Nazionalcattolicesimo - DIZIONARIO DI PASTORALE

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Nazionalcattolicesimo

N
di J. Martínez Cortés
Quantunque possa essere usato in senso generico (cioè, applicato a qualsiasi nazione), il termine nazionalcattolicesimo è stato forgiato per designare un fenomeno teologico‑politico specificamente spagnolo. La sua localizzazione nel tempo va posta tra gli inizi della guerra civile spagnola (1936‑1939) e la transizione politica verso la democrazia (1975).
Si potrebbe definire come una specie di teologia politica, quantunque per molti suoi sostenitori si possa dire che è stata praticata inconsciamente come teologia politica (era concepita semplicemente come la teologia).
La teologia del nazionalcattolicesimo è dunque la teologia politica che ha dominato dopo la guerra civile, che
a) spiega e legittima il comportamento della Chiesa cattolica spagnola subito prima e durante la guerra civile;
b) esprime ed interpreta « religiosamente » il risultato della stessa guerra;
c) è uno dei fattori determinanti dello sviluppo ulteriore della società spagnola, in quanto pensiero « autorevole » di uno dei poteri di fatto che configurano la vita pubblica (la gerarchia ecclesiastica). Questa teologia del nazionalcattolicesimo formula già le sue tesi più sostanziali nel 1939; ispira radicalmente il concordato del 1953 tra la Santa Sede ed il governo spagnolo; è il sostrato intellettuale su cui poggia un ampio settore della Chiesa spagnola fino agli anni '70.
Come tratti caratteristici, si possono indicare questi:
1) L'affermazione di una « mediazione nazionalcattolica » della fede. Ciò significava che cattolicesimo e patria erano consostanziali, almeno in Spagna.
2) Il carattere ecclesiocratico nel rapporto della società civile con la Chiesa. Ciò voleva dire che, pur conservando la teoria delle due società perfette, Chiesa e società civile, in pratica si chiedeva una vera subordinazione, almeno culturale, dello stato alla Chiesa cattolica.
3) L'esplicita e militante antimodernità di questa teologia. I1 termine « cattolico » era inteso prevalentemente nel senso della Controriforma. Era, pertanto, profondamente diffidente dell'Europa. Agli occhi suoi, una logica storica ristretta abbracciava tutto il processo che conduce da Lutero e Calvino, passando per Rousseau, fino a Marx e alla rivoluzione russa. Tutti i germogli della modernità erano anticattolici, e conseguentemente, erano di fatto antispagnoli. Coloro che, nella società spagnola, intendevano ammodernarla, non rappresentavano l'idea di un'« altra » Spagna: erano, in realtà, l'anti‑Spagna. Veniva così concepito, per la vita religiosa, un manicheismo politico evidentemente poco propenso a qualsiasi tipo di evoluzione.
4) I1 suo carattere di « teologia di riconquista » (così formulato dal cardinale Gomà). Con ciò, si voleva significare un tentativo di risposta, ispanicamente originale, al processo moderno di secolarizzazione delle società. La sua sostanza era questa: è legittimo, perfino con una grave operazione di chirurgia di guerra, ricostruire (riconquistare) in un mondo moderno « apostata dei fondamenti tradizionali e cristiani », un'atmosfera sociale in cui la fede risulti plausibile.
Evidentemente, un progetto del genere comportava un isolamento della Spagna dal resto dell'Europa. La sua posta in gioco si vide inizialmente favorita dall'ostracismo politico ed economico in cui la Spagna era stata ridotta dalle potenze democratiche, vittoriose della II Guerra Mondiale (1945). Però, culturalmente non era possibile quando le proprie esigenze economiche e politiche portarono alla rottura di questo isolamento (1953). Il progetto nazionalcattolico si rivelò allora un anacronismo, nella sua globalità: il tentativo di conferire, nell'Europa del secolo XX, ad uno stato moderno, una legittimazione direttamente e strettamente religiosa.
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