Umanesimo - DIZIONARIO DI PASTORALE

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Umanesimo

U
di L. González‑Carvajal
Possiamo definire l'umanesimo come una concezione della realtà che ha l'uomo per centro, riconosce la sua dignità unica in mezzo al cosmo e cerca di liberarlo dai pesi che lo opprimono. Con parole di Heidegger: « L'umanesimo è questo: pensare e preoccuparsi perché l'uomo sia umano e non inumano ».
Il termine umanesimo fu usato per la prima volta dal pedagogo bavarese F.J. Niethammer nella sua opera Der Streit des Philanthropismus und des Humanismus in der Theorie des Erziehungsunterrichts unserer Zeit (1808). Però, già nel Rinascimento, il nome di umanisti era stato dato a quegli autori che avevano sostituito il cosmocentrismo degli antichi con una forma di pensiero antropocentrico (Erasmo di Rotterdam, Juan Luis Vives, Montaigne, Pico della Mirandola...).
La differenza tra gli umanisti del Rinascimento e quelli del secolo XIX sta nel fatto che i primi non pensarono mai che per affermare l'uomo fosse necessario negare Dio, mentre i secondi lo ritennero imprescindibile. Feuerbach (1804‑1872) divulgò la tesi secondo cui l'uomo aveva inventato Dio col fine di avere motivi per sperare. Solo quando abolirà questa speranza fittizia, l'uomo sarà in grado di raggiungere da sé la pienezza. Così, dunque, l'interesse di Feuerbach non era tanto la negazione di Dio quanto l'esaltazione dell'uomo. Perciò egli va considerato umanista prima che ateo. Nel prologo al primo volume delle sue opere, scrisse: « Chi dice di me soltanto che sono ateo, non dice e non sa nulla di me. Il problema dell'esistenza o della non esistenza di Dio, l'opposizione tra teismo e ateismo è una cosa dei secoli XVI e XVII. « Io nego Dio, ma per me, questo significa negare la negazione dell'uomo ». In un altro passo, si legge: « Dio fu il mio primo pensiero; la Ragione, il mio secondo; l'Uomo, il mio terzo ed ultimo pensiero ».
L'umanesimo del secolo XIX è stato, come si può vedere, sotto il segno di Prometeo e corrispondeva perfettamente con la fede nel progresso che caratterizzò il secolo scorso. Tuttavia, le due terribili guerre mondiali del nostro secolo e la grande Crisi economica fra le due costrinsero gli umanisti a cambiare tono. Continuarono ad essere atei, ma l'ottimismo di prima rispetto alle possibilità di realizzazione dell'uomo lasciò il posto allo scetticismo: « L'uomo è una passione inutile », ha scritto Sartre.
Negli ultimi vent'anni, è accaduto qualcosa di più sorprendente: si è scatenato un attacco contro l'umanesimo da vari fronti ad un tempo: il marxismo antiumanista di Althusser, il neotreudismo di Lacan, il neopositivismo di Lévi‑Strauss e di Foucault, il biologismo di Morin, ecc. Se Nietzsche ha proclamato cento anni fa la morte di Dio, e, come conseguenza, la comparsa del Super‑Uomo, Foucault ha proclamato ora, con una formula che ha fatto chiasso, la morte dell'uomo. Naturalmente, egli non intendeva affermare la realtà ovvia che tutti gli uomini sono mortali, ma la scomparsa del soggetto personale con la sua identità, la sua coscienza e la sua libertà. « Io non esisto; il fatto è notorio », dice un personaggio di Samuel Beckett.
Il fatto curioso è che se l'umanesimo del secolo scorso fu un'affermazione dell'ateismo contro il cristianesimo, la crisi attuale degli umanesimi ha invertito le posizioni: mentre l'antiumanesimo si presenta come ateismo, l'umanesimo appare nella coscienza dei nostri contemporanei più o meno legato al cristianesimo. Le oscillazioni che questo tema ha subìto lungo gli ultimi duecento anni permettono di trarre alcune conclusioni:
1) Lungo la storia, i cristiani hanno fornito argomenti all'umanesimo ateo, perché certe forme di concepire la fede hanno prodotto frutti di inumanità: siamo andati a Dio quasi esclusivamente partendo dai limiti dell'umano, trasformandolo in questa maniera in un deus ex machina. Abbiamo affermato i « diritti di Dio » in antagonismo ai « diritti dell'uomo », ecc.
2) Il fatto che, dopo la morte di Dio, non sia venuto il Super‑uomo, ma la morte dell'uomo, fa venire il dubbio non ci sia un umanesimo meno « reale » dell'umanesimo puramente umano.
3) Il cristianesimo dovrebbe apparire come la religione umanista per eccellenza, dal momento che il secondo comandamento forma col primo una unità così intima che si può parlare di « uno ». Si distingue così « da ogni religione e da ogni umanesimo: da ogni religione, perché quello che sta nel suo centro non è Dio, ma l'uomo. Da ogni umanesimo, perché il motivo di questa centralità dell'uomo non ha la sua radice nell'uomo stesso, ma solo in Dio » (J.I. González Faus).
4) Dall'ispirazione cristiana, possono sorgere vari modelli di umanesimo. Per questo, affermava J.M. González Ruiz che il cristianesimo non è un umanesimo (È senza fondamento, per esempio, che un partito politico venga identificato con l'umanesimo cristiano).

Bibliografia
Heidegger M., Lettera sull'umanesimo, Ed. SEI, Torino, 1975. Lubac H. De, Il dramma dell'umanesimo ateo, Ed. Morcelliana, Brescia, 1982. Maritain J., Umanesimo integrale, Ed. Borla, Torino, . Mondin B., Umanesimo cristiano. Saggio sulle implicanze culturali della fede, Ed. Paideia, Brescia, 1980. Montain M., « Umanesimo cristiano », in: Dizionario di Catechetica, Ed. Elle Di Ci Leumann (Torino), 1987, pp. 651‑652. Rivista « Concilium » 9 (1973) n. 6: L'umanesimo messo in questione.
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