Creazione - DIZIONARIO DI PASTORALE

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Creazione

C
di J. M. González Ruiz
La creazione, oltre ad essere un dogma fondamentale della fede cristiana, è anche la risposta più ragionevole alla sempiterna domanda: perché esiste l'essere e non il nulla? Ordinariamente, sono state date due risposte estremiste: il dualismo e il panteismo. Il dualismo ammette due fonti di essere: la fonte buona e la fonte cattiva. L'esistenza sarà sempre un conflitto tra il Bene ed il Male, intesi come due fronti di battaglia agguerriti ed autonomi. Il pantesimo intende la realtà come una cosa unica dal cui seno emergono gli esseri, ora in un modo ciclico, ora in una forma evolutiva.
Il dogma creazionista, di fronte al dualismo, significa: tutto ha origine da Dio; in quanto tale, tutto è buono. Di fronte al panteismo, il dogma afferma: Dio trascende infinitamente il mondo; questo possiede una realtà propria, distinta da quella di Dio. La dignità degli esseri mondani è così al riparo sia dal pessimismo dualista che dall'illusorio ottimismo panteista. Contro il panteismo, si respinge la valorizzazione del mondo come bene assoluto. Contro il dualismo, si rifiuta la svalutazione del mondo materiale come male assoluto. In una parola: secondo la fede nella creazione, il mondo è un valore, ma relativo.
L'originalità della fede giudeo‑cristiana si rende evidente quando notiamo che non esiste un termine, fuori dal linguaggio biblico, per esprimere questa realtà. È perché non si tratta soltanto delle origini, ma della natura del reale, della sua essenza ontologica. L'affermazione di fede mette in rilievo che la condizione propria del reale è la sua creaturalità.
Le conseguenze di questa affermazione di fede, sottolinea J.L. Ruiz de la Peña, sono state trascendentali. Così, è pacifico riconoscere un nesso tra la fede nella creazione e la nascita della civiltà tecnicoscientifica. Questa non è sorta nell'area geografica delle grandi culture antiche (India, Cina...) come, in linea di principio, ci si potrebbe aspettare, ma nell'occidente evangelizzato. È stata la fede nella creazione che, opponendosi alla divinizzazione del cosmo (propria delle religioni naturaliste e panteistiche), ha fatto sì che l'uomo perdesse nei riguardi del mondo quel rispetto sacro che gli impediva di manipolarlo e di dominarlo. L'uomo era vissuto in un mondo incantato; aveva sopportato l'attrazione magnetica di forze cosmiche le quali, nella loro grandezza, si rivelavano a lui come teofanie e lo tenevano schiavo. La natura aveva soggiogato l'uomo. La dottrina della creazione rompe questo incanto malsano: la realtà sdivinizzata viene sdemonizzata; il mondo è mondano, non è divino. L'uomo lo può cogliere come maneggiabile e dominabile, non come intangibile e inviolabile.
Però, nell'idea cristiana della creazione, Dio non è soltanto all'inizio, ma anche alla fine. Dio non è solo causa efficiente: è anche la causa finale; è Colui che attrae la creazione e la muove suscitando in essa una dinamica incessante di auto‑trascendimento. Questa visuale della creazione supera i limiti fissisti che una certa lettura del dogma giudeo‑ cristiano aveva messo in contrasto col concetto moderno di evoluzione. Comunque, non si può affermare che evoluzione e creazione siano antagoniste. Nessuno, per esempio, come osserva Brunner, sarà costretto a dichiarare incompatibile l'analisi chimica di una tela dipinta col giudizio estetico del dipinto sulla tela. Ora, come il giudizio estetico non nega l'analisi chimica, così l'affermazione di fede non nega il valore della descrizione scientifica, e questa non può negare legittimamente il valore metafisico di quella. La creazione, scrive Brunner, costituisce il fondo invisibile dell'evoluzione; l'evoluzione appare come il primo piano visibile della creazione.
