Eterodossia - DIZIONARIO DI PASTORALE

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Eterodossia

E
di J. M. González Ruiz
La parola eterodossia deriva dal greco èteros (altro, diverso) e dòxa (opinione). L'eterodossia si oppone all'ortodossia in quanto si scosta da quello che costituisce la sostanza irrinunciabile del messaggio religioso e dal suo compimento in una Chiesa. La parola è equivalente all'altra parola greca àiresis (da cui, in italiano: eresia). Questo sostantivo deriva dal verbo airèomai, che significa: scegliere. Un'eresia è dunque una opzione, una decisione, un proposito.
Inizialmente, il termine « eresia » non aveva un significato deteriore. Nello stesso NT, si segue il modo di esprimersi dell'ebreo Giuseppe Flavio, che scrisse in greco, e si parla della « setta (in greco: àiresis) dei Sadducèi » (At 5,17), della « setta (in greco: àiresis) dei Farisei » (At 15,5; 26,5), e perfino della « setta (sempre: àiresis) dei Nazorei » (At 24,5). In nessuno di questi testi, la parola àiresis ha un senso peggiorativo: si tratta di gruppi determinati che appartengono tutti alla stessa comunità religiosa di Israele. Non dimentichiamo che la cosiddetta « àiresis dei Nazorei » era la comunità dei discepoli di Cristo ed era considerata inizialmente come uno dei tanti movimenti che si muovevano all'interno dell'ebraismo.
In seguito, però, quando il gruppo dei Nazorei riuscì ad affermarsi e a tagliare il cordone ombellicale che lo teneva unito all'ebraismo tradizionale, sorse una nuova terminologia. A partire da allora, il cristianesimo cominciò a guardare con diffidenza e aversione la àiresis. Quando, poi, si cominciò ad usare la parola in senso tecnico, legandola più o meno consapevolmente alle scuole filosofiche greche e all'ebraismo, lo si fece per indicare con questo termine le sette e le fazioni religiose esterne al cristianesimo e alla Chiesa.
Così, dunque, il concetto cristiano di eresia non derivò dall'affermazione di una nuova ortodossia, ma dall'esistenza e dalla natura della Chiesa cristiana. Chiesa e eresia sono due realtà che si escludono a vicenda. Ciò appare evidente in Gal 5,20, dove le airèseis (sette) ? intese come in tutto il NT non ancora in senso tecnico ? sono elencate tra « i comportamenti di chi è carnale » (Gal 5,19), e poste sullo stesso piano di « inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, sette ». Le airèseis sono ancora più affermate in 1 Cor 11,18‑19. In questo testo, Paolo, riferendosi all'assemblea cultuale in cui la comunità si presenta come Chiesa, parla di « divisioni » (greco: skìsmata) di cui ha già parlato in 1 Cor 1,10 ss. Si tratta, cioè, dei conflitti tra i fedeli, causati da individualismi. Paolo crede, in parte, alle notizie che gli sono state riferite circa i dissensi nella Chiesa, e giunge perfino ad affermare: « È necessario infatti che avvengano divisioni (airèseis) tra voi perché in mezzo a voi si manifestino i veri credenti » (1 Cor 11,19).
Come si vede, l'eresia, o eterodossia, è nettamente molto più grave dello scisma (strappo), perché attacca il fondamento della Chiesa stessa, cioè, la dottrina (cf 2 Pt 2,1) e in modo così radicale da dare origine inevitabilmente ad una comunità diversa e separata dalla Chiesa. La Chiesa, in quanto società pubblica e giuridicamente costituita da tutti i credenti, non può ammettere l'eresia o eterodossia, cioè, una scuola di carattere privato e necessariamente parziale senza decadere con ciò essa stessa al livello dell'eresia, perdendo così la sua essenziale prerogativa unitaria e cattolica. Allo stesso modo, per citare un caso di ovvia analogia, lo stato o il popolo che ammette l'esistenza incontrollata di una fazione si dissolve inevitabilmente.
Tuttavia, questo rigore logico del rapporto tra ortodossia e eterodossia, tra Chiesa e eresia, va ritenuto valido soltanto nell'ambito puramente religioso e spirituale. Quando una società civile prende l'ortodossia religiosa con fini di autoaffermazione, si invertono i compiti. Così, in Francia, dopo le guerre di religione, divenne popolare l'idea, soprattutto fra gli scettici, che la migliore garanzia di una vita tollerabile e pacifica fosse di imporre a tutti una stessa religione. È altamente significativo il fatto che il vantaggio di questa religione obbligatoria non sarebbe stato il suo carattere veritiero, ma proprio la sua obbligatorietà. Siccome le varie confessioni sono solite affrontarsi per problemi che in nessun caso si possono risolvere per via di argomenti razionali o per indagini scientifiche, sembrava preferibile imporre a tutti una religione di Stato, anziché permettere che si uccidessero fra di loro per problemi incomprensibili e insolubili. Ci fu qui una delle giustificazioni razionali dell'assolutismo.
Così, si comprende perché imperi e governi forti siano stati interessati a mantenere l'ortodossia dei loro sudditi, arrivando perfino a promuovere concili, presieduti da essi, perché lì venisse definita una verità uniforme. Come conseguenze da ciò, l'eresia o eterodossia religiosa diventava automaticamente un reato politico. E così, molti eterodossi della storia, se si considera a fondo la loro vera biografia, sono stati autentici cristiani ortodossi e perfino dotati di un profondo grado di santità.

Bibliografia
Cartecchini S., Dall'opinione al dogma, Ed. Civiltà Cattolica, Roma, 1953, pp. 13424. Gorres A., Patologia del cattolicesimo, Ed. Morcelliana, Brescia, 1969. Karrer O', « Eresia », in: Dizionario di Teologia, I, Ed. Queriniana, Brescia, , pp. 546‑555. Rahner K., Che cos'è l'eresia?, Brescia, 1963. Rahner K. Lehmann K., Kèrigma e dogma, in: Aa.Vv., Mysterium Salutis, II, Ed. Queriniana, Brescia, 1968, pp. 194‑202. Trütsch J., Opposizioni alla fede e deformazioni della fede, in: Aa.Vv., Mysterium Salutis, II, pp. 498‑504.
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