Penitenza - DIZIONARIO DI PASTORALE

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Penitenza

P
di J. Llopis
Il Nuovo Codice di Diritto Canonico descrive così il sacramento della Penitenza: « del sacramento della penitenza i fedeli, confessando i peccati al ministro legittimo, essendone contriti ed insieme avendo il proposito di emendarsi, per l'assoluzione impartita dallo stesso ministro ottengono da Dio il perdono dei peccati, che hanno commesso dopo il battesimo e contemporaneamente vengono riconciliati con la Chiesa, che, peccando, hanno ferito » (CIC c. 959). La penitenza è, dunque, il sacramento del perdono dei peccati e della riconciliazione con Dio e con la Chiesa. Bisogna notare, tuttavia, che una cosa è il sacramento della penitenza, ed un'altra è il perdono dei peccati. Questo perdono e una realtà permanente nella Chiesa (questo è uno degli articoli del Credo), e si ottiene fondamentalmente mediante la fede e la conversione. Il sacramento è l'espressione simbolica e celebrativa del perdono dei peccati e della conversione. Bisogna ancora notare che, all'interno dell'area dell'espressione simbolica e celebrativa del perdono dei peccati, il sacramento della penitenza non è l'unica possibilità. Ci sono altri mezzi liturgici dell'annuncio e della realizzazione del perdono: si pensi alla predicazione della parola, al sacramento del battesimo ( »Per il perdono dei peccati », come dice il Simbolo Niceno‑Costantinopolitano), alla celebrazione eucaristica (nella consacrazione nel calice, si dice: « Questo è il calice della nuova ed eterna alleanza che sarà versato per voi e per tutti in remissione dei peccati »), alla preghiera liturgica per i peccatori, alle liturgie penitenziali, all'unzione degli infermi, ai tempi penitenziali dell'anno liturgico, alle pratiche penitenziali, ecc. In un certo senso, il sacramento della penitenza è un mezzo strarordinario, e fu visto come tale per molti secoli della Chiesa, quando veniva concesso solo una volta in vita e nel pericolo imminente di morte.
La storia mostra la relatività delle forme adottate dal sacramento della penitenza lungo i secoli, anche nell'ordine cronologico delle sue varie parti. In un primo tempo, l'ordine normale era: l'accusa dei peccati, la penitenza pubblica e laboriosa, l'assoluzione in forma di riconciliazione da parte del vescovo. Quando venne introdotta come comune la prassi della penitenza privata e reiterabile, l'ordine fu il seguente: l'accusa, l'assoluzione da parte del sacerdote, la penitenza. Oggi, nei casi di celebrazioni con assoluzione collettiva, l'ordine è questo: l'assoluzione, la penitenza, l'accusa tramandata. C'è stato anche una grande varietà di nomi per indicare questo sacramento, a seconda dell'aspetto che ogni epoca ha ritenuto più importante: riconciliazione, penitenza, confessione.
L'essenziale è di tenere ben presenti gli aspetti che necessariamente il segno liturgico di questo sacramento deve esprimere, prescindendo dalla sua materialità in un momento storico determinato. Si possono riassumere in tre punti le realtà che devono essere espresse mediante la celebrazione della penitenza:
- l'azione stessa di Dio che, mediante un giudizio, distrugge il peccato e salva il peccatore;
- la conversione del peccatore, come frutto della fede e non semplicemente come conseguenza di convinzioni morali o di sentimenti psicologici;
- infine, la riconciliazione del peccatore con la comunità cristiana, poiché, se il peccato separa da Dio e dai fratelli, la conversione incorpora nuovamente nella comunità, e, mediante questa, nell'amicizia con Dio.
