Vescovo - DIZIONARIO DI PASTORALE

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Vescovo

V
di J. M. Castello
Si chiamano vescovi tutti coloro che hanno in proprio il ministero o l'incarico voluto e fondato da Cristo nella sua Chiesa e che, per diritto divino e per la loro appartenenza al Collegio episcopale, dirigono una Chiesa locale, la loro diocesi, come rappresentativa della Chiesa locale. L'istituzione dell'episcopato è vista in rapporto con l'istituzione degli Apostoli da parte di Cristo. Sappiamo, infatti, che Gesù ha scelto dodici discepoli affinché fossero in un modo speciale i servitori della comunità (Mc 10,42‑45; Mt 20,25‑28). D'altra parte, secondo Mt 28,19‑20, possiamo distinguere tre forme di servizi affidati agli apostoli: essi hanno la missione di ammaestrare tutti gli uomini, di santificarli coi sacramenti e di far loro osservare le prescrizioni del Signore. Ogni apostolo riceve questa missione in unione con gli altri apostoli, in modo tale che tutti insieme formano un tutto, e questo è designato col nome di « collegio apostolico ». Ora, il ministero affidato agli apostoli non è finito con loro. Anche se è vero che nel Nuovo Testamento appare una grande varietà di ministeri, tra cui quello dei vescovi, sappiamo che dalla fine del secolo II o dagli inizi del secolo III, l'episcopato è distinto come quello che possiede la successione apostolica. L'espressione « successori degli apostoli » , riferita ai vescovi, è comune a partire da sant'Ireneo (+ 202 circa). Per parte sua, il Concilio Vaticano II, riassumendo una lunga tradizione teologica, afferma che al collegio degli apostoli, con e sotto Pietro, corrisponde quello dei vescovi, con e sotto il vescovo di Roma: « Come san Pietro e gli altri Apostoli costituiscono, per volontà del Signore, un unico Collegio apostolico, in pari modo il Romano Pontefice, successore di Pietro, e i Vescovi, successori degli Apostoli, sono uniti fra di loro » (LG 22).
« Insegna... il santo Concilio che con la consacrazione episcopale viene conferita la pienezza del sacramento dell'Ordine » (LG 21). Ciò vuol dire che l'episcopato è sacramento nel senso più pieno e più letterale della parola. Ora, questo fatto comporta conseguenze di grande importanza. In primo luogo, la consacrazione episcopale non è un complemento che avviene ad un cristiano che prima era stato ordinato sacerdote. Se viene conferita ad un semplice battezzato, essa gli dà subito la pienezza della potestà sacerdotale e lo inserisce nel corpo dei pastori supremi della Chiesa. D'altra parte, se l'episcopato è un sacramento, ciò significa che il vescovo riceve la pienezza dei suoi poteri direttamente da Cristo e non per delegazione del Papa. Per molto tempo si è inteso nella Chiesa il sacramento dell'Ordine partendo dal presbiterato (sacerdozio), da cui si deduceva che l'episcopato non è un sacramento. In questo modo, la differenza tra il vescovo ed il presbitero si riduceva al fatto che il vescovo riceveva dal Papa il suo potere di giurisdizione sui semplici sacerdoti e sui fedeli in genere. Oggi, questa concezione è inammissibile. Per questo, la Chiesa nella sua totalità non va intesa come una grande diocesi il cui pastore supremo sarebbe il Papa ed i vescovi locali sarebbero soltanto semplici mandatari del Romano Pontefice. Il vescovo locale è il pastore della sua diocesi per mandato di Cristo, non per semplice delega del vescovo di Roma. Il Papa è il Capo del Collegio episcopale e con lui devono essere uniti tutti i vescovi del mondo. Però, nello stesso tempo, bisogna dire che la teologia dell'episcopato deve servire come fattore di equilibrio nella Chiesa per potenziare il significato e la funzione delle Chiese locali di fronte ad un possibile eccessivo centralismo romano.
Un vescovo in particolare non è successore di un unico apostolo, ma ogni vescovo appartiene alla successione di un apostolo nella misura in cui appartiene all'episcopato totale della Chiesa. Tutto quello che si dice del Collegio apostolico in quanto tale deve anche essere detto dell'episcopato come totalità. Il primato è primato « in » questo Collegio, non « di fronte » ad esso. Non è qualcosa che si affilia un collegio e che ivi conferisce la sua potestà. Pertanto, il Collegio episcopale è la grandezza primaria che succede al Collegio apostolico, che ha il papa come suo Capo sovrano, ed è impensabile senza il Papa. Il Papa solo è e può essere papa in quanto membro e capo di questo Collegio.

Bibliografia
Botte B., La collegialità nel Nuovo Testamento e nei Padri apostolici, in: Aa.Vv., Il Concilio e i Concili, Roma, 1961, pp. 19‑42. Lécuyer J., L'episcopato come sacramento, in: Baraúna G. (a cura di), La Chiesa del Vaticano II, Ed. Vallecchi, Firenze, 1967, pp. 713‑732. Lyonnet St., I fondamenti scritturistici della collegialità, in: La Chiesa del Vaticano II, pp. 793‑809. Neunheuser B., Chiesa universale e Chiesa locale, in: La Chiesa del Vaticano II, pp. 616‑642. Ratzinger J., La collegialità episcopale dal punto di vista teologico, in: La Chiesa del Vaticano II, pp. 733‑760.
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