BELIAL - BENEDICTUS - BENIAMINO - DIZIONARIO BIBLICO

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B
BELIAL - BENEDICTUS - BENIAMINO
BELIAL
Nel Vecchio Testamento è solo nome comune = senza (beli) utilità (ja'al), litote per "cattiveria"; qualificativo: "figlio di h." = uomo nocivo, perverso (cf. Deut. 13, 14; 15, 9; 1Sam l, 16; 2, 12; e altrove; F. Zorell, Lexicon hebr., s. v.). Negli apocrifi (Iubil., Hen., Testamento 12 Patriarchi: J. Bonsirven, Le judaisme palest., I, Parigi 1934, p. 244, nota 5), b. diventa un nome del principe dei demoni, e forse dell'anticristo. In 2Cor 6, 15 beliar (pronunzia alessandrina, per b.) è Satana (V. Jacono, Le ep. di s. Paolo. [La Sacra Bibbia], Torino 1951, p. 462),
[F. S.]

BIBL. - A. ROMEO, in Enc. Catt. It., n, col. 177 ss.; P. JOUON, in Biblica, 5 (1924) 178- 83.

BENEDICTUS
È il cantico in parte profetico (Lc. l, 68-79), che Zaccaria pronunziò nel giorno della circoncisione del suo figliolo Giovanni, detto più tardi "il Battista" (Mt. 3, 1); deve il nome, alla prima parola nella versione latina. Giustamente, è detto: "l'ultima profezia del V. e la prima del N. T.". Fin dal tempo di Origene (Hom. X in Lc.: PG 13, 1823), il B. si suole dividere in due parti, nettamente distinte: nella prima, riguardante il Messia (68-75), Zaccaria inneggia a Dio per aver mantenuto la promessa fatta agli antichi padri, mandando sulla terra il Salvatore (cornu salutis = potente salvezza) che avrebbe finalmente liberato il popolo dai nemici, permettendogli, così, di servire Lui, in santità e giustizia, per sempre; nella seconda, riguardante Giovanni (76-79), con apostrofe ispirata, facendo allusione alle parole dell'angelo Gabriele (Lc. l, 13-17), Zaccaria predice ed esalta la missione del suo augusto figlio, che sarà quella di essere il battistrada (Precursore) del Messia, e predisporre gli animi a ricevere la salute messianica. Nella 1.a parte non debbono sfuggire tre verbi, tutti al passato; visitò, fece, eresse che possono spiegarsi, sia perché la Redenzione era praticamente cominciata, in quanto l'Incarnazione era già in atto col consenso di Maria (Lc. l, 38), sia perché nel greco del N. T., per influsso delle lingue semitiche, i tempi dei verbi non conservano lo stesso valore che hanno nel greco classico; potrebbe anche trattarsi di "passati", che gli esegeti chiamano "perfetti profetici". La Volgata ha pure un passato nel visitò del v. 78 (2a parte); il greco, però, nei migliori codici e secondo i più autorevoli critici, ha il futuro (= visiterà) che va mantenuto. Va poi sottolineato il v. 79, il quale, con riferimento ad Is. 9, 2 mette in chiara luce l'universalismo dell'opera messianica, la quale oltre ai Giudei, secondo il giuramento fatto ad Abramo (73-75), s'estenderà anche ai pagani brancolanti nelle tenebre dell'idolatria, e perciò esposti alla morte sempiterna (Eph. 2, 3. 11 ss.). Come in analoghe circostanze, la critica "indipendente" ha tentato gettare il discredito sull'autenticità del nostro cantico, ora affermando che si tratta di «un salmo giudaicocristiano, rielaborato dall'Evangelista e attribuito a Zaccaria» (Holtzmann, Loisy), ora sostenendo che esso «è un residuo dell'innologia della Chiesa primitica» (Harnack). Sono state anche rilevate somiglianze con la preghiera giudaica detta Shemoneh 'esreh (= diciotto [benedizioni]). La somiglianza con i Salmi ebraici e con la preghiera giudaica citata, non deve far meraviglia quando si riflette che l'autore del B. è esso stesso un ebreo, e per giunta un sacerdote (Lc. l, 5) che ha talmente familiare i Salmi, i Profeti e tutte le formule liturgiche del Tempio, che volendo comporre (non necessariamente improvvisare) un, cantico, come per istinto, sente che i testi sacri e liturgici s'affollano sulle sue labbra, per dare forma concreta ai sentimenti dell'animo. Come ha notato il P. Lagrange, l'alta antichità del B. si può anche desumere dal modo con cui è trattato il Messia; chi p. es. avesse scritto dopo la Risurrezione, soprattutto dopo la diffusione del cristianesimo, difficilmente avrebbe resistito alla tentazione di mettere in chiara luce la divinità, l'opera redentrice, il sacrificio di Gesù, come è facile vedere nei discorsi degli Atti e nelle Epistole di S. Paolo.
[B. P.]

