Triduo pasquale - DIZIONARIO DI PASTORALE

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Triduo pasquale

T
di C. Floristán
La domenica è per la settimana quello che il triduo è per l'anno liturgico; la sua vetta. Il triduo è sorto appunto come celebrazione della grande festa della Pasqua, partendo dalla sua veglia. Il triduo abbraccia la totalità del mistero pasquale. Sant'Ambrogio di Milano (Italia) e sant'Agostino di Ippona (Africa) lo chiamarono « triduo sacro di Cristo crocifisso, sepolto e risorto ».
Il triduo pasquale comincia con la Messa vespertina della Cena del Signore. Il giovedì mattina è ancora Quaresima. In altre parole: il digiuno del giovedì è pasquale, non quaresimale. Il giovedì è il preludio della passione, il suo testamento e memoriale. Fino al secolo VII, il giovedì santo era il giorno della riconciliazione dei peccatori pubblici, senza alcuna traccia di eucaristia vespertina. A partire dal secolo VII, vennero introdotte in quel giorno due eucaristie: al mattino, per consacrare gli olii (necessari per la veglia); l'eucaristia vespertina fu per commemorare la Cena del Signore. Questo si generalizzò in tutta la Chiesa nel secolo X.
Tutto il mistero del Giovedì Santo e del triduo è contenuto in queste parole di Giovanni 13, 1‑2: « Prima della festa di Pasqua (la Pasqua ebraica), Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre (la Pasqua di Cristo), avendo amato i suoi (consegna, giovedì) che erano nel mondo, li amò sino alla fine (morte, venerdì santo). Durante la cena (eucaristia, pasqua cristiana) ». Nell'Eucaristia del Giovedì Santo, la Chiesa rivive l'ultima Cena d'addio di Gesù e indica la carità fraterna con due gesti: uno sacramentale (quello eucaristico) e l'altro testimoniale (la lavanda dei piedi). Con la Messa vespertina del Giovedì, comincia oggi il triduo. Per questo, il Giovedì Santo venne chiamato: « commemorazione della Cena del Signore ». Tutte le letture di questo giorno ricordano la donazione di Gesù che chiude il vecchio rito della pasqua antica (prima lettura); offre il suo corpo al posto dell'agnello (seconda lettura); dà il comandamento del servizio (vangelo). Però, nello stesso tempo, Gesù è consegnato da Giuda ed abbandonato dagli altri discepoli.
Il venerdì Santo è centrato sul mistero della Croce, strumento di supplizio e di morte (legno), sinonimo di redenzione (albero). Nel fatto della Croce, si rispecchia la sofferenza di Cristo come amore che si annienta, e il giudizio di Dio, oltre al peccato dell'umanità, presenti nell'annientamento di Gesù da parte di Dio. Questo giorno, chiamato anticamente alla maniera ebraica parasceve (preparazione) è oggi « celebrazione della Passione del Signore ». Gesù è morto il 14 di Nisan ebraico, che quell'anno era di venerdì. La Chiesa stabilì di commemorare la morte di Cristo di venerdì e la sua risurrezione di domenica.
La celebrazione attuale del Venerdì Santo risponde all'antica liturgia cristiana della parola, come la descrive Giustino verso il 150: proclamazione della parola di Dio, seguita da acclamazioni, preghiera dell'assemblea secondo le intenzioni della comunità e benedizione di congedù. La liturgia della parola, senza eucaristia, era comune a Roma i mercoledì e venerdì, all'ora di Nona, verso il secolo VI. Il Venerdì santo, ci fu, a partire dal secolo IV, un ufficio della parola proprio del giorno, con gli elementi attuali: letture, orazioni solenni, adorazione della croce, comunione. La celebrazione attuale del Venerdì Santo è austera: è centrata sull'immolazione dell'agnello. Comincia con un rito iniziale antico: la prostrazione del celebrante e dei suoi assistenti. La prima lettura, chiamata « passione secondo Isaia », è il quarto