Età adulta - DIZIONARIO DI PASTORALE

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Età adulta

E
di F .J. Calvo
Ci sono molti studi sull'infanzia e sull'adolescenza, e, da qualche tempo, anche sull'anzianità. Però, manchiamo di uno studio sull'età che intercorre tra la gioventù e la vecchiaia. Siccome in queste, ci sono determinati processi di maturazione, si è disposti ad accettare che siano tempi di crisi. Nell'adulto, i conflitti e le crisi avvengono sotto la superficie, a distanza dalla coscienza.
Etimologicamente, adulto è l'uomo che ha cessato di crescere. Essere adulto vuol dire trovarsi in uno stato del proprio essere in cui l'organismo ha raggiunto il suo pieno sviluppo. È caratterizzato da una crescita ormai ultimata e da una specie di maturità e stabilità.
Si è ritenuti adulti a partire dai trent'anni fino al termine dei cinquanta. Questa tappa della vita è stata paragonata alla scalata di una montagna: a trent'anni, si è in piena ascensione; a quaranta, si raggiungono le vette; a cinquanta, comincia la discesa. Questa immagine va intesa in senso relativo, in quanto si riferisce più alla situazione sociale e interiore dell'uomo nell'età adulta che non allo stato corporale le cui vette sono state raggiunte molto tempo prima.
Comprendiamo socialmente nella gioventù anche l'età adulta precoce che va fino ai trent'anni. L'età adulta media (30‑42 anni) costituisce il nucleo della vita; è l'età dell'adulto maturo. Questa età giunge ad una stabilità di tutto ciò che era in fermento. Ha raggiunto molto di anello che aspettava e sognava in gioventù. Ci si rende conto che il passato cresce, mentre il futuro diminuisce. L'adulto ha acquistato una nuova capacità: quella di ricordare. C'è un nuovo atteggiamento rispetto al tempo: lo si apprezza di più e lo si sfrutta intensamente.
L'età adulta tardiva (42‑58 anni) è un'epoca di lenta decadenza biologica. Tra i 45 e i 50 anni, c'è una predisposizione alle crisi di inflessione della vita, in parte somatiche e in parte psicogene. Quando ci si accorge di invecchiare, non è raro il caso che si adottino atteggiamenti sbagliati. Per l'interesse pastorale che queste crisi possono avere, diamo ad esse molta attenzione.
La crisi biologica. Il fattore principale è la cessazione di produzione di ormoni sessuali che esercitavano un influsso decisivo nel regolare i processi corporali. In alcuni, è una cosa più rapida, in altri è più lenta; in alcuni, produce molte molestie, in altri poche. La situazione dell'individuo nella vita e le sue aspettative esercitano un ruolo importante. Una volta, si parlava solo dal climaterio della donna, ma oggi si parla anche di un climaterio maschile, anche se non presenta segni chiari come fa invece la menopausa nella donna.
Le conseguenze dei cambiamenti organici possono essere accresciute da atteggiamenti psicosociali. Il climaterio produce in primo luogo un'ansia di perdita. La donna nota che una parte essenziale della sua vita come donna sembra scomparire. Con la perdita di fascino corporale, teme di perdere attrattiva e di non conservare il marito. La limitazione sociale del ruolo della donna a oggetto sessuale e madre rende più acuta la crisi del climaterio. L'uomo conserva la possibilità della professione e del prestigio sociale, mentre la società gli consente di prendere allora una compagna più giovane. L'uomo teme di perdere la sua potenza. La capacità generativa si conserva fino ad età avanzata, ma il desiderio sessuale e la sua potenza diminuiscono gradatamente.
La crisi professionale. Nell'età media, si suole raggiungere la posizione definitiva in campo professionale. Questa fase è speciale per la padrona di casa. I figli sono ormai cresciuti e lasciano la casa. Come madre, ha partecipato intensamente all'educazione dei figli. Con la loro partenza, si crea non solo un vuoto esterno, ma anche un vuoto interno importante. In molti casi, non è in grado di entrare in una professione. Nella nostra società, ci sono pochi aiuti per risolvere il problema in modo soddisfacente.
Quando uno ha raggiunto la mèta, può calcolare quello che manca ancora alla pensione. La vita non offre ormai nulla di nuovo. La rassegnazione e la stanchezza si stanno impadronendo dell'individuo coi sintomi di fatica, infermità e depressioni. Non c'è più una mèta per cui valga la pena di lottare e di vivere. Non per nulla cresce in questa età il consumo di alcool, di tabacco e di farmaci. Anche il sesso è usato come mezzo per alleviare in qualche modo questo tedio della vita.
Non è raro che in questi anni si effettui un cambiamento di luogo, di posto, perfino di professione, alla ricerca di una soddisfazione migliore e più grande. È l'ultima occasione: più tardi, sarà troppo vecchio. Si preferiscono soprattutto professioni che hanno a che fare con l'uomo; ci si accorge che' tutto sommato, un'attività umana e piena di senso è più piacevole di una posizione per fare soldi.
La crisi della mezza età pone di nuovo la questione dell'identità: Chi sono io? Da dove vengo? Dove vado? Perché vivo? Con chi mi sento unito? Qual è il senso della mia vita? È importante sapere che la crisi della mezza età ha un significato positivo come confronto con la nostra finitezza e la nostra sorte mortale.
E.H. Erikson pone come obiettivo di questa tappa della vita l'integrità dell'Io. È l'accettazione della propria vita come qualcosa che deve essere e che non permette nessuna sostituzione. La mancanza o la perdita di questa integrazione dell'Io si manifesta col timore della morte, col non accettare l'unico ciclo di vita come l'essenziale della vita. La disperazione esprime il sentimento che il tempo che rimane è breve per cercare un'altra vita. Si potrebbe dire che l'integrità è un amore di se stessi che a questo punto non è narcisista.

Bibliografia
Bovone L., Storie di vita composita, Ed. Angeli, Milano, 1984. Bucciarelli C., « Adulto », in: Dizionario di Scienze dell'educazione, Elle Di Ci, LAS, SEI, Torino‑Roma, 1997, pp. 32‑33. Erikson E.H., L'adulto, Armando, Roma, 1981. Idem, I cicli della vita, Armando, Roma, 1984. Miller P.H., Teorie dello sviluppo psicologico, Bologna, 1987.
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