MARTA DI BETANIA - MARTIRIO - MASFA - DIZIONARIO BIBLICO

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MARTA DI BETANIA - MARTIRIO - MASFA
MARTA DI BETANIA
Sorella di Maria e di Lazzaro, di Bethania, villaggio a circa 3 km. da Gerusalemme. Il nome è una semplice trascrizione dell'aramaico (marta' = signora) e non ricorre mai nel V. T., mentre è comunissimo nella letteratura talmudica, e frequente nelle iscrizioni funerarie del Cimitero di Bethania. M. comparisce la prima volta nel Vangelo (Lc. 10, 38-42) in occasione di una visita fatta da Gesù alla sua abitazione; ci vien presentata come la massaia di casa, tutta preoccupata di fare degna accoglienza all'ospite divino, mentre Maria se ne sta ai piedi del Salvatore ad ascoltare la sua parola. Con molta ingenuità, M. muove per questo un rimprovero alla sorella, credendo che il Signore sia del suo stesso avviso. Il divino Maestro le rispose amabilmente: «M., M. ti preoccupi e ti agiti per molte cose, mentre di poche c'è bisogno, anzi di una sola; Maria ha scelto la porzione migliore, che non le sarà tolta» (Lc. 10, 42, sec. il greco). Da tempo antichissimo, molti Padri (s. Basilio, PG 31, 1325; s. Agostino, PL 38, 615-617; s. Gregorio M., PL 76, 953) e scrittori di ascetica, in M. vedono rappresentato il tipo della vita attiva e in Maria quella della vita contemplativa. Incisivo s. Agostino, rivolto a M.: «Non tu malam elegisti, sed illa meliorem!». La troviamo poi presente alla risurrezione di Lazzaro (Io. 11, 20-40), e in questa occasione, mentre implicitamente domanda il miracolo, fa dinanzi a Gesù una stupenda triplice professione di fede: nella onnipotenza supplichevole del Salvatore (v. 22), nella futura risurrezione dei morti (v. 24), e nella divinità del Messia (v. 27; cf. Mt. 16, 16; lo. 6, 69-70). L'ultima volta, M. è menzionata a proposito di un banchetto al quale erano presenti Gesù, e Lazzaro da poco risuscitato (Io. 12, 1-8). Anche qui, nella sua inconfondibile caratteristica, è tutta affaccendata a servire (v. 2), segno evidente che Gesù non aveva ripreso che quanto c'era d'eccessivo e d'esclusivo nella sua attività esteriore. Della fine di M. non abbiamo alcuna notizia; abbondano, invece, sulle due sorelle, molte leggende. La Chiesa venera M. col titolo di santa, e il Martirologio Romano ne fissa la festa al 29 luglio.
[B. P.]

BIBL. - L. C. FILLION, Vita di N. S. G. C. trad. ital. II. Torino-Roma 1934. pp. 29-31. 157-172. 186-190; L. DUCHESNE. Fastes épiscopaux de l'ancienne Gaule, I, Parigi 1907. pp. 321-359.

MARTIRIO
Il termine m. (***) e derivati significano "testimonianza", e nel N. T. sono usati principalmente in tal senso, al quale è connesso talvolta secondariamente il senso di sofferenza (cruenta o no) subita a motivo della testimonianza stessa. Si possono distinguere varie testimonianze: 1) quella del Padre, che di fronte alla umanità accredita il Figlio con un'azione interna in ciascun individuo (cioè col dono della fede: Io. 5, 37 s.; 6, 44 ss.) e per mezzo di Lui (Io. 5, 36; 14, 10 ecc.); anche lo Spirito Santo, i Profeti e le Scritture in genere, in particolare il Battista, testimoniano della vita e dottrina di Gesù (Io. 5, 33.39-45; 15, 26; At. 10, 43). 2) quella di Gesù stesso «testimonio fedele e verace» (Ap. 3, 14), a riguardo del Padre e della dottrina sua, resa con la predicazione e i miracoli davanti agli Apostoli, al popolo ed alle autorità giudaiche, al governatore romano (Io. 18, 37; I Tim. 6, 13: qui affiora l'idea di testimonianza data con l'accettazione cosciente della morte violenta); 3) ma soprattutto quella degli Apostoli, espressamente stabiliti da Gesù testimoni qualificati della sua risurrezione e in genere del suo insegnamento, con la prospettiva delle persecuzioni spinte fino alla morte (Mt. 10, 17-31; Le. 24, 46 ss.; Io. 15, 20 ss. 27; At. l, 8; 10, 41 ss. ecc.); essi si mostrano consapevoli di questo loro dovere e lo adempiono coraggiosamente (Io. 19, 35; 21, 24; At. 1, 21 s.; 2, 32; 5, 29-32; 10, 39-42; I lo. 1, 1 ss. ecc.), dando nello stesso tempo a Dio ed a Cristo la "testimonianza" del più grande amore (Io. 15, 13); l'affermazione di questi testimoni diretti ha evidentemente grandissimo valore storico e apologetico. In senso alquanto più ampio son detti "martiri" i personaggi del V. T. che hanno subìto sofferenze per mantenere fede alle promesse divine, lasciando così insigne esempio ai cristiani (Hebr. 11, 1-12, 1); a loro si possono aggiungere gli eroi della fedeltà alla legge divina, come Eleazaro ed i sette fratelli Maccabei con la loro madre (2Mac. 6, 18-31; 7, 1- 41). La "testimonianza" dovrà continuare nella Chiesa fino al suo trionfo finale da parte dei successori degli Apostoli e dei discepoli di Cristo, che devono trasmettere fedelmente la dottrina di Gesù anche se costerà la vita (Ap. 6, 9 ss.; 11, 3-12; 17, 6; 20, 4); è anzi la condizione necessaria per essere "confessati" cioè riconosciuti da Gesù davanti al Padre (Mt. 10, 32).
[L. V.]

