LACHISH - LADRONI (DUE) - LAMENTAZIONI - DIZIONARIO BIBLICO

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LACHISH - LADRONI (DUE) - LAMENTAZIONI
LACHISH
Ebr. Làkis, acc. La-ki-si). Città della Palestina sud-occidentale a mezzo cammino tra Gerusalemme e Gaza, ritrovata dagli scavi diretti da J. L. Starckey (1932/1938) sul sito di Tell ed-Duweir. Il sito è occupato, prima dell'età del bronzo, da una popolazione di trogloditi. Nel periodo degli Hyksos appare fortificata. Nel bronzo III tre piccoli templi, simili a quelli di Beisàn, sono successivamente edificati; sotto Tuthmosis III, L. è in mano egiziana. Le lettere di el-Amarna attestano che durante i regni di Amenophis III e IV (sec. XIV) L. è ora sotto il controllo egiziano ora si allinea ai Habiru per scuotersi dalla influenza egiziana. La distruzione della città è quasi certamente da connettere con l'incursione degli Israeliti e con l'attacco della città ad opera di Giosuè (Ios. 10, 32). La scoperta di uno scarabeo di Ramses III presso la cittadella spinge ad aggiornare la data della caduta. Nel sec. X, L. è tra le città fortificate da Roboamo (2Par. II, 5-12) e, nel sec. VIII, è spettatrice dell'assassinio di Amasia di Giuda (2Reg. 14, 19 s.; 2Par. 25, 27 s.). Michea (l, 13) nello stesso tempo rimprovera forse pratiche idolatriche agli abitanti di L. Un'altra distruzione, che è archeologica. mente datata intorno al 700, può con ogni probabilità essere connessa con la spedizione di Sennacherib, sebbene II Par. 32, 9 riferisca solo l'assedio di L. da parte del monarca assiro, II Reg. 18, 14 parli semplicemente di messaggeri inviati da Ezechia a L. e Is. 36, 2 ricordi esclusivamente che il re assiro spedisce un suo rappresentante da L. a Gerusalemme. L'assedio e la presa della città sono conservati in un bassorilievo di Sennacherib presso il British Museum. Al tempo di Nabucodonosor L. cade due volte: la prima (579), non riferita direttamente dalla Bibbia, si può dedurre da 2Reg. 24, 2.7.10-17 ed è rivelata dagli scavi: la seconda (588/86) è ricordata da Ier. 34, 7. Dopo l'esilio, gli Ebrei tornano a L. (Neh. 11, 30): gli scavi rivelano una villa dell'epoca persiana sulla sommità del tell (sec. V-IV). L. è famosa soprattutto per le iscrizioni su cocci (ostraka) che si sogliono chiamare "lettere di L.", oltreché per i frammenti di iscrizioni egiziane, cananee sui sigilli, i cui nomi hanno quasi tutti paralleli biblici, per le epigrafi in alfabeto simile al protosinaitico (sec. XVII-XIII), tra le quali quella sulla lama di un pugnale, non posteriore, secondo Starckey, al 1600. Le lettere su cocci di argilla sono 21 e appartengono agli ultimi tempi che precedono la cattura della città da parte dei Babilonesi (588 a. C.). Le dimensioni dei cocci completi variano da un massimo di cm. 20 x 17 a un minimo di cm. 8, 8 X 5, 7. I segni sono stati tracciati con uno stiletto di legno o di giunco (cf. Ier. 8, 8; Ps. 45, 2) e con un inchiostro a base di ferro e di carbone, in scrittura ebraica derivata dalla fenicia, molto simile a quella dell'ostrakon dell'Ophel. I documenti sono contemporanei al papiro di Tell Saqqarah, in aramaico, scoperto a Ermopoli ovest in Egitto. Secondo l'esame della ceramica gli ostraka II, VI, VII, VIII, XVIII proverrebbero da un medesimo corrispondente e sarebbero contemporanei. Le lettere di L. riflettono la critica situazione politica del regno di Giuda nel momento della catastrofe imminente, e confermano mirabilmente alcuni particolari del libro di Geremia. Esse hanno importanza per il fatto che sono le rarissime testimonianze dell'ebraico antico, mostrano in quale maniera sono apparsi alcuni dei libri storici, profetici, sapienziali del Vecchio Testamento, composti o trascritti su papiro o pelle, non su cocci, ma col medesimo stiletto e col medesimo sistema di scrittura. La lingua è esattamente la stessa dei libri scritti prima dell'esilio: ciò prova che da una parte non esisteva una differenza tra il linguaggio parlato e la lingua letteraria e, dall'altra parte, che l'insieme della Bibbia rappresenta il dialetto del territorio di Giuda quale era parlato all'epoca nonarchica. Il. vocabolario degli ostraka contiene una sola parola nuova della Bibbia, alcune parole rare come mas'eth, «la segnalazione luminosa» conosciuta dai Beniaminiti dei testi di Mari e da Ier. 6, 1; Iudic. 20, 38. il nome divino è sempre scritto IHWH come nell'iscrizione di Mesa. Le lettere di L. offrano esempi eccellenti di stile epistolare di cui la Bibbia conserva rari resti: il formulario si avvicina maggiormente alla corrispondenza ufficiale assira del sec. VIII che alle lettere babilonesi o di el-Amarna.
[F. V.]

