PURGATORIO - PURITÀ LEGALE - DIZIONARIO BIBLICO

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PURGATORIO - PURITÀ LEGALE
PURGATORIO
Stato intermedio tra la beatitudine e la pena eterna; e temporaneo, «dove l'umano spirito si purga, (dai residui delle colpe), e di salire al ciel diventa degno». S. Paolo in I Cor 3, 11-15 svolge l'immagine di un edificio in costruzione che denota la Chiesa. I predicatori del Vangelo sono gli operai che, sul fondamento già posto a Corinto da Paolo, vengono a sopraelevare, a continuare il lavoro. La loro opera può esser senza difetti, curata in profondità, come se costruissero con oro, argento, pietre preziose; oppure può frammischiarsi ad essa la vanagloria, la mancanza di disinteresse, altri difetti, come se usassero legno, paglia, fieno. Ogni opera ha il suo collaudo, l'ora della prova; s. Paolo lo chiama «il giorno di Cristo», «il giorno di fuoco», e dice che la prova non tarderà. Il fuoco: sono tutte le attività distruttrici, il cui assalto subirà l'edificio spirituale di Corinto; secondo la disposizione divina. Il fuoco saggerà l'opera di ciascuno: quelli che han ben lavorato vedranno il loro edificio resistere alla bufera, mentre l'opera degli altri andrà dispersa. Orbene «se l'opera che uno ha edificata rimarrà in piedi, egli riceverà la ricompensa; se l'opera sua sarà arsa, egli n'avrà danno; quanto a lui sarà salvo, però, come di mezzo alle fiamme». Il buon predicatore sarà premiato; l'altro invece "avrà danno"; non si tratta di peccato grave, perché "sarà salvo", avrà la vita eterna; ma di colpe veniali, che tuttavia deve espiare: "sarà salvo, ma come attraverso il fuoco": questo fuoco è dunque qualcosa di temporaneo che gli consente d'espiare il suo debito. Le tribolazioni di questa vita entrano senz'altro in tale categoria; ma non sempre ci è dato il tempo di espiare tutto quaggiù; non sempre noi si approfitta di queste tribolazioni. Il predicatore del Vangelo (e ogni cristiano in genere), col peso dovuto alla sua colpa veniale, non è mandato all'inferno: "sarà salvo"; ma non può neppure essere ammesso in cielo, dove non è più possibile espiare; dunque, dalle parole di s. Paolo si deduce chiaramente l'esistenza del p., stato intermedio e temporaneo di espiazione. Questo carattere espiatorio è espresso egualmente con la metafora del fuoco. In Lc. 12, 48 Gesù dice soltanto che nel giudizio ci sarà una gradazione di premi e di pene a misura della responsabilità; non c'è cenno per il p.
[F. S.]

BIBL. - E. E. ALLO, Première épitre aux Corinthien., 2a ed., Parigi 1935, pp. 59 ss. 66 s.; V. JACONO, Le epistole di S. Paolo, Rom., 1-2Cor., Gal., Torino 1951, p, 285 s.

PURITÀ LEGALE
Per l'alleanza (v.) con Iahweh, Israele divenne «sua riserva regale fra tutti i popoli; regno di sacerdoti - dedito cioè al culto esclusivo di Iahweh -; gente santa - tenuta alla santità» (Ex. 19, 5 s.). Quest'ultimo obbligo è spesso inculcato: «Essendo io il Signore Iddio vostro, voi dovete santificarvi per esser santi perché io sono santo» (Lev. 11, 14). Per proteggere, inculcare tale santità e la riverenza dovuta a tutto ciò che è sacro, esclusivamente riservato a Dio nel culto (cf. Lev. 15, 31); per fissar bene i limiti tra sacro e profano; il legislatore immise nella raccolta delle leggi levitiche questo gruppo (Lev. 11-15) di antichissime tradizioni preisraelitiche riguardanti atti o circostanze che da se stessi rendono impuri, cioè impediscono, sotto colpa e pena gravi, la partecipazione al culto, interrompendo così la comunione esterna con Dio; e sancì i relativi riti di purificazione. Non c'è pertanto nessuna confusione tra santità (morale) e p. legale; solo la prima, simboleggiata e sottolineata dalla seconda, era lo scopo principale del legislatore. Concezioni e pratiche affini erano in tutti gli altri popoli semiti, tra gli Egiziani, i Persi, i Greco-Romani (cf. ad es. Plinio, Hist. natur. VII, 13 circa il flusso mestruo) e ancora tra gli Arabi (M. J. Lagrange, Etudes sur les Religions sémitiques, 2a ed., Parigi 1905, pp. 142- 47). Mosè le accolse per l'educazione civile e morale del popolo; essendo conformi all'igiene di quei paesi, e per proscrivere usi idolatrici.
Cause di impurità
Cause di impurità erano:
l. Il cibarsi di alcuni animali, aver contatto con i loro cadaveri; il contatto con qualsiasi cadavere (Lev. 11; v. Animali puri e impuri).
2. Gli atti fisiologici (non colpevoli): (David deve assicurare Ahimelec, per mano giare i pani della presentazione, che egli e i suoi uomini «si sono contenuti dalla donna» I Sam 21, 5 ss.), emissione di seme, polluzione, mestruazione, emorragia patologica (cf. l'emorroissa del vangelo: Mt. 9, 20; Lc. 8, 43) e puerperio. La puerpera era impura per 7 giorni se aveva generato un maschio, 14 se una figlia; non era però ammessa al Tempio prima di 40 giorni o di 80 nel secondo caso. Trascorsi i quali, la puerpera doveva offrire al Tempio, per la sua purificazione, una colomba o una tortora in sacrificio di espiazione e un agnello dell'anno (i poveri lo sostituivano con due colombe: Lc. 2, 24 - purificazione della SS. Vergine) in olocausto (Lev. 12.15). Le contaminazioni più semplici ed abituali che duravano solo fino a sera, si eliminavano lavando le vesti e il corpo.
3. La lebbra umana, nelle diverse forme (Lev. 13, 1-46); quella delle vesti: macchie, muffa, funghi (13, 47-59); quella delle case: parassiti vegetali (14, 33-53) Riti complessi di purificazione (14, 1-32) restituivano il lebbroso alla comunità sociale, e dopo una settimana a quella religiosa. L'usanza farisaica di lavarsi le mani prima di ogni pasto (Mt. 15, 1 ss.; Mc. 7, 1-5) non ha base nella Legge.
I profeti e i sapienti insegnarono che queste prescrizioni e le altre analoghe avevano un significato solo accessorio, rispetto alle leggi morali vere e proprie. I Farisei, invece, al tempo di Nostro Signore, facevano consistere nella loro osservanza materiale l'essenza della vita religiosa (cf. Mt. 15; Mc. 7). Con la nuova economia universale, basata sulla carità, sull'intima unione con Dio (Io. 4, 19-24), queste prescrizioni di p. esterna, materiale, perdettero ogni valore.
[F. S.]

BIBL. - A. CLAMER, La Ste Bible (ed. Pirot, 2), Parigi 1940, pp. 63 s. 89.-121. 345. 677; A. VACCARI. La S. Bibbia, I, Firenze 1943. pp. 296-. 309; E. KALT, Archeologia Biblica, 2a ed., Torino 1944, p. 149 ss.

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