TABERNACOLO - TABOR - TAGLIONE - TALMUD - DIZIONARIO BIBLICO

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TABERNACOLO - TABOR - TAGLIONE - TALMUD
TABERNACOLO
Santuario portatile degli Ebrei, costruito e utilizzato durante la peregrinazione del deserto e la prima permanenza in Palestina fino alla sostituzione col tempio salomonico. La forma, le misure e gli arredi sono descritti in Ex. 25-31 e 35-40 e dalla tradizione giudaica, dipendente dalla Bibbia e rappresentata da F. Giuseppe (Ant. III, 6), Filone (De vita Mosis III, 145 ss.) e Talmud (Middòth). La denominazione ebraica più frequente è *** "tenda", a cui spesso si aggiungono altre specificazioni, come 'ohel (***) "tenda dell'adunanza", o 'Ohel mo'eduth "tenda della testimonianza"; altre denominazioni sono: miskan, "dimora", qodes "santo", miqdas "santuario", beth Iahweh "casa di Iahweh" ed altre ancora, talvolta accoppiate fra loro. L'insieme del T. era costituito di due parti: un recinto sacro od atrio ed una tenda sacra dentro il recinto. Il recinto, scoperto e rettangolare (ni. 52,50 x 26,25) era delimitato da colonnine in legno (20 sul lato più lungo e 10 su quello più corto) assicurate in basso da zoccoli di bronzo e sorrette da funi che reggevano una cortina alta 5 cubiti e lunga quanto il rispettivo lato, eccetto nel lato orientale dov'era l'entrata di 20 cubiti, provvista di una cortina sollevabile. Dentro al recinto, nello spazio fra l'entrata e la tenda sacra, si trovavano l'altare degli olocausti, dove si bruciavano le carni degli animali immolati e, un po' a lato, una grande conca di bronzo con l'acqua per le abluzioni. La tenda sacra, la vera dimora di Iahweh, era un luogo coperto rettangolare (metri 16,75 x 5,25 x 5,25) con l'entrata ad oriente, protetta da una cortina, con gli altri tre lati costituiti da tavole di acacia incastrate insieme, in numero di 48 (20 rispettivamente per i lati nord e sud e 8 per il lato ovest), rivestite all'interno di oro ed inserite in zoccoli d'argento. Divisa in due parti da un velo ricamato a figurazione di cherubini, la parte più interna (cubiti 10 x 10 x 10), detta "santo dei santi" o "santissimo", includeva l'arca dell'alleanza ch'era una cassetta portatile rettangolare contenente le tavole della legge, e, secondo molti (Heb. 9, 4), il vaso della manna e b verga di Aronne, sul cui coperchio (detto propizia. torio dal rito descritto in Lev. 16, 14·15), protetta da due cherubini (v.), si localizzava la presenza divina. La parte anteriore (cubiti 20x 10 x 10), detta il "santo", conteneva la portatile mensa dei pani (v.) di presentazione o proposizione, presentati a Dio in oblazione permanente e rinnovati ogni settimana; l'altare dei profumi ed il candelabro (v.) d'oro coi 6 bracci muniti di lampade ad olio. Questa impalcatura della tenda era ricoperta totalmente da due ampi tessuti, quello interno di materiale e lavorazione più fini e quello superiore di peli di capra intessuti; al di sopra vi erano altri due copertoni, formati di peli d'animali. Il T. era la tenda abitata da Iahweh, nomade fra i nomadi ebrei, pur essi abitatori di tende (Ex. 25, 8; 2Sam 7, 6; I Par. 17, 5). La trascendenza divina era però conservata con l'unica accessibilità annuale del Sommo Sacerdote nel "santissimo" dov'era presente Iahweh, assiso sul trono costituito dal coperchio dell'arca, velato dalla nube luminosa rivelatrice della divina presenza, ed assistito dai cherubini. Secondariamente, come unico luogo di incontro tra Iahweh ed il popolo ebraico (Ex. 29, 42-45), per la mediazione di Mosè (Ex. 30, 6), (di qui il nome "tenda dell'alleanza ") era il centro sociale e religioso di tutto il popolo e potente legame fra le 12 tribù. La conservazione delle tavole della legge divina nell'arca santa richiamava l'alleanza divina e gl'inerenti impegni (di qui il nome "della testimonianza"). Costruito per ordine di Mosè nel soggiorno al Sinai, con elementi facilmente trasportabili e ritrovabili nella località, fu inaugurato il primo giorno del secondo anno dopo l'esodo degli Ebrei dall'Egitto (Ex. 40, 1 ss.) ed accompagnò sempre gli Ebrei nelle loro peregrinazioni nel deserto, occupando sempre il posto di centro durante le marce e le soste. Dopo la penetrazione degli Ebrei in Palestina, fu impiantato in varie località: a Ghilgal, Silo, Nobe, Gabaon. Costruito il Tempio salomonico, l'arca dell'alleanza passò nel Tempio. ed il resto del T. fu ivi depositato, come cosa sacra fuori uso.
[A. R.]

