Comunità - DIZIONARIO DI PASTORALE

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Comunità

C
di J. M. Castillo
La Chiesa è essenzialmente comunità. In questo senso, il Concilio Vaticano II dice: « Dio ha convocato tutti coloro che guardano con fede a Gesù, autore della salvezza e principio di unità e di pace, e ne ha costituito la Chiesa, perché sia per tutti e per i singoli sacramento visibile di questa unità salvifica » (LG 9). In questo testo, non c'è la parola comunità, ma è implicita. Si tratta, infatti, della convocazione di tutti i credenti, uniti come un solo popolo, con una stessa fede ed una stessa forma di presenza nel mondo, per essere sacramento di unità tra gli uomini. La comunità è appunto questo.
L'essere comunitario della Chiesa deriva dal messaggio e dall'azione del Gesù storico. Sappiamo, infatti, che la prima cosa che Gesù fece nel suo ministero apostolico fu di riunire una piccola comunità di discepoli che vissero con lui e come lui. Dai membri di questa comunità, Gesù ne scelse dodici che rappresentavano simbolicamente le dodici tribù del popolo d'Israele (Mt 19,28; Ap 21, 14.20). Di qui, l'indole comunitaria dei Dodici. La condizione per essere ammessi in quella comunità fu, fin dall'inizio, la rinuncia al denaro e, in genere, a qualsiasi forma di possedimento (Mt 8,19‑20; Lc 9,59; Mt 19,21), per mettere al posto del progetto di possedere, quello di condividere. Il programma di vita della comunità è il programma delle beatitudini (Mt 5,3‑12; Lc 6,20). L'atteggiamento fondamentale nella comunità è il servizio agli altri fino alla morte (Mt 20,25‑28). In questo modo, Gesù offrì un'alternativa al modello di convivenza e di società in cui viviamo. Di fronte alla convivenza e alla società basate sull'avere, sul potere e sul prestigio, Gesù presenta l'alternativa della comunità cristiana, basata sulla condivisione, sul servizio e sulla solidarietà. Naturalmente, la piccola comunità cristiana non può essere un'alternativa al complesso della società in quanto tale, perché, per questo, manca la mediazione politica. Però, la comunità cristiana deve essere un'alternativa valida ai principi e valori su cui si basa la società ed il sistema vigente.
D'altra parte, il fatto comunitario è fondamentale nella vita della Chiesa primitiva, in maniera tale che lo stesso termine ekklesìa ci rimanda all'idea della comunità riunita in un luogo concreto Così, la Chiesa fu, all'inizio, un complesso di piccole comunità, che si sentivano legate fra di loro dalla stessa fede in Gesù Risorto e dalla presidenza degli apostoli e dagli altri ministeri suscitati dal Signore per la crescita comune dell'unica ekklesìa. La descrizione più idealizzata di ciò che fu la vita di quelle comunità si trova nel libro degli Atti degli Apostoli, dove si legge: « Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno (At 2,44‑45). Luca vuol dire che l'ideale utopistico, che non si riuscì a conseguire tra i Greci, si realizzò nella Chiesa, e proprio nel fatto comunitario.
Tutto ciò viene a significare che la cosa prima e più fondamentale nella Chiesa non è il ministero, ma la comunità. E questo in modo tale che il senso e la ragione d'essere del ministero consiste proprio nell'essere un servizio nella comunità e per la comunità dei credenti. In questo senso, è importante tener presente che gli scritti del NT, ad eccezione delle Lettere Pastorali, sono sempre indirizzati alle comunità, non ai loro dirigenti o ministri. In ultima analisi, si tratta di comprendere che la Chiesa è, prima di tutto e soprattutto, il nuovo Popolo di Dio, la comunità dei salvati (LG 9), la comunità sacerdotale (LG 10‑11), nel cui interno lo Spirito suscita diversi carismi e ministeri (LG 12). Questo avviene in modo che la gerarchia ed il ministero vanno intesi all'interno del dato previo e fondamentale della comunità (LG 18 ss). D'altra parte, però, quando si parla della comunità cristiana, è fondamentale tenere sempre presente che si tratta di una comunità strutturata, cioè, una comunità in cui, per il suo servizio, esiste un ministero stabilito ufficialmente, in armonia col significato dell'apostolicità della Chiesa.
Stando così le cose, sembra di poter trarre questa conclusione: se il ministero è un elemento essenzialmente costitutivo della comunità cristiana, si deduce logicamente che ogni comunità di credenti ha il diritto di avere i ministeri e i ministri che le sono necessari. Perciò, quando una comunità si trova senza ministri, dovrebbe essere designata una persona idonea per esercitare questa funzione. D'altra parte, le autorità ecclesiastiche non dovrebbero, per l'accesso al ministero, porre condizioni che abbiano come conseguenza la carenza oggettiva di ministri in non poche comunità della Chiesa.
Infine, è importante ricordare che la Chiesa raggiunge il suo punto culminante di realizzazione quando si riunisce come comunità per celebrare l'Eucaristia. Avevano ragione i Padri della Chiesa nell'affermare che la Chiesa fa l'Eucaristia, e, a sua volta, l'Eucaristia fa e rifà la Chiesa.
Negli anni successivi al Concilio Vaticano II, si è svegliata nella Chiesa la coscienza comunitaria. Il risultato più importante di questa nuova coscienza è l'ampio movimento delle comunità ecclesiali di base, soprattutto in America Latina e in alcuni paesi d'Europa. Una comunità di base e « un gruppo ecclesiale di adulti credenti in Gesù di Nazaret. Sono limitate quanto a numero di partecipanti, e questo facilita l'esistenza di rapporti interpersonali profondi ed una comunicazione dinamica. Sono relativamente omogenee quanto all'estrazione sociale dei membri (settori popolari, classe media), alle opzioni politiche e alla comprensione emancipatrice del messaggio evangelico. Coltivano un atteggiamento critico di fronte alla Chiesa istituzionale, come anche una comunione dialettica con la gerarchia ecclesiastica. Seguono un processo catecumenale o neo‑ catecumenale di educazione alla fede, di riflessione teologica e di conversione al Dio di Gesù Cristo, Dio dei poveri. Celebrano fraternamente la fede, la speranza e la carità in un clima festoso, con la partecipazione attiva di tutti i membri, in una liturgia densa di nuovi simboli. Praticano corresponsabilmente attraverso i loro membri i differenti ministeri e carismi. Orientano verso l'impegno socio‑politico di carattere liberatore. Vedono la Chiesa come Popolo di Dio in esodo e come comunità profetica. Cercano un'articolazione teologica si collochi tra l'utopia storica di una società uguaglitaria e la speranza escatologica » (J.J. Tamayo). Naturalmente, queste comunità non sono esente da pericoli, come per esempio, una certa forma di settarismo, soprattutto nelle comunità d'Europa.

Bibliografia
Boff L., Ecclesiogenesi. Le comunità di base reinventano la Chiesa, Roma, 1978. Dianich S., « Comunità », in: Nuovo Dizionario di Teologia, Ed. Paoline, Cinisello B., , pp. 148‑165. Segundo J.L., Questa comunità chiamata Chiesa, Ed. Morcelliana, Brescia, 1974. Simons E., « Comunità », in: Sacramentum mundi, 2, Ed. Morcelliana, Brescia, 1974, coll. 511‑515.
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