In ogni struttura di gruppo, esiste sempre qualche forma di leadership. La sua caratteristica essenziale sta nel fatto che una persona esercita una certa influenza su qualche altra, più comunemente: una o più persone influiscono su un numero maggiore.
Il « leader » è il membro di un gruppo che influisce sulle attività dei membri ed occupa un posto importante nel gruppo quando si tratta di prendere decisioni e di definire gli obiettivi da raggiungere. Egli influisce sul gruppo e nello stesso tempo risponde alle attese del gruppo.
La psicologia sociale al suo inizio, nei primi decenni di questo secolo, ha studiato la « leadership » in rapporto con le attitudini del « leader » ed ha pensato che i « leaders » fossero personalità che spiccano sugli altri membri del gruppo per una serie di caratteristiche fisiche, psichiche e sociali.
Contrariamente alle teorie del « leader » come personalità superiore, si è poi riconosciuta la « leadership » come un fenomeno interno al gruppo in una situazione determinata. Riesce a diventare « leader » colui che per le sue capacità intellettuali, per la sua esperienza, può, all'interno del gruppo, superare meglio una situazione che costituisce per tutti un problema insolubile. Il « leader » viene determinato da un gruppo e da una situazione. Cartwright e Zander diranno che la « leadership » consiste nella realizzazione di quegli atti che devono aiutare il gruppo a conseguire i risultati desiderati.
Krech e Crutchfield hanno elencato quattordici funzioni che il « leader » può compiere: esecutivo, pianificatore, creatore di una politica, esperto, rappresentante esterno del gruppo, controllore dei rapporti interni, fonte di ricompense e di castighi, arbitro e mediatore, esempio, simbolo del gruppo, sostituto delle responsabilità individuali, ideologo, figura paterna, capro espiatorio.
Nella teoria della « leadership » come funzione di gruppo, emergono due punti:
1) qualsiasi membro del gruppo può essere « leader », in quanto può agire per rendere servizio alle funzioni del gruppo;
2) molti comportamenti differenti possono servire per la funzione di « leadership ».
Le teorie recenti sono eclettiche: un « leader » avrà successo soltanto se, oltre alle qualità personali necessarie, coinciderà con una condizione sociale favorevole. Le varianti più importanti per intendere la « leadership » sono:
1) la personalità del « leader »;
2) le necessità, attitudini e problemi dei seguaci;
3) il gruppo nella sua struttura e « personalità » in quanto tale;
4) la situazione di accordo con le circostanze fisiche e col compito del gruppo.
Ci sono due tipi di funzioni nel gruppo: alcune sono orientate verso il compito; le altre, verso la conservazione del gruppo. Ciò dà origine a due tipi di « leadership »: il « leader » socio‑attivo e il « leader » socio‑empatico. Il primo si preoccupa di raggiungere gli obiettivi materiali, stimolando, dirigendo e coordinando il gruppo. Il secondo si preoccupa di creare un clima di gruppo soddisfacente per i rapporti interpersonali dei membri.
Si possono ancora distinguere: i « leaders » autoritari e quelli democratici. Questi ultimi promuovono l'accettazione degli obiettivi da parte del gruppo ed aumentano la coesione nel suo interno. Così, i membri hanno la possibilità di sentirsi soddisfatti. Il « leader » autoritario decide da solo le tattiche del gruppo; lui solo conosce le fasi da attraversare; non permette ai membri di partecipare all'impostazione degli obiettivi comuni.
Non è evidente che ci sia un fattore comune di personalità nei « leaders ». Però, possiamo indicare come favorevoli i seguenti: l'intelligenza, l'adattamento, l'estroversione, l'ascendente. Un altro fattore che favorisce la « leadership » è la somiglianza col gruppo. Il « leader » deve essere uno dei suoi, parlare il suo linguaggio e non essere troppo differente dagli altri. Però, nello stesso tempo, occorre che si distingua dalla massa per essere percepito come « il migliore di noi ».
Bibliografia
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