BIBL. - H. LESÈTRE. in DB, V. coll. 1952-61: W. T. PHYTHIAN-ADAMS, The People and the Presence. Oxford 194;2; .T. MURGENSTERN. The ark, the ephod and the tent of meeting. Cincinnati 1945; F. M. CROSS, The Tabernacle, in. Bibl. Arch., 10 (1947) 45-68.

TABOR
(Ebr. Tabor; greco ***: Os 5, 1, Flavio Giuseppe, Polibio, s. Girolamo; odierno Gebel el-Tor). Monte conico ed isolato, alto ca. 600 m., che domina la pianura di Esdrelon. La sua bella forma arrotondata gli dà un aspetto dolce e maestoso. Servì di confine tra le tribù settentrionali (Ios. 19, 22). Nella benedizione di Mosè (Deut. 33, 19) Zabulon e Neftali offrono "sul monte'" sacrifici di giustizia; forse si tratta del T.; cf. Os 5, 1 dove tale consuetudine verrebbe riprovata. Sulla sommità del T. è convocata dalla profetessa Debora l'armata di Barac, da dove muove impetuosa contro Sisara e i Cananei, lungo la valle del Cison (Iudc. 4, 6. 12.14). Al T., emergente dalla regione circostante, è paragonato Nabucodonosor (Ier. 46, 10). Una tradizione, atte stata primieramente da s. Cirillo di Gerusalemme nel 350 (Cat. 12, 16: PG 33, 744), da s. Epifanio e da s. Girolamo (Epist. 46, 12 e 108, 13: PL 22, 491 e 889) identifica nel T. il monte anonimo della trasfigurazione di Gesù (Mt. 17, 1-13; Mc. 9, 2-14; Lc. 9, 28-36). Un'altra tradizione, poco fondata, identifica nel T. l'altro monte anonimo su cui vengono convocati gli Apostoli per la missione definitiva ed universale (Mt: 28, 16; I Cor 15, 6). Sulle rovine del Santuario, formato da tre basiliche, a ricordo delle tre tende menzionate dai Vangeli, i Francescani eressero nel 1924 una bella Basilica su disegno ed esecuzione di A. Barluzzi.
[A. R.]

BIBL. - P. B. MEISTERMANN. Le Mont Thabor. Parigi 1900; F. M. ABEL. Géographie de la Palestine. I. ivi 1933, PP. 353-57; E. DABROWSKI. La Transfiguration de Jésus. Roma 1939.