Canto del Servo di JHWH, applicato profeticamente a Gesù. Nella seconda lettura, il Servo è il Sommo Sacerdote che si dona per gli altri. Il vangelo è il racconto della passione secondo Giovanni, dove la croce è la rivelazione massima dell'amore di Dio. Segue la preghiera universale, che è un formulario romano del secolo V. Poi, c'è l'adorazione della croce da parte del popolo, che prima viene mostrata all'assemblea con queste parole: « Ecco il legno della Croce, al quale fu appeso il Cristo, Salvatore del mondo. Venite, adoriamo ». Gli improperi richiamano il mistero della glorificazione di Gesù, che muore ferito d'amore e di tenerezza per il suo popolo. La celebrazione si conclude con la comunione.
La veglia pasquale è in teoria la celebrazione più importante dell'anno, il culmine della settimana santa e il perno di tutta la vita cristiana. In pratica, non è così, perché il popolo è meno presente che non alla celebrazione del giovedì e alle processioni del venerdì. Per i nostri fedeli, il venerdì santo continua ad essere il giorno più importante. Eppure, la risurrezione di Gesù è il punto fondamentale della confessione di fede, è la comunicazione della vita nuova e l'inaugurazione di nuovi rapporti con Dio.
Secondo la liturgia attuale, il sabato è giorno di meditazione e di pausa, di pace e di riposo, senza messa né comunione, con l'altare spoglio. La veglia pasquale più antica che sia conosciuta è del secolo III. Verso il 215, secondo la Tradizione di Ippolito, il battesimo veniva celebrato con l'Eucaristia nella veglia pasquale. Questo si generalizzò nel secolo IV. Alla fine di questo secolo, alcune Chiese introdussero il lucernario pasquale, che finì per diffondersi dovunque. A partire dal secolo XII, si benedice il fuoco.
Con la notte del sabato, inizia il terzo giorno del triduo. Secondo il messale, è notte di veglia, costituita da una lunga celebrazione della Parola che termina con l'Eucaristia. È composta di quattro parti:
1) La liturgia della luce, fuori della Chiesa, il cui centro è il cero, simbolo di Cristo. I fedeli seguono con candeline accese. All'interno della chiesa, è proclamato il preconio pasquale, canto di speranza e di trionfo. Il lucernario, o rito del fuoco e della luce, ha la sua origine dalla prassi ebraica e cristiana primitiva di accendere una lampada sul fare della notte, accompagnata da una benedizione. Il cero acceso richiama la risurrezione di Cristo.
2) Nella liturgia della Parola, è narrata la storia della salvezza. Sono fondamentali le letture della Genesi (creazione), dell'Esodo (liberazione dall'Egitto, dei profeti (ci sarà una nuova liberazione) e del vangelo (è proclamata la risurrezione). La liturgia della Parola ha il ritmo fondamentale di lettura, canto e orazione. Tutto gravita attorno alla Pasqua del Signore.
3) La liturgia dell'acqua, con l'eventuale battesimo di adulti o di bambini. Questa liturgia significa la nuova nascita. Si invocano i Santi con le Litanie; si benedice l'acqua e si invita alla professione di fede e al rinnovamento degli impegni cristiani.
4) L'Eucaristia è il culmine della veglia, la più solenne di tutte. L'Eucaristia pasquale annuncia solennemente la morte del Signore e proclama la sua risurrezione nell'attesa della sua venuta.

Bibliografia
Bergamini A., « Triduo pasquale », in: Nuovo Dizionario di Liturgia, Ed. Paoline, Roma, 1984, pp. 1534‑1538. Cantalamessa R., La pasqua della nostra salvezza, Ed. Marietti, Torino, 1971. Durrwell F.X., La risurrezione di Gesù mistero di salvezza, Ed. Paoline, 1969. Füglister N., Il valore salvifico della Pasqua, Ed. Paideia, Brescia, 1976. Haag M., Pasqua, Ed. Queriniana, Brescia, 1976.
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