La grande difficoltà nell'approfondire il dogma della creazione è la libertà di Dio nel creare: Dio ha bisogno di creare altri esseri, dipendenti da lui, per ovviare alla sua solitudine? La risposta cristiana è decisa: in Dio, non c'è solitudine. In Dio, c'è vita: tre persone che comunicano tra di loro, che vivono una vita intensa ed una comunione infinita. E questa triplice personalità non impedisce l'unità e l'unicità di Dio. Per questo, l'atto di creare non è comandato da nessuna necessità vitale di Dio, come accade, invece, nelle teogonie pagane. Giove e Prometeo, il dio e l'uomo della metafisica greca, sono grandezze antinomiche che si affrontano ostilmente. Per Prometeo, il fatto di dipendere da Giove comporta l'alienazione del proprio essere. Il modello biblico del rapporto Dio‑uomo non è affatto così. JHWH non è Giove; non è il dio geloso delle sue prerogative, ma è il Dio dell'alleanza. Adamo non è Prometeo; non è il rivale di Dio, ma la sua immagine. La dipendenza dal Creatore non comporta la schiavitù della creatura, ma la sua liberazione. L'attività della creatura non è un attentato contro l'opera del Creatore, ma è un prolungamento di quest'opera, prevista e voluta dallo stesso Creatore. Immaginare, dunque, la creatività umana come una profilassi contro la creatività divina ha come conseguenza una colossale mistificazione di entrambe.
Il nesso tra il dogma della creazione e la dinamica dell'industria e della tecnica è così stretto, che l'ecologia moderna ritiene il cristianesimo la causa ultima del disastro che minaccia la natura con questo soprannaturale che addirittura innalza l'uomo a « immagine di Dio ». Per questo, alcuni scienziati, come J.W. Forrester, hanno affermato che, dal momento che le radici delle nostre difficoltà sono profondamente religiose (il cristianesimo è giunto a dichiarare esplicitamente che è volontà di Dio che l'uomo sfrutti la natura a suo vantaggio), il rimedio non può essere se non essenzialmente religioso.
Comunque, dobbiamo riconoscere che la teologia è arrivata tardi al nocciolo del problema. Il suo atteggiamento credulone di fronte all'accelerazione del progresso, come se con ciò sacralizzasse il nuovo mostro che dominava la scena del mondo, ha impedito che si facesse un giusto uso dei propri freni comportati dal dogma della creazione. Per questo, molti teologi hanno guardato indietro verso la vecchia Scrittura per riscoprire in essa tracce di questi freni. Così, in Lv 25,2‑5 la prescrizione di non coltivare la terra ogni sette anni rivelerebbe una tecnica di conservazione del suolo. In Es 23,12 gli animali sarebbero esonerati dalla schiavitù imposta ad essi dall'uomo. In Dt 20,19 ss, si imprecherebbe contro le conseguenze della deforestazione. Infine, Os 4,1‑3 anticiperebbe i risultati nefasti del dramma ecologico nella biosfera.
Senza arrivare ad una lettura fondamentalista della Bibbia, bastano questi esempi per capire che la dinamica del progresso non è autonoma, ma va sottoposta a leggi di convivenza e di benestare, superiori a quelle che dominano nell'interiorità del proprio processo. Oggi, gli uomini di scienza sono allarmati per il « boomerang » provocato dai loro « giocattoli » tecnici. Da tutte le parti, si alzano voci che esigono un consenso etico superiore alle ricerche robotiche di una scienza e di una tecnica che si sono rese indipendenti dalla ragione e soprattutto dal cuore umano.
Riflettendo sui primi testi del dogma della creazione, vediamo come il contesto di Gen 1,28 indichi con molta chiarezza che solo Dio è Signore; in quanto tale, ha saldato la creazione sulla base di alcune leggi naturali che sfuggono alla giurisdizione umana e che l'uomo, come il resto delle creature, deve rispettare. Succede invece che l'uomo si atteggia a Dio, cedendo così alla tentazione archetipa, al peccato per antonomasia: quello denunciato dai vecchi testi jahvisti (Gen 2‑3 e 11). È dunque la propria fede nella creazione che, ricordando all'uomo la sovranità assoluta del creatore, pone dei limiti alla signoria umana su queste terra.

Bibliografia
Auer J. ‑ Ratzinger J., Il mondo come creazione, Ed. Cittadella, Assisi, 1977. Colombo G., « Creazione », in: Nuovo Dizionario di Teologia, Ed. Paoline, Cinisello B., , pp. 184‑210. Flick M. ‑ Alszeghy Z., Fondamenti di una antropologia teologica, Ed. Fiorentina, Firenze, 1969. Gozzelino G., Vocazione e destino dell'uomo. Saggio di antropologia teologica fondamentale (protologia), Ed. Elle Di Ci, Leumann (Torino), 1985. Ladaria L.F., Antropologia teologica, Ed. Gregoriana, Roma, 1983. Moltmann J., Dio nella creazione, Ed. Queriniana, Brescia, 1986. Ruiz de la Peña, Teologia della creazione, Ed. Borla, Roma, 1988.
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