TAGLIONE
(Legge del). - La Legge mosaica prescrive la dura legge del t., comune in pressoché tutte le antiche legislazioni semitiche: Ex. 21, 23 ss.; Lev. 24, 17-20; Deut. 19, 21: «Occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, ustione per ustione, ferita per ferita, lividura per lividura». Il codice di Hammurapi più che formularla, come Ex., l'applica (art. 196.197.200 ecc.), e talvolta in modo affatto odioso; essa non rispondeva più alla struttura sociale di quel regno; essa infatti, è il primo passo di una società primitiva e meno differenziata, per limitare il diritto di vendetta, estesa, senza limiti, a tutto il gruppo dell'offensore o del colpevole, da parte del gruppo familiare o tribale dell'offeso o dell'ucciso. La legge del t. è il primo tentativo di pena individuale; questo suo carattere, con una tendenza a una sua applicazione più razionale e umana, è da tutti riconosciuto alla legislazione mosaica. È l'influsso della religione iahwistica. Deut. 24, 16 applica tale principio alla condanna capitale per un israelita che ha meritato la morte; nel caso di Amasia (797-a.C.), che fa morire soltanto gli assassini del padre suo, senza estendere la pena ai loro familiari, come abitualmente si faceva (2Reg. 14, 6), rappresenta l'estensione dell'antico principio ai casi più gravi che finora gli erano sottratti, quale, nel nostro caso, l'uccisione di un re, eccezione contemplata ad es. nell'antico codice hittita (art. 173). L'elevatezza del iahwismo perfezionò i costumi è le leggi ereditate dalla Mesopotamia. Più che principio giuridico, questa dei t. è una mentalità, che troviamo in atto in tutto il Vecchio Testamento; sia contro i nemici d'Israele, sia contro Israele e gli empi e gl'ingiusti (cf; Ps. 137, 9; Is. 13, 16; 14, 22 ecc.; Ez. 16.23 ecc.; Ps. 109 ecc.). Lo stesso pio Geremia, che pure intercede per Giuda, chiede a Iahweh l'applicazione del t. contro i suoi nemici, che ricevano quanto volevano infliggere al profeta (Ier. 11, 20; 15, 15; 17, 13; 13, 21). Ed è indice della sua pietà che si rimetta a Dio; mentre anche il giusto chiede di poter far vendetta egli stesso (Ps. 41, 11). Gesù, nel discorso del Monte, abroga la legge del t., riprova lo spirito di vendetta e di rappresaglia, e stabilisce la legge aurea della carità. Con tre casi paradossali, che non vanno presi alla lettera, insegna ai suoi discepoli, a non rispondere al male col male, ma a vincere col bene il male (Mt. 5, 38-42; Rom. 12, 21 ecc.).
[F. S.]

BIBL. – H. CAZELLES, Études sur le code de l'Alliance. Parigi 1946. p. 151 s.; D. Buzy. S. Matthieu (La Ste Bible, ed. Pirot, 9), ivi 1946, pp. 68-71; P. HEINISCH, Teologia del Vecchio Testamento, Torino 1950, p. 232 s.; F. SPADAFORA, Collettivismo e individualismo nel Vecchio Testamento, Rovigo 1953, pp. 155, 327, 359 s.

