche al tempo di Gesù. Nella Misnah vi è un trattato particolare (Iebhaméth da iabham = cognato cui incombe il dovere del l.) su tale usanza. In seguito, però, essa scomparve dal giudaismo, almeno in pratica. Fra i Semiti non si conosce l'uso del I. in Babilonia, mentre con norme diverse, ed in genere con obblighi estesi ad un numero maggiore di persone, è documentato nella legislazione hittita e assira. Come un diritto, non un dovere, esso esiste anche fra i Musulmani.
[A. P.]

BIBL. - P. CRUVEILHIER, Le lévirat chez les Hébreux et chez les Assyriens, in RB, 34 (1925) 524-46; J. MITTELMANN, Der altisraelitische Levirat. Eine rechtshistorische Studie, Lipsia 1934.

LEVITICO
Terzo libro del Pentateuco, che ha nome dal contenuto: tratta principalmente dei sacerdoti (tribù di Levi) e dei loro doveri. Gli Ebrei lo denominavano dalla voce iniziale wajjiqra ("e chiamò"). Conclusa l'alleanza, promulgate le leggi, eseguite le disposizioni riguardanti l'erezione del tabernacolo, dall'arca, dei due altari, ecc. (cf. Esodo), il L. dà le leggi per la santificazione degli individui e della nazione, regola il culto, promulga le norme per la classe sacerdotale. Consta di quattro parti principali e di un'appendice.
I. Leggi intorno ai sacrifici (1.7).
Questi son riuniti in cinque categorie. L'olocausto, di bestiame grosso, piccolo ed uccelli (1, 3-17). Sacrificio in cruento (minhah) (2, 1-16). Sacrificio pacifico, di bestiame grosso, pecore e capre (3, 1.16); principio generale sul grasso e sul sangue (3, 17). Sacrificio di purificazione od espiazione, per il sommo sacerdote, per tutto il popolo, per un capo, per un privato cittadino (4, 1-35), casi particolari (5, 1-6) e sacrifici espiatori per i poveri (5, 7.13). Sacrificio di riparazione o di ammenda (5, 14-26: Volg. 5, 14-6, 7). Compiti dei sacerdoti nei precedenti sacrifici e diritti sulle offerte (6, 1-7, 34: Volg. 6, 8-7, 24). Conclusione generale della prima parte (7, 35- 38: Volg. 7, 25-23). II. Consacrazione degli arredi del Santuario e dei sacerdoti (c. 8); inizio del culto da parte di questi (c. 9); Nadab e Abiu puniti per aver usurpato un ufficio sacro (10, 1-7). Ulteriori specificazioni di alcuni doveri sacerdotali (10, 8-20).
III. - Leggi per la mondezza legale (11-16)
Dei cibi; animali (v.) puri e impuri (11). Purificazione della puerpera (12); purificazione della lebbra ed altre malattie della pelle: identificazione del male (13, 1-59), rito di purificazione del lebbroso (14, 1-32) e della sua casa (14, 33-57). Immondezza sessuale e relative purificazioni: per l'uomo (15, 1.18) e per la donna (15, 19-33). Rito per il gran giorno dell'espiazione o purificazione generale del santuario, dei sacerdoti e del popolo (16).
IV - 1) Leggi per la santità 17-23.
Serie di disposizioni così denominate dalla frase spesso ripetuta: «siate santi perché io sono santo, Iahweh vostro Dio». Disposizioni generali per tutti: uccisione di animali, unità del santuario, legge del sangue (17, 1-16); divieti che regolano gli atti sessuali (c. 18); prescrizioni varie: morali, religiose, sociali, culturali (19, 1-37); castighi per i trasgressori delle leggi cultuali (20, 1-7) e di quelle sessuali (20, 8.21); conclusione generale ai cc. 17-20 (20, 22.27). Disposizioni particolari riguardanti i sacerdoti per la loro speciale santità: tutti i sacerdoti (21, 1-9), il sommo sacerdote (21, 10-15); impedimenti al sacerdozio (21, 16-24); santità dei sacerdoti nella consumazione delle sacre oblazioni (22, 1-9) ed esclusione dei laici non appartenenti a famiglia sacerdotale (22, 17-33).
