Norma etica - DIZIONARIO DI PASTORALE

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Norma etica

N
di M. García Leyva
Il concetto di norma ha un uso molteplice. Nei manuali tradizionali, si presenta in connessione col fondamento ultimo della moralità. La norma suprema di moralità è Dio stesso; la norma prossima è l'uomo ad immagine e somiglianza di Dio. Questa esigenza normativa ha la sua configurazione e mediazione oggettiva nei precetti e nei divieti della legge morale e si concretizza soggettivamente col giudizio della coscienza. Nella teologia morale del dopo Concilio, le norme morali occupano un posto speciale. I valori e le norme sostituiscono la tematica classica della legge morale. Questo cambiamento tocca questioni fondamentali dell'etica cristiana: il rapporto tra le fonti teologiche e antropologiche, l'uso delle scienze umane, la concezione personalista od essenzialista dell'uomo, la concezione della legge naturale e della specificità dell'etica cristiana, la competenza del magistero nel campo della morale naturale, il problema dell'applicazione della legge universale ai casi concreti, soprattutto in situazioni di conflitto di beni e di valori.
D'altra parte, i contributi delle scienze umane sono stati decisivi per una comprensione migliore del senso e della funzione delle norme. Gli studi realizzati nel campo dell'antropologia culturale e nella sociologia confermano la struttura normativa di tutte le società. Non solo, ma mostrano che si tratta di una caratteristica necessaria per la prassi umana. La convivenza ha bisogno che gli atti siano retti e fissati da modelli assiologici validi e da imperativi vincolanti che garantiscano un comportamento umano. Però, su questo punto, esiste una grande differenza: le norme morali possono essere intese come dati super‑temporali con una validità astratta e assoluta, oppure come frutto di un lungo processo di invenzione, di plasmazione e di evoluzione. Si tratta del problema dell'obbedienza alle norme etiche, ma anche della responsabilità di fronte alla loro configurazione ed evoluzione. La tesi di una morale autonoma si riferisce appunto al carattere creatore e responsabile dell'azione morale.
Da questi presupposti, le norme sono comprese come « direttrici etiche le quali regolano in forma obbligatoria, ma solo generale, l'azione umana concreta ». Le norme sono produzioni dell'uomo, regolatrici delle sue attività di interpretazione, di organizzazione e di strutturazione. La loro funzione « pedagogica » e non la loro validità assoluta ed universale, è ciò che costituisce il loro principale significato.
Supposto il loro carattere vincolante per il comportamento morale, le norme devono essere, in linea di principio, razionali, intelligibili e condizionate. Il fondamento teonomo delle norme o la loro conferma o promulgazione da parte del magistero non invalidano questi princìpi di razionalità e di condizionalità. Tutte le norme etiche le quali si riferiscono al comportamento inter‑umano sono fondate su un giudizio di preferenza, cioè, sulla valutazione dei beni e dei valori.
Si può distinguere tra « norme trascendentali », che regolano la persona‑ soggetto, e le « norme categoriali », che regolano gli atti della persona. Le norme categoriali si dividono in norme categoriali di « bontà morale » (essere giusti) e norme categoriali di « correzione morale » (questo comportamento è giusto). Tutta la discussione sulle norme etiche si concentra esclusivamente sulle norme di « correzione morale ».
È ncessario badare anche alla distinzione tra « norme puramente morali » (norme trascendentali e norme categoriali di bontà morale), con validità assoluta ed universale, e « norme morali miste » (norme categoriali di correzione morale) che non godono di questa validità, in quanto non sono formulate indipendentemente da fatti contingenti. Esistono vari tipi su cui fondare le norme. La filosofia morale studia le teorie intuizioniste, emotiviste, decisioniste, prescrittiviste, ecc. Da parte sua, la teologia morale, partendo da basi filosofiche, privilegia il fondamento teleologico e quello deontologico.
Il « fondamento teleologico » afferma che il giudizio morale di tutte le azioni deve fondarsi esclusivamente sulle sue conseguenze.
Il « fondamento deontologico » sostiene che non tutte le azioni sono definite moralmente unicamente dalle loro conseguenze. I suoi sostenitori pensano che ci siano azioni immorali in se stesse, prescindendo dalle possibili circostanze o conseguenze.
Per situare e comprendere esattamente questa forma di argomentazione o formulazione di norme etiche, occorre tener presente quanto segue: queste norme si riferiscono alla sfera inter‑umana; sono norme categoriali di « correzione morale »; si tratta di « norme morali miste ».
Questa nuova riflessione sulle norme etiche ha riproposto il senso ed il valore di molti princìpi tradizionali della teologia morale (il principio del duplice effetto, ciò che è « intrinsecamente cattivo », il rapporto fine‑mezzi...). Generalmente, il dibattito si è concentrato sulla dimensione assoluta delle norme morali, sul problema dell'utilitarismo e conseguenzialismo, e, nel complesso, sulla dimensione « oggettiva » della moralità.

Bibliografia
Piva P., Teologia morale generale o delle categorie morali fondamentali, Ut unum sint, Roma, 1981. Schüller B., L'uomo veramente uomo. Dimensione teologica dell'etica nella dimensione etica dell'uomo. Edi Oftes, Palermo, 1987. Tettamanzi D., Temi di morale fondamentale, OR, Milano, 1975. Trentin G., « Norma morale », in: Nuovo Dizionario di teologia morale, Ed. Paoline, Cinisello B., pp. 801‑814. Valsecchi A. ‑ Rossi L., La norma morale, Ed. dehoniane, Bologna, 1971.
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