BIBL. - The Wellcome Arch. Research Exp. to the Near East: Lachish I, Oxford 1938; L. II, 1940; L. III, 1953; A. VACCARI, Le lettere di L. In margine al libro di Geremia, in Biblica 20 (1939) 180-99; R. DUSSAUD, Le prophète Jérémie et les lettres de L., in Syria 19 (1938) 256-71; R. DE VAUX, Les ostraka de L., in RE, 48 (1939) 181-206; M. A. VAN DEN OUDERNRIJN, Les fouilles de L. et l'étude de l'Ancien Testament, Friburgo (Sv.) 1942; H. H. ROWLEY, L. in the pre-exilic age, in The Expository Times. Ott. 1953, p. 10 s.

LADRONI (I DUE)
Appellativo dei due crocifissi con Gesù; son detti ladri *** ( Mt. 27, 38; Mc. 15, 27) e malfattori (*** Lc. 23, 33 s.), all'occasione anche assassini che non rifuggivano dalla rapina a mano armata. Inchiodati quasi certamente secondo la prassi comune, fu loro applicato il crurifragio per affrettarne la morte. Mt. e Mc. servendosi di un «plurale di categoria» attribuiscono gl'insulti contro Gesù ai "ladroni", senza determinare i particolari del fatto. Lc. più accurato e «scriba mansuetudinis Christi» s'indugia nei particolari e sulla conversione di uno dei l., che dopo avere disapprovato il compagno beffeggiatore si raccomanda a Gesù invocandone la partecipazione al Regno e attenendone una promessa superiore all'aspettativa. I vangeli apocrifi forniscono varie notizie sui due l. e attribuiscono loro numerosi nomi, tra i quali i più popolari sono Gestas e Dismas. Quest'ultimo avrebbe beneficato la s. Famiglia durante la fuga in Egitto, ottenendo da Gesù la promessa d'una ricompensa che sarebbe appunto la conversione.

BIBL. - F. PASQUERO, Il buon ladrone la promessa di Gesù, Roma 1947 (con esauriente bibliografia).