2) Sezioni diverse.
Feste dell'anno e relativi rituali: sabato (23, 1-4), Pasqua e azimi (23, 5 ss.), offerta del primo manipolo (23, 9-14), pentecoste (23, 14.22), capo d'anno e gran giorno dell'espiazione (23, 23-32), tabernacoli (23, 33-36.39-44). Prescrizioni per la fiamma perpetua nel santuario (24, 1-4) e per i pani di presentazione (24, 5-9; v.); pena del bestemmiatore e legge del taglione (24, 10.23). Anno sabatico (25, 1-7) e anno giubilare (25, 8-55). Conclusione finale dell'opera: benedizioni per chi osserva le prescrizioni (26, 1-13), maledizioni per chi le trasgredisce (26, 14-43), trionfo della divina bontà del Dio dell'alleanza (26, 44 ss.). Appendice: voti, tariffe e riscatti per uomini (27, 1-8), animali (27, 9-13), cose (27, 14 s.), campi (27, 16-25); primogeniti (27, 26 s.), voti per interdetto (27, 28 s.), decime (27, 30-34). «La santità anche rituale, inculcata insistentemente ai sacerdoti e al popolo, procede da un motivo, altamente religioso III, 14; 22, 9-16); s'ispira alla santità stessa di Dio, che toglie a modello (19, 2; 20, 8. 24 ecc.). Leggi e prescrizioni han per oggetto la salvaguardia di una vita veramente religiosa (cf. 18, 21; 19, 4. 26 ss. 31 ecc.). E le prescrizioni morali completano e dimostrano tale elevatezza di sentimenti, cf. proibizioni e gravi sanzioni per i peccati contro natura (18); per le ingiustizie contro il prossimo (19); doveri di carità (19, 17 s.; cf. Mc. 12, 31) anche verso lo straniero (Lev. 19, 32 s.» (Spadafora). I moderni esegeti cattolici ritengono l'autenticità mosaica sostanziale del L., non escludendo che alcuni precetti abbiano subito aggiunte o modifiche. «Mosè trovò l'uso dei sacrifici stabilito e radicato presso tutti i popoli. Nelle tavolette di recente scoperte a Ras Shamra (l'antica Ugarit) nella Fenicia settentrionale, anteriori di qualche secolo a Mosè, sono menzionate le medesime specie di sacrifizi, perfino con i medesimi nomi (per l'affinità delle due lingue) che nel Pentateuco; Mosè con le sue leggi non fece che regolare e consacrare al culto del vero Dio un cerimoniale già prima praticato» (A. Vaccari; cf. R. Dussaud, Ras Shamra et l'A.T., Parigi 1936 pp. 109-13), complemento al Decalogo, sostanza dell'alleanza (v.) tra Dio e il popolo. Tra i manoscritti del Mar Morto, scoperti nel 1947, sono 4 frammenti del L. 19, 31-34; 20, 20.23; 21, 14.22; 22, 4 s. scritti nell'antica scrittura di Lachis (sec. VI a. C.) e attribuiti dal VI (A. Neher) al IV sec. a. C. (R. De Vaux); in un testo esattamente uguale al testo masoretico. G. N. Signore abrogò le leggi cerimoniali del Vecchio Testamento. I sacrifici levitici prefigurano l'unico e perfetto sacrificio della Croce (Hebr. 9, 9-10, 10).
[L.M - F.S.]

BIBL. - A. VACCARL La S. Bibbia, I, Firenze 1943, pp. 275-340: A. CLAMER, Le Lévitique (La Ste Bible, ed. Pirot, 2), Parigi 1946, Pp. 7-207; F. SPADAFORA, in Enc. Catt. It., VIII, col. 1235 ss.

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