BIBL. - L. PIROT. Benedictus, in DBs, I, 956-62; L. C. FILLION, Vita di N. S. G. C., trad. ital., I, Torino-Roma 1934, pp. 482 s. 486; M. J. LAGRANGE, Ev. sel. St. Luc. Parigi 1927, pp. 58-63; F. CABROL. Cantiques évangéliques, in DACL, II, coll. 1994 ss.

BENIAMINO
Ultimo figlio di Giacobbe che gli mutò in B. «figlio della destra», auspicio di felicità (destra = prosperità), il nome Ren-'oni «figlio del mio dolore» datogli da Rachele morente, nel darlo alla luce (Gen. 35, 16 ss.). Fu il prediletto, specialmente dopo la sorte toccata a Giuseppe (cf. Gen. 42-45). Per il numero e il nome dei discendenti di B. cf. Gen. 46, 21; Num. 26, 38 ss.; I Par. 7, 6-11; 8, 1-5; le divergenze che si notano tra i passi cit. e tra il testo masoretico e la versione dei Settanta, provengono sia dalla differenza delle fonti, dalle quali son prese queste liste genealogiche, sia da errori di copisti così frequenti nella trascrizione dei nomi propri, sia dalla confusione tra figli e nipoti per l'inversione dei nomi di alcuni di essi. Inoltre si ritiene generalmente che la lista genealogica ai I Par. 7 dia, a differenza delle altre, la situazione della famiglia di B. a un'epoca più recente (A. Clamer). Appena dopo l'esodo dall'Egitto, la tribù di B. contava 35.400 membri; nelle steppe di Moab, dopo ca. 38 anni, 43.700 (Num. 1, 36,; 26, 41). È la più piccola delle dodici tribù; Num. 2, 18-24, nella guerra, l'associa a Efraim e Manasse. In Canaan ebbe in sorte il territorio tra Efraim a nord, Giuda a sud, e tra Dan e il Giordano. Regione montana, adatta alla difesa; con pianure fertilissime, celebre quella di Gerico. Sue città principali: Bethel, Gabaon, Gerico e soprattutto Gerusalemme (Ios. 18, 11-28). È celebrata per il suo ardore bellicoso nella benedizione di Giacobbe che la paragona a un lupo rapace (Gen. 49, 27). Per l'atto brutale di un abitante di Gabaa su la moglie di un levita, le tribù d'Israele attaccarono, decimandola, la tribù di B., solidale con i colpevoli. I ca. 600 beniaminiti superstiti, con matrimoni fatti a Iabes (400 fanciulle risparmiate nella strage) e a Silo (fanciulle rapite durante una solennità), poterono far risorgere la loro tribù (Iudc. 19-20), che al tempo di Samuele ritorna all'antica potenza. Aod, che libera Gerico dall'oppressione di Moab, è beniaminita. B. partecipa alla battaglia decisiva contro i Cananei del nord (Iudc. 5, 14); dà ad Israele il primo re, Saul (I Sam 9-10) e insorge contro i Filistei; sostiene Isboseth, figlio di Saul, contro David, ma deve alfine cedere il primato alla tribù di Giuda (2Sam 2-5). Alla scissione del regno resta quasi tutta unita a Giuda e alla dinastia davidica (1Reg. 12, 20-23; 2Par. 15, 9 ss.) e le loro vicende storiche finiranno per identificarsi, pur serbando B. la propria individualità (cf. Esd. 2; Neh. 5, 11). S. Paolo è della tribù di B. (Rom. 11, 1; Phil. 3, 5) Nelle lettere di Mari (e nei testi di Ras Shamra: De Langhe, II, 283.-299) con i Habiru, Rabbu, sono ricordati i Bene-ja-mi·na e i Bene-si-im-ma-al (al tempo dei re Zimrilim e Hammurapi). Questi ultimi sono gli abitanti del regno di Sam'al, al nord, i Bene-ja-mi-na sono "i figli del sud" (a destra, guardando il sole) in opposizione ai precedenti. Essi nulla hanno a che vedere con i Beniaminiti della Bibbia.

BIBL. - L. DESNOYERS, Hist. du peuple hébreu, I. Parigi 1921, pp. 111-16. 133 5S.; II, 1930, pp. 145-48. 152 Ss.; F. M. ABEL, Géographie de la Palestine, II, 2a ed., ivi 1938, pp. 53 s. 80-83; A. PORL, in Biblica, 20 (1939) 200; A. CLAMER, Nombres (La Ste Bible, ed. Pirot, 2), Parigi 1940, p. 414 s.

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