TALMUD
È il "corpus" della dottrina giudaica postbiblica, giuridica particolarmente, comprendente la Misna, che è il testo fondamentale, e la Gemara che ne è il commentario. Già sin dai tempi di Esdra si riteneva che la Legge fosse qualcosa di fisso e immutabile e solo alla sua luce si scioglievano i nuovi casi che di mano in mano si presentavano. Ma gl'Israeliti prestavano fede oltre che alla Bibbia anche all'autorità degli anziani, la cui tradizione (cf. per es. Mc. 7, 3), tramandata prima oralmente, fu da Rabbi-Giuda Ha-Nasi' (c. 200 d. C.) raccolta in forma quasi definitiva e legalmente trasmessa (Misna). L'interpretazione dei dottori dimoranti in Palestina e di quelli viventi in Babilonia han dato un duplice T.: Palestinesa o Gerosolimitano e Babilonese. La raccolta e la divulgazione della Misna di R. Giuda Ha-Nasi' non escludono la preesistenza di altri "Trattati". Forse le prime collezioni risalgono ai tempi di Hillel e Shammai (coevi di Cristo) e, più probabilmente, a R. Akaba (+135) il quale già aveva fatto una raccolta delle decisioni dei dottori simile a quella di Giuda Ha-Nasi'. Quest'ultimo volle fare una raccolta definitiva per tutelare l'uniformità della dottrina; costituì in tal modo un "corpus" ufficiale, ultima e definitiva autorità iussiva in materia religiosa e civile. Per eliminare le raccolte non autentiche, egli riportò i canoni della legge e li confermò non solo con la sua autorità, ma aggiunse anche le sentenze di altri dottori spesso alla lettera e con l'autentica del nome dell'autore. Dopo Giuda la Misna subì delle aggiunte. La lingua, in confronto di quella della Bibbia, si accrebbe di locuzioni straniere (aramaica, greca, latina) su sostrato neoebraico. La Misna si divide in "ordini" (sedarim); quindi questi si suddividono in "trattati" (massekheth, pl. massekhtoth); i trattati, a loro volta, in "capitoli" (pereq, pl. peraqim); i capitoli in "paragrafi" (misnah, pl. misnijoth) o, secondo il T. palestinese, in "sentenze" (halakhah, pl. halakhoth), Gli "ordini" sono sei: 1) zera' im (semi): regole riguardanti l'agricoltura; 2) mo'ed (festa) o delle feste; 3) nasim (donne) o del diritto matrimoniale e famigliare; 4) neziqim (danni) o del diritto civile e penale; 5) qodasìm (cose sacre):o delle cose sacre e dei sacrifici; 6) teharoth (purezza) o delle purificazioni. Gli ordini comprendono 63, trattati e 523 (525) capitoli. Gli argomenti si susseguono più per associazione d'idee che per ordine logico. I dottori son detti "Tanna'im". Le discussioni e le dispute sulla Misna fatte nelle scuole palestinesi e babilonesi furono raccolte nella Gemara, che è una specie di protocollo d'élle sentenze che i dottori pronunciavano a conclusione delle discussioni. L'attuale T. "palestinese risale, nella sua parte fondamentale, a R. Iochanan b. Nappacha (+279), nelle aggiunte, ad altri dottori. L'odierna forma forse rimonta al 425 circa d. C. È scritto in lingua aramaica;
[B. N. W.]

BIBL. - Edizioni della Misna: G. SURENHUSIUS. "Mischna sive totius Hebraeorum juris, rituum, antiquitatum ac legum oralium systema cum clarissimis Rabbinorum Maimonides et Bartenorae commentariis integris... latinitate donavit ac notis illustravit Guilielmus Surenhusius. 6 voll. (corrispondenti ciascuno a un "ordine"). Amsterdam 1608-1703; BEER-O. HOLTZMANN, Giessen 1912. Edizioni del Talmud Palestinese: BL. UGOLINI, Thesaurus antimutatum sacrarum, voll. 17, 18. 20. 25. 30. Venezia 1755-1765; M. SCHWAB. Le Talmud de Jérusalem traduit pour la première lois. 11 voll. Paris 1878-1889 (tom. 12, 1890). - Edizioni del Talmud Babilonese: cf. Judisches, Lexicon V, Talmud, coll. 837-38 (solo lo schema); il Talmud bab. contenente particolarmente la Gemara di R. Aschi (+427), fu redatto da Rabina II (499); ma la forma definitiva l'ebbe forse solo nel secolo VI. - Versioni col testo aramaico e traduzione: LAZ. GOLDSCHMIDT, Der Babylanische Targum, 9 voll., 1897-1935: vol. l, 2, 3, 7 (Berlin), 4, 5, 6, 8 (Lipsia), 9 (Den Haag); con la sola versione: M. L. RODKINSON. New Edition of the Babylonian Talmud, vol. 20, Boston 1918; I. EPSTEIN, The Babylonian Talmùd translated in to English…, vol. 34, Londra 1935-1948; A. ROMEO, Il Giudaismo, Fonti, in N. TURCHI, Le religioni nel mondo, Roma 1946, pp. 329 s. 381 ss. (ricca bibl.).

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