Credo - DIZIONARIO DI PASTORALE

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Credo

C
di E. Vilanova
Il Credo è un testo che permette ai cristiani di riunirsi come comunità credente. Esso esprime un'esperienza di fede, singolare e alle volte individuale, in una formula comune il cui effetto è la confessione ecclesiale nel mistero di Dio, rivelato da Gesù Cristo, nello Spirito Santo. Il Credo è un testo scritto in prima persona singolare. Però, questa prima persona singolare presuppone una comunità, o meglio, ha sempre una dimensione sociale, come testimoniano le espressioni « Nostro Signore », « la santa Chiesa cattolica », « la comunione dei Santi ». Questo suppone il passaggio da una soggetto singolo ad un soggetto credente. Però, questo soggetto non vive indipendentemente dalla società a cui appartiene e dalla quale impara a recitare il Credo. Così, nel nostro testo, l'individuale ed il sociale sono legati inseparabilmente.
La questione sta nell'intendere il rapporto che esiste tra la fede personale e la fede della comunità in cui il Credo compie, per la sua forza aggregativa, un ruolo istituzionale. Non basta sovrapporre i due aspetti.
Le formule del Credo, soprattutto quelle più antiche, non possono essere ritenute un semplice riassunto delle principali verità che si devono credere nella Chiesa. Questa concezione è dovuta, secondo Henri de Lubac, ad una « supposta etimologia », non sicura: « secondo questa etimologia meno sicura, symbolon, confuso con symbolè, era tradotto in latino con collatio, nel senso di epitome, riassunto ». De Lubac mostra come questa concezione soppiantò a poco a poco il significato originale: « impegno personale e pubblico, vincolo di comunione con tutti i credenti: è questa la duplice realtà significata e realizzata con la confessione di fede nella recita del simbolo ». Di qui, si può concludere che le formule del Credo non si devono ritenere prima di tutto un complesso di conoscenze. Anzi, le comprenderemo meglio se le collocheremo in un ordine pratico, con una dimensione etica e sociale. Prima di essere compendium fidei, sono regula fidei. Questo concetto di regola è sufficiente per vedere che il Credo interessa una comunità che si riunisce in funzione di esso e che lo « comprenderà » dandogli corpo in una pratica che non è frutto del caso.
In questo modo, prima di essere l'adesione ad alcune proposizioni che enunciano alcune credenze, il Credo suppone l'accettazione di un cammino concreto di avvicinamento a Dio. Grazie al dinamismo di una fede personale e comunitaria, il Credo rappresenta un movimento col quale noi ci avviciniamo a Dio per la mediazione storica di Gesù Cristo, presente nella Chiesa mediante il suo Spirito.
Per la loro origine e per il loro uso, i simboli di fede sono in rapporto stretto con la celebrazione liturgica. In concreto, fin dall'inizio, si sentì nella Chiesa la necessità di esigere dai candidati al battesimo una professione di fede, dal contenuto più o meno costante, sia pure variabile nelle sue espressioni. Queste formule di fede battesimali adottarono la struttura trinitaria, proveniente dal comando del Signore in Mt 28,19, prima in forma di domande e risposte, e più tardi, in forma di simbolo spiegato al catecumeno e da lui recitato. Il testo che, a partire dal secolo IV, è stato chiamato simbolo apostolico, è il risultato di una fusione di due confessioni: una trinitaria ed un'altra cristologica. In seguito, il dialogo con gli eretici, per rispondere alle loro teorie, si fece invocando il simbolo battesimale, di modo che la controversia suscitò un uso inedito del Credo: separato dalla fede battesimale, veniva ad essere alla lettera un mezzo per difendere la purezza della fede. Il Credo diventò più un test di ortodossia che una confessione di fede battesimale. Tra questi simboli, quello chiamato niceno‑costantinopolitano (promulgato dal I Concilio di Costantinopoli del 381, e recitato oggi nelle celebrazioni eucaristiche delle domeniche), rappresenta il termine di una evoluzione.
La struttura ternaria del Credo non consiste in una semplice divisione, secondo le tre persone divine, del contenuto concettuale del cristianesimo. È una confessione in cui si articola una parola su Dio e una parola sull'uomo, inseparabilmente.
La dimensione religiosa, cristiana, spirituale, del Credo rende ragione del suo contenuto. È religioso, perché si riferisce a Dio. È cristiano, perché si riferisce a Gesù Cristo. È spirituale, perché si riferisce allo Spirito Santo. Queste tre determinazioni illuminano ognuna delle apposizioni che seguono i termini: Dio, Gesù Cristo, Spirito Santo. Si illuminano anche tra di loro. Ognuno dei termini principali non va inteso in modo isolato: va collocato in un movimento che trasforma tutto l'itinerario credente. Non è possibile parlare di Dio senza parlare del cielo e della terra, creati da Lui: la dimensione « mondo » si fa imprescindibile. Non è possibile parlare di Gesù Cristo senza introdurre nel discorso la dimensione della comunità o società che Egli ha inaugurato con la sua storia singolare. E questa storia singolare non potrebbe essere narrata senza ricorrere alla dimensione del corpo. Così, nel parlare dello Spirito Santo, vediamo che Egli è presente nel mondo, nella comunità, nel corpo. Insomma, la fede in Dio, in Gesù Cristo, nello Spirito Santo, colloca il credente nel mondo, in una comunità, in un corpo.
Quanto più si approfondisce il Credo, e tanto meglio si scopre che tra l'onnipotenza del Padre e la possibilità del Figlio che pure è Signore, c'è lo spazio proprio della Chiesa. Il credente si mette di solito in relazione con Dio in questo spazio, nell'interno di questo mondo creato, in mezzo alla società degli uomini, con il suo corpo. Così, viene definito l'ambito del credente.
In questo ambito, il cristiano adotta un atteggiamento originale. Non può continuare a recitare il Credo senza riconoscersi nel tempo stesso legato con tutti coloro che lo recitano, lo hanno recitato o lo reciteranno in futuro. In questo modo, la sua dipendenza religiosa è inseparabile da una dipendenza fraterna. Ciò è come dire che non si può credere senza amare. Questo amore in cui il credente si impegna, non è una cosa acquisita, ma si trascende continuamente: il futuro è la sua legge. Comprende, dunque, la speranza.

Bibliografia
Donghi A., « Professione di fede », in: Nuovo Dizionario di Liturgia, Ed. Paoline, Roma, 1984. Evely E., Il credo dell'uomo d'oggi, Ed. Cittadella, Assisi, . Groppo G., « Simboli di fede », in: Dizionario di Catechetica, Ed. Elle Di Ci, Leumann (Torino), 1987, pp. 582‑583. Lubac H. De, La fede nel Padre, in Cristo, nello Spirito, Ed. Marietti, Torino, 1970. Hatzinger J., Introduzione al Cristianesimo, Ed. Queriniana, Brescia, 1969.
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