Secolarizzazione - DIZIONARIO DI PASTORALE

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Secolarizzazione

S
di J. Martínez Cortés
Il termine secolarizzazione indica il processo con cui qualcosa diventa secolare (dal latino: saeculum). Saeculum può significare un periodo di tempo, cento anni, o un'epoca in genere, o la mentalità di quel tempo. Nella Bibbia, la parola secolo ha alle volte il senso, religiosamente neutro, di un grande spazio di tempo: « Al Re dei secoli... » (1 Tm 1,17). Altre volte, ha un significato religiosamente negativo: « Non conformatevi a questo mondo (greco: aiòni = secolo)... » (Rm 12,2): a questo mondo soggetto al male. Nel Medioevo, il concetto di secolare come mondano acquistò una certa neutralità in confronto col religioso (clero secolare, braccio secolare).
Il termine secolarizzazione, come tale, appare nel trattato di Vestfalia (1648) per indicare il trasferimento di terre e di proprietà dalla Chiesa allo Stato. Nel secolo XIX, appare una società secolare, come organizzazione di carattere militante che intende interpretare e strutturare la vita senza ricorrere al soprannaturale. Nel secolo XX, col nascere della sociologia come disciplina, secolarizzazione comincia ad essere un termine puramente descrittivo e neutro ed entra così nel lessico degli storici. In teologia, tuttavia, continua ad indicare un fenomeno religiosamente negativo, cioè, la perdita di influenza sociale, culturale e politica da parte delle Chiese. Un cambiamento notevole si produce dopo la Seconda Guerra Mondiale. Vari teologi, all'inizio protestanti (Gogarten, Bonhoeffer) e poi anche cattolici, ritengono la secolarizzazione non solo come il risultato, in parte dell'impatto culturale della fede biblica, ma anche come l'esigenza propria della libertà e della responsabilità dell'uomo giunto alla sua maturità. Così, tende a diffondersi, in ambienti religiosi, un apprezzamento più o meno grande per una società secolare che avrebbe sostituito la società sacra del Medioevo. Secolarizzazione, in senso generico, significa allora il processo di emancipazione da parte delle realtà terrestri dalla tutela religiosa.
Lo sviluppo storico del termine gli ha dato una forte tinta emozionale, come anche notevoli ambiguità. Per questo, è stato proposto, ma invano, di eliminarlo dal vocabolario sociologico. In certe indagini sociologiche empiriche, si è giunti a distinguere sei significati differenti, anche se affini, nel modo di fare uso di questo concetto. In termini generali, si può distinguere tra una secolarizzazione istituzionale o sociale ed un'altra intellettuale o esistenziale. Il Concilio Vaticano II distingue tra una secolarizzazione legittima ed un'altra illegittima: « Se per autonomia delle realtà terrene intendiamo che le realtà create e le stesse società hanno leggi e valori propri..., allora si tratta di una esigenza legittima..., è conforme al volere del Creatore... Se invece con l'espressione 'autonomia delle realtà temporali' si intende che le cose create non dipendono da Dio, e che l'uomo può adoperarle così da non riferirle al Creatore, allora nessuno che creda in Dio non avverte quanto false siano tali opinioni » (GS 36). Si tratta allora non più di « secolarità » (legittima), ma di « secolarismo » (illegittimo).
Le ambiguità e la mancanza di chiarezza del concetto possono forse essere dovute ad un significato eccessivamente ristretto. Col concetto di secolarizzazione, si è voluto descrivere l'insieme dei complicati processi sociali e politici che in Europa hanno portato alla costituzione degli stati moderni, Si è fatto questo partendo dall'angolatura prevalente dei rapporti tra la società e la religione. Questo trova la sua giustificazione anche nel regime di cristianità da cui si parte. Però, sarebbe forse più fecondo il procedimento inverso, cioè, comprendere la secolarizzazione come un elemento dei processi di modernizzazione sociale che reclamano la differenziazione dell'area economica, di quella politica, di quella sociale e delle loro rispettive razionalità (Weber). Questi sviluppi, come ogni processo sociale, presentano i pro e i contro. Non potevano non portare a conflitti tra il potere secolare e quello ecclesiastico già stabilito. Cambia la situazione strutturale della Chiesa in seno allo stato moderno e la sua possibilità di influire coattivamente sulla società civile. Questo porta a conclusioni, storicamente affrettate, sul carattere generale dei processi ( »declino della religione », « restrizione alla pura sfera del privato », « conformità con questo mondo » come strategia di sopravvivenza, ecc.). Su queste interpretazioni globali è possibile presentare una conferma empirica, addirittura osservabile a prima vista, ma con un carattere di parzialità e di immediatezza che non rende giustizia alla complessità totale del processo, e per questo, è difficilmente assumibile in una teoria generale della secolarizzazione.
Oggi, sembra più ragionevole considerare queste, ed altre simili interpretazioni, come momenti parziali di un cambiamento sociale che, nel campo religioso, sembra orientare piuttosto, in primo luogo, verso uno spostamento della funzione della religione in una società moderna, che non è riducibile alla sua privatizzazione né ad un suo adattamento alla società. Il movimento indica piuttosto il senso contrario e non la sua semplice scomparsa. Data la posizione della Chiesa nella società medievale, questo spostamento avviene inizialmente mediante una destabilizzazione dell'influsso religioso diretto su aree tradizionalmente sotto il suo controllo. Il processo può essere sperimentato in modo molto negativo dalle Chiese, ma può portare ad una maggiore autenticità nelle convinzioni e ad una maggiore purificazione degli atteggiamenti religiosi. Questo sarebbe esattamente l'opposto del « declino della religione ». Però, comporta, a sua volta, una diminuzione quantitativa di quella che potremmo chiamare « religione sociologica ».
In secondo luogo, si ha uno spostamento, all'interno della religione, di quello che viene sperimentato come sacro. Comportamenti, istituzioni, oggetti che prima erano ritenuti intoccabili e fuori da ogni discussione razionale (sacri) per il credente, vengono sempre più introdotti nell'ambito della razionalizzazione con cui Weber caratterizzò l'avvento delle società moderne (desacralizzazione). Non si tratta, però, di un semplice processo lineare, che implicherebbe la perdita della qualità del sacro in queste società: si tratta di uno spostamento verso altre aree, tanto del sacro in senso largo, quanto del sacro religioso in senso stretto. Così, si è anche potuto parlare, con una certa fretta, di un « ritorno del sacro » in seno alle società razionalizzate dell'Occidente. Si può notare a prima vista il fiorire di nuove sètte nella nostra società urbana, probabilmente come protesta sociale contro il carattere anonimo e strumentale dei rapporti che ci sono in essa. Per quello che riguarda il cristianesimo, il carattere di sacro religioso si condensa progressivamente nella persona umana, come immagine della divinità, e nei simboli della tradizione cristiana primitiva: essi significano in senso stretto l'unione dell'uomo col divino (modalità secolare dell'esperienza del sacro). La tendenza sembra coerente con l'orientamento globale delle società tecnologiche, poiché da una parte è accentuata la concezione del trascendente, mentre, dall'altra, non crea difficoltà l'autonomia del campo del profano disponibile per la scienza.

Bibliografia
Acquaviva S.S. ‑ Guizzardi G. (a cura di), La secolarizzazione, Ed. Il Mulino, Bologna, 1973. Berger P.L., Il brusio degli angeli, Ed. Il Mulino, Bologna, 1969. Cox H., La città secolare, Ed. Vallecchi, Firenze, 1968. Lubbe H., La secolarizzazione. Storia e analisi di un concetto, Ed. Il Mulino, Bologna, 1970; Milano A., « Secolarizzazione », in: Nuovo Dizionario di Teologia, Ed. Paoline, Cinisello B., 1988, pp. 1438‑1466. Rosanna E., Secolarizzazione o trasfunzionalizzazione della religione?, PAS‑Verlag, Zurigo, 1973.
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