BIBL. - E. HOCEDEZ, Le concept de martyr. in NRTh, 55 (1928) 81-99. 198-208; E. B. ALLO, L'Apocalypse, 3a ed., Parigi 1933, pp. 62-5; J. BONSIRVEN, Teologia del N. T., Torino 1952, p. 118 ss.; STRATHMANN, in ThWNT, IV, 477-520.

MASFA
(Ebr. Mispah "vedetta"). - Nome di varie località della Palestina.
1. Mucchio di pietre, a nord del fiume ez-Zerqa (Iabbok), eretto da Giacobbe a testimonio dell'alleanza con Labano, chiamato rispettivamente in aramaico legar-sahaduta' "mucchio della testimonianza" ed in ebraico Gal-ed "mucchio testimonio" o Mispah "vedetta" (Gen. 31, 44-54).
2. Villaggio nel Galaad giordanico (Iudc. 10, 17; 11, 11), identificato probabilmente con M. di Galaad (Iudc. 11, 29) e con Ramoth M. (105. 13, 26), fu residenza del giudice Iefte (Iudc. 11, 34) e quivi sua figlia, inconscia del voto inconsiderato del padre, fu destinata alla morte (Iudc. 11, 34-39). Incerta ne è la localizzazione, posta da alcuni non lontano dal W. Iabis in conformità all'Itinerario di Egeria, che vide la tomba di Iefte a Tisbeh; da altri al Hirbet Gel'ad più a sud.
3. Vallata ai piedi dell'Hermon, detta ano che "terra di M." (Ios. 11, 3-8) dove si completò l'annientamento dei re cananei collegati contro Giosuè. L'identificazione è incerta (Metullah o Qal'at es Subejbeh).
4. Villaggio nella Shefelah giudaica, assegnato alla tribù di Giuda (Ios. 15, 38), è localizzabile a H. es.-Safijjeh a nord-est di Beit Gibrit o a Sufijjeh a 10 km. a nord di Beit Gibrin nel cui territorio (Eleuteropoli) l'Onomasticon stabilisce due località, e s. Girolamo una soltanto.
5. M. di Moab, ipoteticamente localizzata da Musil a Rugm el Mesrefé a ovest-sud-ovest di Madaba, fu il luogo dell'incontro tra il re di Moab e David fuggiasco ed ansioso per l'incolumità dei suoi genitori.
6. Città della tribù di Beniamino, non lontana da Rama (105. 18, 25-26) fu il luogo di raduni degli Ebrei al tempo dei Giudici, dopo l'ignominioso scempio della moglie del levita a Gaba (Iudc. 20, 1-2) e al tempo di Samuele (I Sam 7, 5.14; 10, 17). Fu fortificata dal re Asa contro Israele (1 Reg. 15, 22; 2Par. 16, 6). Scelta a residenza del governatore Godolia, dopo la distruzione di Gerusalemme (2Reg. 25, 23-25), accolse parecchi Giudei, fra cui Geremia (Ier. 40, 6.16; 41, 1-16), prima del massacro che portò i superstiti a fuggire in Egitto. Fu ripopolata da Ebrei dopo l'esilio e concorse alla restaurazione di Gerusalemme (Neh. 3, 7.15.19). Invece che a Nabi Samwil viene localizzata di preferenza nell'attuale Tell en Nasbeh, sulla via Gerusalemme-Nazaret, a 13 km. da Gerusalemme: quivi l'esplorazione archeologica (W. F. Bade: 1927-1932) attesta, in corrispondenza coi dati biblici, una città importante con grande muro di cinta, turrito e rinforzato con terrapieno, abitata dal periodo calcolitico al Bronzo Medio e dal Ferro Primo al Periodo ellenistico. Sono stati trovati nomi biblici ('Ahazjahu, Mattanjahu; la 'aziahu) sui sigilli, come la destinazione le-melekh o jh sui bolli di giarre regali.

BIBL. - F. M. ABEL. Géographie de la Palestine. II. Parigi 1938, pp. 388-391; CH. MAC-COWN - J. C. WAMPLER ed altri, Tell en Nasbeh. I-II New Haven 1947; D. DIRINGER. in BibArch, 12 (949) 70-86.

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