Le forme esterne della celebrazione del sacramento della penitenza sono state varie nel passato, lo sono anche oggi, e con tutta sicurezza, lo saranno anche nel futuro. Però, le tre dimensioni descritte devono essere sempre presenti nel significato profondo del sacramento. Il Concilio Vaticano II, di fronte alla scarsa espressione manifestata da alcuni aspetti, nel modo abituale di celebrare il sacramento, ha decretato: « Si rivedano il rito e le formule della Penitenza in modo che esprimano più chiaramente la natura e l'effetto del sacramento » (SC 72). Dopo questa revisione, la celebrazione del sacramento riveste tre forme principali:
- la riconciliazione dei penitenti in particolare;
- la riconciliazione di molti penitenti con una confessione ed una assoluzione singole;
- la riconciliazione di molti penitenti con una confessione ed una assoluzione generale. Questa terza forma, che, in linea di principio è offerta come ordinaria, ha subìto molte ristrettezze nella legislazione posteriore, di modo che il CIC l'autorizza solo quando « vi sia imminente pericolo di morte », e quando « vi sia grave necessità » (c. 961).
Riguardo al posto specifico che la confessione dei peccati occupa nel processo del sacramento della penitenza, occorre tenere presente il n. 6 delle Premesse al Rito della Penitenza, promulgato il 2 Dicembre 1973: « Il discepolo di Cristo che, mosso dallo Spirito Santo, dopo il peccato si accosta al sacramento della Penitenza, deve anzitutto convertirsi di tutto cuore a Dio. Questa intima conversione del cuore, che comprende la contrizione del peccato e il proposito di una vita nuova, il peccatore la esprime mediante la confessione fatta alla Chiesa, la debita soddisfazione, e l'emendamento di vita. E Dio accorda la remissione dei peccati per mezzo della Chiesa, che agisce attraverso il ministero dei sacerdoti ». Secondo questo modo di vedere, « la confessione fatta alla Chiesa » ha tutto il suo valore quando esprime la conversione intima del cuore. Questa si manifesta, anche ad altri livelli, mediante il compimento della « soddisfazione » ed il cambiamento reale di vita. La confessione dei peccati, isolata dalla realtà profonda della conversione e dalle altre manifestazioni di questa conversione, non ha nessuna consistenza sacramentale. Affinché la confessione dei peccati conservi il suo rapporto essenziale con tutti gli altri elementi del sacramento della penitenza, deve cessare di essere una autoaccusa od una autogiustificazione dal punto di vista psicologico; deve diventare semplicemente una espressione simbolica della conversione interiore. Pertanto, l'importante non è la materialità del suo contenuto, ma il rapporto significativo con la sincerità dell'atteggiamento interno. Allora, l'attenzione psicologica non si concentra sui « peccati » per accusarsi o scusarsene, ma sull'atteggiamento profondo di « peccato » che ci può essere dietro gli atti concreti, per manifestare questo atteggiamento con umiltà e semplicità. Ogni penitente deve trovare un suo modo proprio di manifestare con parole la sua condizione di peccatore. Ogni tipo di celebrazione penitenziale deve comportare un suo modo particolare di confessione »: più specifica e più personale nelle celebrazioni con la confessione e l'assoluzione individuale; più generica e più impersonale nelle celebrazioni con la confessione e l'assoluzione generale. In qualsiasi caso, è più importante assicurare l'espressività del segno che insistere sui particolari dell'accusa.

Bibliografia
Aa.Vv., La Penitenza. Dottrina, storia, catechesi e pastorale, Ed. Elle Di Ci, Leumann (Torino), 1967. Bommer J., La confessione nella dottrina e nella prassi, Ed. Borla, Torino, 1965. Gasparino A., Il sacramento del perdono, gioia e festa di Dio e dell'uomo, Ed. Elle Di Ci, Leumann (Torino), 1987. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica « Reconciliatio et paenitentia, 2.12.1984. C.E.I., Rito della penitenza, Roma, 1974. Ramos‑Regidor J., Il sacramento della Penitenza. Riflessione teologica, biblico‑storico‑pastorale alla luce del Vaticano II, Ed. Elle Di Ci, Leumann (Torino), 1972.
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