Apologetica - DIZIONARIO DI PASTORALE

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Apologetica

A
di J. J. Tamayo
Il termine apologetica deriva dalla parola greca apologhìa che significa: risposta, giustificazione, rendere conto di qualcosa. Nella terminologia neotestamentaria, venne a significare: rendere ragione della fede, mostrare la legittimità e la coerenza della fede cristiana. Così, leggiamo in 1 Pt 3,15: Siate « pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza ».
Come ha messo bene in evidenza Metz, le due caratteristiche fondamentali dell'apologetica nel contesto neotestamentario sono:
a) la necessità di giustificare praticamente la speranza; di qui, la sua affinità con la sequela;
b) l'orizzonte escatologico‑apocalittico in cui appare.
Si tratta, allora, di un concetto della ragione pratica, poiché la difesa o giustificazione della fede non avviene in un campo puramente teorico o intellettuale, ma in quello della prassi e delle testimonianza. Fu questo l'aspetto che prevalse nei cosiddetti Padri Apologisti, per esempio, in san Giustino che scrisse due apologie sul cristianesimo con l'intento di rendere ragione della fede di fronte ai pagani illustri del suo tempo e le sigillò col martirio.
Nel secolo XVII, sorse la scienza apologetica come sforzo metodico e sistematico per giustificare la fede cristiana. Nel secolo XVIII, i manuali di apologetica s'interessano a difendere la verità della religione cattolica contro i razionalisti e i Riformatori. Questi manuali hanno questa struttura: dimostrazione dell'esistenza di Dio e della religione cristiana; dimostrazione della vera religione; dimostrazione della vera Chiesa. L'apologetica pretese di stabilirsi come scienza oggettiva.
Verso la fine del secolo XVIII e all'interno della tradizione prote‑stante, l'apologetica era la disciplina fondamentale della teologia esegetica il cui obiettivo era quello di presentare la verità del cristianesimo fondandosi sull'autorità della Scrittura. Schleiermacher staccò l'apologetica dalla teologia esegetica e la inserì nella teologia filosofica, assegnandole il compito non di dimostrare la verità o certezza del cristianesimo, ma quello di mostrarne il carattere peculiare.
Nel mondo cattolico, dopo un breve periodo brillante, caratterizzato dall'apertura alla filosofia moderna e alle scienze (scuola di Tubinga), l'apologetica neoscolastica si trasformò in una polemica aggressiva di fronte alla concezione moderna delle scienze, specialmente quelle della natura; ricorse alle tradizioni pre‑moderne e pre‑kantiane e si isolò sempre più dal resto della teologia. Più che dare ragione della fede di fronte alle sfide dell'epoca moderna, l'apologetica pensò ad immunizzarsi contro lo spirito moderno e a rinchiudersi in un ghetto anti‑illuminista, guardando al passato.
Fino alla metà del secolo XX, la disciplina teologica dell'apologetica esercitò una funzione riduttiva: la difesa della propria confessione e visione del mondo contro qualsiasi altra concezione ed il rifiuto aprioristico della posizione contraria. Intesa prevalentemente come polemica, l'apologetica vedeva nell'altro solo un nemico, disattendendo i possibili punti comuni e gli interrogativi legittimi che l'altro poteva porre. Era una apologetica contro, un'apologetica di difesa, esageratamente intellettualista, in cui non era difficile avvertire una ristrettezza sospetta di ideologia e un formalismo nel modo di argomentare.
Questa apologetica fu messa in questione nella sua radice dalla prima teologia dialettica e da teologi cattolici del nostro secolo come Karl Adam e Henri de Lubac. Blondel introdusse un cambiamento significativo col porre l'accento sull'elemento soggettivo.
Oggi, l'apologetica è intesa come teologia fondamentale. Ciò significa abbandonare la strada della polemica aggressiva e entrare nel campo del fondamento della fede, dell'analisi dei suoi presupposti e delle condizioni che la rendono possibile.
Più che interrogarsi sul problema della verità della rivelazione, della religione cristiana e della Chiesa, partendo da un'ottica oggettivista ed intellettualista, la teologia fondamentale focalizza oggi la sua attenzione sul senso e sulla vitalità della fede in Gesù, in un atteggiamento di dialogo coi nuovi orizzonti filosofici e culturali, soprattutto con quanti si mostrano più critici verso il cristianesimo. Ciò comporta la rinuncia all'arroganza e all'aggressività dell'apologetica neoscolastica per seguire un movimento di andata e ritorno: dare e ricevere, ascoltare e interrogare. Solo con questo sistema dialogico, risulta pienamente legittimo sia il confronto che la difesa della fede.
La teologia fondamentale deve confrontarsi, a sua volta, nell'orizzonte della ragione pratica come teologia della testimonianza, della prassi e della speranza creativa. Questo aspetto, però, è ancora trascurato.

Bibliografia
Caviglia G., Le ragioni della speranza cristiana, Elle Di Ci, Leumann (Torino), 1981. Fisichella R. (ed.), Gesù Rivelatore. Teologia fondamentale, Ed. Piemme, Casale M., 1988. Fries H., Teologia fondamentale, Ed. Queriniana, Brescia, 1987. Latourelle R., « Teologia fondamentale », in: Dizionario di teologia fondamentale, Ed. Cittadella, Assisi, 1990, pp. 1248‑1258. Latourelle R. ‑ O'Collins G. (edd.), Problemi e prospettive di teologia fondamentale, Ed. Queriniana, Brescia, 1980. Waldenfels H., Teologia fondamentale nel contesto del mondo contemporaneo, Ed. Paoline, Cinisello B., 1987. Rivista « Concilium » 3(1965) e 6(1969).
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