Umiltà - DIZIONARIO DI PASTORALE

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Umiltà

U
di A. Guerra
E' significativa l'insistenza dei più grandi maestri di spirito su questo atteggiamento cristiano. Santa Teresa d'Avila, una di questi grandi maestri, non esita a porre l'umiltà come fondamento dell'orazione e del progresso in questo difficile cammino. Anche sant'Agostino, uomo dalle affermazioni decise, scrisse che « la nostra perfezione è l'umiltà ».
E tuttavia, l'umiltà è anche uno degli atteggiamenti più gravemente esposti alla manipolazione, alla confusione e all'identificazione con altri comportamenti poco nobili. Vale la pena fare un atto di discernimento per avvicinarsi alla vera umiltà.
Santa Teresa d'Avila definisce l'umiltà come un « camminare nella verità » (Seste mansioni, 10, 6‑7). L'umiltà ha un senso dinamico; non è un'idea, ma una vita; è la condizione basilare del cristiano. Andare, come camminare, fa parte dell'universalità dell'attività umana. Si va e si cammina col pensiero, con la parola, col gesto, con l'azione. Andare è un dinamismo fondamentale e particolare; è un camminare in un modo determinato.
Questa forma determinata di camminare è la verità: camminare nella verità. Questa modalità di camminare implica due cose: la prima: muoversi nella verità e dalla verità, che è Dio. Dio sta al sorgere dell'umiltà e la sostenta. La seconda: si può seguire la verità solo dalla nostra verità, da quello che siamo realmente. Chi ignora quello che è, cammina da quello che non è. E quando si entra nella strada del non essere, ogni errore è possibile, anche quelli più impensabili.
« Anime meschine, sotto la sembianza dell'umiltà » : così santa Teresa d'Avila giudicava molte umiltà apparenti. Dicevamo prima che l'umiltà corre il rischio di essere manipolata. La timidezza, la pusillanimità, ecc., sono atteggiamenti che possono cercare di infiltrarsi nella casa dell'umiltà, « sotto la sembianza dell'umiltà ». Una mancanza di discernimento e di fine istinto può portare facilmente a identificazioni sempliciste e distruggenti.
Non è difficile che esistano tergiversazioni del genere. Può sembrare perfino che ci sia per questo una certa base evangelica. La figura evangelica del pubblicano, che, « fermatosi a distanza, non osava alzare nemmeno gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore » (Lc 18,13), può aver favorito una certa tendenza a mistificare l'umiltà e la timidezza.
Intanto, il pubblicano non è un personaggio attraente, ma bisogna superare la prima impressione superficiale, perché il pubblicano non è in realtà una figura sfuggevole e vile: è una forte tempra e ha presenza d'animo, assumendosi le sue responsabilità senza scuse né giustificazioni tanto inutili quanto orgogliose. L'umiltà evangelica si oppone all'insolenza e alla vanità di quanti si sopravalutano e credono che tutti li debbano imitare; è contraria a coloro che cercano i primi posti perché non riescono a pensare che un altro li possa meritare più di loro. I superbi si pavoneggiano, allargano i loro filattèri... (cf Mt 23,5‑7). Sono un disastro per la convivenza con forme spontanee ridicole e oggetto di condanna da parte degli altri.
Santa Teresa d'Avila scrisse: « Occorre che ci studiamo di diportarci sempre con verità. Non dico soltanto che non si debba mentire... ma che camminiamo nella verità innanzi a Dio, e innanzi agli uomini in tutte le circostanze possibili, specialmente col non volere che ci ritengano più di quello che siamo, e con dare a Dio quello che è di Dio e a noi quello che è nostro nelle opere che facciamo » (Castello interiore, Seste mansioni, 10, 6). Camminare nella verità non significa camminare nella timidezza, ma camminare con la consapevolezza di quello che siamo. Siamo poveri e siamo ricchi: nel nostro essere più profondo, siamo poveri; non siamo niente. Arrivare all'esperienza del nulla è il primo passo per aprire spontaneamente le mani a Colui che è tutto, ma anche a coloro che, può non essendo il tutto, hanno qualche cosa da darci. Non si può chiedere con la convinzione di essere ricchi. I ricchi non chiedono; caso mai, rapiscono. L'umiltà più profonda e più sincera sta nella linea della povertà, della povertà spirituale e della povertà sociale. Non per nulla l'umiltà è stata messa in relazione con la prima beatitudine evangelica.
Però, questa consapevolezza di povertà radicale non nega e non nasconde la ricchezza con cui qualcuno ci ha arricchiti gratuitamente (un'altra categoria, quella della gratuità intimamente unita all'umiltà). I doni di natura e di grazia avvolgono gli uomini coprendo la loro nudità ed abbellendo la loro persona. Bella umiltà quella di camminare negando i fatti! Questo non è camminare nella verità. Così, l'umiltà vive non solo nella consapevolezza profonda della propria pochezza, ma anche nell'attività che esercita con l'avere proprio e con quello altrui. Il nasconere in qualsiasi modo i valori umani è un peccato contro l'umiltà.
L'umiltà, al contrario di quello che potrebbe sembrare, è una virtù attiva, non solo perché tutte le virtù hanno una dimensione di attività, ma anche perché è primariamente attiva. È un camminare.
Parlare della pratica dell'umiltà è come parlare dell'infanzia spirituale, quell'atteggiamento espresso e approfondita nel Carmelo da santa Teresa di Gesù Bambino. Questo atteggiamento è attuato nella pratica cruciale della teologia della liberazione (G. Gutiérrez).
L'infanzia spirituale riconosce che non condividiamo quello che abbiamo, e che, in ogni uomo, sotto qualsiasi latitudine, c'è un fondo di egoismo tremendo. Per questo, non riusciamo minimamente a progredire. Anzi, c'è l'impressione, confermata da statistiche incontestabili, che stiamo retrocedendo. per colpa degli altri, e per colpa nostra. Ci viene meno, con troppa frequenza, l'avere fraterno, perché ritorniamo continuamente al nulla che siamo.
Sentiamo allora la necessità profonda di aprirci, ancora una volta, alla grazia di chi può fare di più, perché è di più. L'umiltà non dispera, ma escogita nuovi mezzi. L'umiltà accetta tutto, ma quando trova chiusa la donazione, ricorre a chi è dono. L'umiltà conduce un'esistenza difficile e reale, tormentata e piena di speranza, nell'oscurità del mistero degli uomini e del mistero di Dio, senza riuscire, forse, a scoprire quale dei due è il più grande mistero.

Bibliografia
Bonhoeffer D., Etica, Ed. Bompiani, Milano, 1969. Häring B., La legge di Cristo, Ed. Morcelliana, Brescia, 1967. Hartmann N., Etica, Ed. Guida, Napoli, 1970. Kaczy_ski E., « Umiltà », in: Nuovo Dizionario di Morale, Ed. Paoline, Cinisello B., , pp. 1392‑1399. Mongillo D., « Umiltà », in: Nuovo Dizionario di Spiritualità, Ed. Paoline, Cinisello B., , pp. 1610‑1621.
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