LAMENTAZIONI
Cinque elegie sulla distruzione di Gerusalemme (587 a. C.). Dal greco *** (= Lamentazioni); il titolo ebraico è; 'ekhah = "come mai", inizio delle L. Nei Settanta e nella Volgata vengono subito dopo Ier.; nella Bibbia ebraica stanno tra i kethùbhim o scritti e fan parte dei cinque "rotoli" (meghilloth); posto dovuto all'uso liturgico: le L. si leggevano nel 9 di 'abh (luglio), celebrativo della prima distruzione della capitale. Contenuto.
I Lamentazione
È descritto lo stato desolato di Gerusalemme. La città, personificata in una donna, è caduta dalla ricchezza nella più profonda miseria a causa delle sue gravissime colpe. Pentita, implora da Dio pietà.
II Lamentazione
Dio è l'autore di questo castigo. Egli, per punire Gerusalemme, ha agito contro di lei come un nemico. A questa considerazione il poeta manifesta il suo dolore e invoca da Dio, che pure ha operato con giustizia il perdono.
III Lamentazione
Il poeta, parlando generalmente in prima persona, dopo di avere descritto le calamità del popolo, ricordando la bontà di Dio, invita il popolo stesso a ritornare a Lui, ed allora Egli farà giustizia dei nemici.
IV Lamentazione
Nuova descrizione della desolazione di Gerusalemme, che fu motivata, oltre che dai peccati del popolo, anche da quelli dei suoi profeti e sacerdoti. Essi hanno atteso vanamente un aiuto umano dall'Egitto, quando dovevano avere fiducia soltanto in Iahweh. Termina con una rampogna contro gli ostili Edomiti.
V Lamentazione
È un'ardente preghiera in cui parla tutto il popolo, il quale dopo aver confessato le colpe, e descritte le proprie sofferenze, prega ardentemente il Signore affinché desisti dall'ira sua e ritorni amico
Contenuto e forma
Dal contenuto appare lo scopo che è quello di incitare il popolo alla detestazione e penitenza delle proprie colpe, affinché Dio, placato, lo perdoni e lo faccia ritornare libero all'amata Gerusalemme. I carmi sono molto ammirati per la loro bellezza poetica. Composti nel metro qinah (5 accenti con cesura dopo il 30), sono vere elegie. La struttura delle prime quattro è alfabetica, cioè ogni versetto incomincia con una delle 22 lettere dell'alfabeto ebraico; la quinta non è alfabetica, ma ha anch'essa egualmente 22 versetti. La forma alfabetica era un artificio stilistico della poesia ebraica, per facilitare la memoria. Nella II, III, IV si ha l'inversione di duc lettere (Pe prima di 'ain), mentre nella prima si ha l'ordine normale; questa inversione di cui non si conosce il motivo, si trova anche in Prov 31. Fino al sec. XVIII la tradizione giudaica e cristiana furono concordi nell'attribuire le L. a Geremia, che, come sappiamo da n Par. 35, 25, alla morte del pio re Iosia compose un'elegia. Nei tempi moderni, gli acattolici negano a Geremia le L. (Driver, Sellin, Luzzi ecc.). Le difficoltà addotte, linguistiche (alcuni vocaboli mancano in Ier.), storiche (Lam. 4, 17: ma l'autore riporta soltanto le parole degli assediati) e logiche (Lam. 2, 9: ma si tratta dei falsi profeti come al V. 14), non hanno valore determinante (cf. Ricciotti, Wiesmann, in Biblica, 5 [1925] 146-61; e Paffrath). Alcuni autori cattolici sono più riservati per il kklo e 50 carme. Furono composte da Geremia dopo la distruzione di Gerusalemme (587 a. C.). Una tradizione giudaica indica, a nord di Gerusalemme, fuori dalla Porta di Damasco, una grotta, dalla quale si può vedere tutta la città, detta «Grotta di Geremia» dove si dice che egli compose queste elegie; ed allora sarebbero state composte al tempo del governatorato di Godolia, subito dopo la distruzione. Altri però pensano, dato che la loro forma alfabetica deve aver richiesto un lungo lavoro letterario, che siano state composte in Egitto, dove Geremia, suo malgrado, fu trascinato dai fuggiaschi dopo l'uccisione di Godolia. Origene dice che le scrisse stando in Babilonia. Nella Chiesa le L. vengono lette, quasi per intero, nell'Ufficio della settimana Santa (= ufficio delle tenebre, pomeriggio di mercoledì, giovedì e venerdì).
[F. S.]

BIBL. - G. RICCIOTTI. Le Lamentazioni di Geremia. Torino 1924; A. PENNA, Geremia, Torino 1952, pp. 369-421; P. BOCCACCIO - G. BERNARDI, Lamentazioni (testo ebr. e vers. it.), Fano 1952.

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